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La Corte penale internazionale

Un tribunale per giudicare genocidi e crimini di guerra. Perché gli Stati Uniti non lo vogliono?

La Corte penale internazionale è in dirittura d’arrivo. Sono passati quasi 4 anni dal suo atto di nascita e ora il vecchio sogno di utopisti sta diventando realtà. La Conferenza diplomatica dei plenipotenziari dell’ONU a Roma con strumento 17 luglio 1998 aveva istituito la Corte, approvandone lo Statuto composto di un preambolo e di 128 articoli. Lo hanno firmato 139 paesi, ma l’articolo 126 stabilisce che lo Statuto entri in vigore dopo la sessantesima ratifica. Gli Stati che al momento lo hanno ratificato sono 59, tra cui l’Italia (L. 12-7-1999 n° 232). Mancano molti altri, fra cui gli Stati Uniti, che hanno manifestato in molti modi la loro opposizione all’entrata in vigore della Corte.

Pulizia etnica in Bosnia.

Quale sarà il 60°paese a ratificare lo Statuto, facendone scattare la esecutività e dando vita a un sogno secolare? Certo l’annuncio della 60a ratifica avrà un rimbombo di tuono nel ciclo del diritto internazionale, perché finalmente in un mondo globalizzato avremo una giustizia globalizzata, almeno per i reati più gravi.

In base all’articolo 5 la Corte sarà competente a giudicare subito i crimini di genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra, la cui precisa qualificazione giuridica è contenuta negli articoli 6, 7 e 8; successivamente i crimini di aggressione, di terrorismo e di traffico internazionale di stupefacenti che un’apposita conferenza degli Stati parte avrà il compito di definire.

La Corte avrà sede all’Aja, ma potrà trasferirsi e giudicare in ogni altra parte del mondo. Quando entrerà in vigore, non ci sarà più impunità per i massacratori, per gli stupratori etnici, per i conculcatori dei diritti umani, per i fucilatori di massa, per i torturatori di interi popoli, per i collezionisti di fosse comuni. Eppure la Corte non sarà un tribunale dei vincitori, come finora è accaduto per altri tribunali, ma sarà un tribunale di pieno diritto. L’articolo 11 stabilisce infatti che la Corte potrà giudicare i reati commessi dopo la sua istituzione, e che la giurisdizione sarà orientata dai due principi base: nullum crimen sine lege (art. 22) e nulla poena sine lege (art. 23). Inoltre l’articolo 24 ribadisce il principio di irretroattività, per cui "nessuno è penalmente responsabile in forza del presente Statuto per un comportamento precedente all’entrata in vigore dello Statuto".

Ciascuna persona potrà essere portata avanti la Corte per essere giudicata, essendo "irrilevante" ogni qualifica ufficiale, compresa quella di "Capo di Stato" (art. 27). I reati di competenza della Corte non sono soggetti a prescrizione.

Resta da spiegare l’ostinata opposizione degli Stati Uniti. Viene da pensare che ogni impero sa che i suoi armadi si riempiono periodicamente di cadaveri eccellenti e di fosse comuni, e che vuol mettere al riparo i vertici politici e militari. Fu Clinton a firmare in extremis il trattato di Roma, alla vigilia di lasciare la Casa Bianca, ma ora Bush fa l’impossibile per boicottarne l’entrata in vigore.

Il diplomatico americano incaricato di seguirne le vicende ha minacciato di non versare i fondi necessari al suo funzionamento, e inoltre non ha escluso che gli USA possano "ritirare" la firma dal Trattato, decisione che creerebbe un precedente unico carico di devastanti conseguenze.

Bisogna ricordare agli Stati Uniti che "pacta sunt servanda" e che la giustizia, anche quella internazionale, è uguale per tutti.