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QT n. 22, 22 dicembre 2001 Monitor

“Una giornata particolare”: morire di poesia o impazzire di realtà

Somiglianze e non con il film di Scola, nella riduzione teatrale dello Stabile di Bolzano, firmata da Marco Bernardi.

Vedere a teatro "Una giornata particolare" fa un certo effetto: ciò che ci ha colpito, là, sul palcoscenico, non è stato il contrasto col film, ma la somiglianza. Il cinema offre mezzi più sottili (controcampi, zoom, carrellate…) ma la storia, nell’essenza, è ripetuta scena per scena con minime differenze. Perché stupirsi? La riduzione è di Scola, rimasto fedele al suo stile; e in modo impressionante, è proprio questo il punto. Avere di fronte attori vivi ha dato a quelle immagini una profondità diversa, sconosciuta allo schermo piatto. Il paradosso è ancora più evidente per l’assenza, come prologo, del cortometraggio previsto dalla sceneggiatura. A sipario abbassato, sarebbe dovuto passare un treno fischiante col Führer al finestrino, proprio come nel film. Un elemento in meno può fare la differenza.

La regia di Bernardi rinuncia al cinema nei suoi aspetti più ovvi e lo recupera dove meno ce lo aspetteremmo. Nel libretto, personaggi e interpreti sono in ordine di apparizione, tipo end titles all’americana. Carrelli mobili e pannelli occultano gli appartamenti dei due protagonisti, quasi fossero una cinepresa che riprende l’interno dell’uno e l’esterno dell’altro. Se non che, dopo l’incontro fra Antonietta e Gabriele, i due ambienti compaiono assieme in una sorta di tendina. Vicini e separati, speculari: la finestra a sinistra guarda verso quella a destra, e viceversa, quando la prospettiva lo proibirebbe. Le due direzioni s’incontrano idealmente, non confinano. Un’allusione politica?

La donna (fascista) è schiavizzata in casa, mentre l’uomo (omosessuale) non ha alcun legame con la società. Due modi assai diversi di essere emarginati, che Jaekel evidenzia nelle scene con il pieno e il vuoto dell’arredo.

Un applauso agli attori, soprattutto a Simoni e alla Milani, e a Loredana Martinez nei panni della portiera. Sulle loro bocche, le battute hanno avuto un sapore forse più fresco. "Io non credo che l’inquilino del terzo piano è antifascista. Semmai è il fascismo che è antiinquilino del terzo piano" - dice Gabriele; "Il Genio è soltanto maschio" - crede Antonietta.

E siamo d’accordo con loro che "piangere si può farlo anche da soli, ma ridere… bisogna essere in due". Però è triste che in questa assurda vita messa in piedi dal fascismo, l’unico a trovare un equilibrio sia il paralume, grazie a un po’ di sabbia. Altro che "Giovinezza"! Per l’uomo e per la donna è un’altra cosa…

"La vita, qualunque sia, vale la pena di essere vissuta. Non si dice così? Solo che oggi è una giornata particolare, come in un sogno, quando vuoi gridare e non ci riesci, perché ti manca il respiro…".

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