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QT n. 16, 29 settembre 2001 Monitor

La Musicantica delle monache

"Le monache dell'Aemilia", suggestivo concerto della Cappella Artemisia, su composizioni per coro e strumenti di tre monache del 1600.

Icompositori donna nella storia della musica non abbondano. Molte donne con spirito musicale non hanno avuto modo di sfruttare le proprie doti, oppure non sono conosciute e difficilmente vengono proposte al pubblico. Eppure, proprio nell’ambito della musica sacra, è centrale la figura di una grande mistica del millecento: Hildegard von Bingen.

Gli istituti religiosi, del resto, nascondevano al loro interno molte talentuose, che forse in un altro ambito non avrebbero avuto nessuna occasione di seguire il richiamo delle muse. Questo è il caso di Raphaella Aleotti (ca.1574-1646), Sulpitia Cesis (1577- dopo il 1619) e Lucrezia Orsina Vizzana (1590-1662), le tre autrici scelte come fulcro del concerto "Le monache dell’Aemilia" presentato dalla Cappella Artemisia(formata da Alessandra Fiori, Gloria Moretti, Silvia Testoni, Rebecca Reese, Abbie Conant, Dominique Lortie, Brigitta Maria Gartner, Maria Luisa Balsassari e Candace Smith, che funge anche da direttore) il 19 settembre scorso a Trento in seno alle manifestazioni per il 15° Musicantica.

La Aleotti, la prima monaca italiana a pubblicare una raccolta di musica, le Sacrae Cantiones, nel 1593, era direttrice del coro al convento di S. Vito a Ferrara; mentre Sulpitia Cesis proveniva dal rinomato monastero di S. Giminiano a Modena. Lucrezia Orsina Vizzana apparteneva invece all’ordine camaldolese, divenne novizia nel convento di S. Cristina a Bologna all’età di undici anni: i suoi Componimenti musicali de mottetti concertati a una e più voci furono pubblicati nel 1623. Il programma del concerto della Cappella Artemisia ha equamente distribuito tempi e componimenti in modo da non privilegiare nessuna delle importanti artiste, ma riuscire anche a fornire una panoramica della loro opera.

Splendida l’ambientazione nella bellissima chiesa di S. Maria Maggiore, anche se l’illuminazione fredda ha decisamente impedito di apprezzare a pieno l’unione fra queste composizioni così evocative e i paramenti sacri. Dopo un discorso di presentazione di Daniele Curti, il cortese "padrone di casa", le cantanti sono entrate nella navata dalla sagrestia abbigliate in semplici tuniche nere ravvivate da una fascia monocromatica. Indispensabile la presenza di alcuni strumenti d’epoca per fornire l’accompagnamento previsto dagli spartiti: due cornetti, due tromboni, un violone e un organo. Fra i tromboni si è subito avvertita una presenza maschile non prevista e Candace Smith ha spiegato come una delle componenti dell’Ensemble fosse rimasta bloccata negli Stati Uniti a causa dei gravi fatti di New York; così anche la più triste attualità si è insinuata in questo apuntamento culturale. L’altro uomo presente era stato invece annunciato come un ospite d’eccezione. Si trattava di Bruce Dickey, fondatore del Concerto Palatino, un cornettista di fama mondiale.

I primi tre brani presentati, mottetti spirituali di Sulpitia Cesis, hanno subito evidenziato le caratteristiche principali dell’autrice: un gusto per la sovrapposizione delle voci, che non richiede una estrema abilità da parte delle cantanti, e rifugge da effetti sonori troppo drammatici: sicuramente il risultato sia del genere di coriste disponibili nel convento, che dell’impostazione ideologica all’origine di questo tipo di composizione.

Quando ad entrare nella melodia erano gli strumenti, purtroppo, parte delle sfumature di questo gioco ad incastro fra le cantanti venivano soffocate. Infatti risultavano molto più gradevoli tutti quei brani in cui ad un iniziale introduzione solo vocale faceva seguito l’accompagnamento di un singolo strumento.

Tutti i diciotto componimenti eseguiti avevano argomento religioso e rimandavano esplicitamente al periodo storico in cui sono stati scritti, tanto da rendere difficile, a volte, una distinzione fra le autrici.

Due titoli per tutti: Angelus ad Pastores e Exurgat Deus, entrambi di Raphaella Aleotti, hanno meritato un maggiore entusiasmo da parte del compostissimo pubblico; il primo per l’equilibrio della composizione e il secondo per il sapiente uso dello strumento d’accompagnamento: l’organo.

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