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Immigrazione: le assurdità del “decreto Maroni”

Confagricoltori del Trentino

Il "decreto Maroni" del 4 febbraio scorso ha assegnato alla nostra provincia 7.000 permessi d’ingresso di lavoratori stagionali extracomunitari per coprire le necessità di tutti i settori economici. Tale numero è apparso immediatamente insufficiente, essendo inferiore a quello dei permessi concessi lo scorso anno per i soli lavoratori agricoli. A tutt’oggi, le disponibilità per l’assunzione di lavoratori di frutta e vendemmiatori sono ferme a quota 5.500 unità, mentre le richieste superano già le 9.000.

Anche sul fronte della limitazione secondo il Paese di provenienza, i risultati raggiunti sono assolutamente insoddisfacenti. I raccoglitori extracomunitari provenienti da Paesi non candidati all’ingresso nella Comunità europea sono autorizzati solo se già in passato assunti da imprese agricole italiane. Le modalità di rientro in patria, imposte per questi lavoratori richiesti nominalmente da imprese agricole trentine e italiane, ci paiono inaccettabili sul piano umano e indegne di un paese civile. Essi dovranno infatti ottenere il visto d’uscita aeroportuale, navale, o terrestre ma solo alla frontiera slovena. Per cui un lavoratore marocchino non potrà ritornare in patria via terra uscendo dalla frontiera francese, ma dovrà eventualmente farlo da quella slovena..

Ricordiamo che in Trentino, secondo i nostri dati campione, circa un quarto degli stagionali provengono da Stati non contemplati dal "decreto Maroni", quali Jugoslavia, Croazia, Macedonia, Bielorussia, Moldavia, Ucraina, ma anche da Paesi del Nordafrica (Marocco soprattutto) e di altri continenti (America Latina). Si tratta quindi di una massa di lavoratori compresa fra le 1.500 e le 2.000 unità, che generalmente non viaggiano né in aereo né in nave (i costi assorbirebbero gran parte del guadagno), e che dovranno quindi e in ogni caso uscire dall’Italia via Slovenia.

La Confagricoltori chiede pertanto, e nuovamente, ai rappresentanti parlamentari e alle istituzioni di attivarsi immediatamente al fine di rimuovere sia l’ostacolo allo svolgimento della propria attività economica rappresentato dall’insufficiente numero di permessi d’ingresso concessi, sia l’imposizione di rientro attraverso la Slovenia. Questo al fine di permettere alle imprese agricole, che non sono ovviamente disponibili a lasciare il raccolto sulle piante, il rispetto delle norme di legge.

La Confagricoltori ricorda inoltre, e nuovamente, che questi ingressi, nominativamente richiesti ad inizio anno, autorizzati dalle ambasciate e consolati italiani nei Paesi di origine, comunicati alle autorità di pubblica sicurezza al loro arrivo, temporalmente limitati al periodo di effettivo lavoro, non sono causa di aumento di persone illegalmente presenti sul territorio nazionale.