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QT n. 18, 14 ottobre 2000 Fondo

Dieci anni dopo: l’utopia e la politica

Dalla Chiesa, Caselli, Vendola ed altri testimoni dell’impegno politico riflettono sullo scarto fra il sogno e la realtà

In Italia, oggi, un giovane regista come Pasquale Scimeca sa girare un film come "Placido Rizzotto", che ha successo sia a Venezia che a Trento. Il film racconta la storia di un sindacalista ucciso a Corleone, nel 1948, dalla mafia di Luciano Liggio, perché organizza i contadini nell’occupazione delle terre incolte dei latifondisti. Il film è prodotto con il contributo dello Stato, cioè con le tasse di tutti, ed è visto al prezzo di 5000 lire: la cultura vale ancora più del mercato. Il regista è siciliano, ma ha insegnato quattro anni in Trentino, e della scuola, di queste valli, ha un bel ricordo. Nel film un pezzo di Stato, il capitano Carlo Alberto Dalla Chiesa, e un politico, Pio la Torre, raccolgono l’eredità del sindacalista assassinato, e proseguono la lotta contro la mafia fino a morire. Il film è presentato a Trento dal figlio di Dalla Chiesa, Nando, parlamentare dell’Ulivo, e dal segretario della Cgil, Bruno Dorigatti, ed è applauditissimo, come a Corleone qualche giorno prima, anche dai giovani. Se queste cose succedono, nonostante tutto, vuol dire che l’Italia non è ancora allo sbando.

Ed è una manifestazione politica, quella tra "sogni e realtà", che alcune associazioni della società civile convocano al Palazzo della Regione. La sala è affollata: nota il sindaco di Trento, Alberto Pacher, che nessun partito riuscirebbe a fare altrettanto. L’impegno dichiarato dai relatori, da Vincenzo Passerini in poi, è di non fare i vittimisti delusi, ma di analizzare lo scarto fra i sogni (di dieci anni fa, quando il mondo e l’Italia sembravano volessero cambiare radicalmente e in gran fretta) e la realtà (di oggi, più grigia). Di riconoscere anche i propri errori, di guardare avanti con impegno e fiducia. Senza rinunciare ai sogni comunque, in nome di un bieco realismo.

Ma è un impegno difficile da mantenere. Per Nichy Vendola, il male viene dal fatto che l’identità storica della sinistra è stata abbandonata e tradita, i valori e gli ideali dimenticati, e sostituiti dalla voglia di governo e di potere. I responsabili del degrado hanno nomi e cognomi, il sindaco Pacher è guardato più volte con ironia, lui che da governante non sa realizzare utopie. Gli applausi a Vendola, dalla sala, sono convinti.

Chiedo a un liceale qualche impressione. Non ha apprezzato l’intervento di Caselli: ha parlato solo di carceri, dice. Né quello di don Francesco Malacarne: ha parlato di Gesù, per mezz’ora. Sono gli interventi che io invece ho ascoltato con più interesse. Le carceri sono affollate, vi sono puniti i poveracci, tossicodipendenti e stranieri, mentre i potenti strappano assoluzioni e libertà. Ma che a dirigere le carceri in Italia vi sia oggi un magistrato come Caselli, rimane un fatto importante. E che vicepresidente della commissione antimafia sia il deputato Vendola. Caselli racconta con passione ciò che sta faticosamente cambiando: l’assunzione di insegnanti, di psicologi, di operatori sociali.

Ci sono carceri in cui si incominciano a recuperare persone: Torino, Pisa, Empoli. Sono cambiamenti lenti e difficili, frutto del lavoro di molti, in basso e in alto, contro una cultura dominante che dal carcere vuole vendetta, che tolga alla vista chi ha commesso reati. Il giovane liceale non apprezza che il giudice dedichi tutto il suo tempo a un tema specifico, quello che conosce perché ci lavora, fatto di storia, di dati, di numeri. Caselli riconosce, per qualche aspetto, all’intero Parlamento, maggioranza e opposizione, di avere ben operato. Senza svolazzi, e senza ricercare l’applauso.

Don Malacarne racconta come i credenti possono partecipare ai processi di cambiamento, ispirati dall’amore per gli ultimi, di oggi, come fece Cristo ai suoi tempi. La carità cristiana non è una politica, nulla sa di mediazioni e di tecniche, fornisce solo motivazioni.

Nascerà un partito da questo embrione di movimento? Speriamo che nessuno ci provi, perché abbiamo bisogno di altro. Che ognuno, lì dove la storia personale e collettiva l’ha collocato, provi a riannodare i fili che in questi anni si sono spezzati. A ritrovare passione, a correggere errori. Nella convinzione di preservare la propria identità, la salute di un organo, puoi aggravare la malattia dell’intero organismo. La crisi del Governo presieduto da Prodi, che dirigenti e elettori di Rifondazione comunista hanno voluto, ha accelerato il degrado della politica. Il soccorso in personaggi squalificati, che i dirigenti di tutti gli altri partiti hanno cercato, ha accelerato il degrado della politica. Il silenzio dei cittadini, di fronte allo spettacolo rissoso di troppe occasioni, ha accelerato il degrado della politica.

La politica però è destinata a deludere, sempre, almeno un poco. Un giovane ci arriva con gli ideali, vorrebbe cambiare il mondo, e scopre che in piazza, nella città, attorno al tavolo delle trattative, si azzuffano anche gli interessi., i legittimi, i discutibili, i loschi. Distinguere gli uni dagli altri, indirizzare, arginare, condizionare, facendo soffiare lo spirito degli ideali, è la politica.

Nel cammino puoi persino perdere qualcuno dei tuoi. Nando Dalla Chiesa ha visto padre Pintacuda diventare consulente di Forza Italia. E devi restargli amico. E scoprire che il tuo avversario di ieri, vittorioso a Milano, il sindaco Formentini, ha poi abbandonato deluso la Lega. E’ una storia senza fine quella politica.