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Per 1.500 euro in più

E’ giusto che i consiglieri provinciali guadagnino come i parlamentari? Qualcuno (di loro) lo pensa, ma nessuno, a quanto pare, osa proporlo.

E’ noto che gli stipendi dei nostri consiglieri provinciali ammontano all’80% di quelli dei parlamentari, ai quali sono agganciati. Ciò significa che quando gli emolumenti degli onorevoli aumentano, crescono automaticamente anche quelli dei nostri consiglieri. Ed ogni volta che ciò accade, sulla stampa non mancano mai indignate voci di protesta: quello del consigliere, in effetti, sarà anche un mestiere precario, ma con un salario di tutto rispetto: attualmente, circa 6.000 euro al mese.

Stavolta non c’è stato alcun aumento, ma la polemica è scoppiata lo stesso, perché sul Trentino del 27 ottobre, il titolo d’apertura della prima pagina suonava: "Paghe più alte per i consiglieri. Forza Italia e An chiedono un aumento di 1.500 euro al mese". Il giornalista Enrico Pucci spiega: "A palazzo Trentini si sta preparando una leggina sulle indennità dei consiglieri provinciali. Per ora non è stato definito il quantum da mettere in busta paga, ma alcuni consiglieri hanno già avanzato la proposta di un aumento per equiparare gli stipendi a quelli dei deputati… Ci sono già dei capigruppo che si sono espressi per un aumento della busta paga".

Chi sono costoro? Claudio Taverna di Alleanza Nazionale e Maurizio Perego di Forza Italia. I quali però, l’indomani, smentiscono recisamente di avere avanzato proposte in quel senso, anche se le loro dichiarazioni fanno capire che un adeguamento allo stipendio dei parlamentari non gli dispiacerebbe. Taverna, infatti, lamenta "che le nostre siano fra le indennità più basse in Italia, inadeguate se si tien conto della nostra mole di lavoro". E Perego, che oltre tutto ha contrastato la proposta di Morandini di abolire l’aggancio alle indennità degli onorevoli, ne fa puramente una questione di opportunità: "Non ho nessuna intenzione di chiedere oggi un aumento, quando ci sono mille altre questioni più urgenti da affrontare".

In loro appoggio interviene anche il presidente del Consiglio, Cristofolini, che afferma: "Nessuna proposta è stata presentata per aumentare le indennità dei consiglieri". E al cronista che obietta: "Lei forse si riferisce ad una richiesta formalizzata, scritta nero su bianco", Cristofolini ribatte giustamente: "Sì, ma allora il titolo è fuorviante".

Il giornale si difende goffamente: "Le nostre fonti - vi si legge - ci confermano che Taverna e Perego hanno espresso opinioni nel senso di un adeguamento delle indennità". Che sarà anche vero; ma una chiacchierata non la si può trasformare tanto disinvoltamente in una proposta di legge.

A salvare il Trentino da una figuraccia ci pensa comunque lo stesso Taverna, che perde la pazienza e strapazza fuori misura il giornalista autore del discutibile scoop, rivolgendosi a lui con espressioni quali "Vattene via! Tu qui non puoi più entrare!" e con "una raffica di insulti".

"Taverna minaccia un giornalista. - può così scrivere il Trentino del 29 ottobre - Intimidazione al cronista Enrico Pucci. Solidarietà dell’Ordine". Col che la notizia non è più la birichinata del giornale, ma le intemperanze di Taverna. L’Adige, che inizialmente aveva ignorato la storia, può così sintetizzare: "Taverna ha vivacemente contestato, nella buvette del Consiglio, il giornalista del quotidiano che ha riportato la falsa notizia".

Abbiamo già visto cosa pensano Taverna e Perego della congruità del proprio stipendio. Sulla stessa (poco rassicurante) lunghezza d’onda ritroviamo anche il pattino Panizza ("Quello che prendiamo mi va benissimo, per carità. Anche se non è giusto che prendiamo meno dei parlamentari") e Muraro, delle Genziane ("Sono contrario, anche se sull’argomento si fa un sacco di demagogia"), mentre Leveghi (Sdi) fa un’osservazione cinica ma onesta: "Se c’è qualche acrobata spericolato che se la sente di proporre un aumento nell’anno elettorale, si faccia avanti" .

Sul versante dei moralizzatori ritroviamo invece il centrista Morandini ("E’ giunto il momento d’intervenire per legge sulle indennità ed eliminare l’aggancio automatico a quelle dei parlamentari"), il leghista Divina ("Farò di tutto per impedire che l’aumento vada in porto") e la diessina Wanda Chiodi, che forse trova le parole più in sintonia con l’opinione pubblica: "Non so se sono pitoca, che mi accontento di poco, ma a me pare che guadagniamo già abbastanza".

Ma la dichiarazione della Chiodi impallidisce di fronte alla metafisica noncuranza per il vile denaro della verde Berasi ("Il mio stipendio? E’ l’ultima cosa che m’interessa") e allo spessore etico di Caterina Dominici, che così si esprime: "Sono nettamente contraria all’aumento. La mia dedizione al popolo è totale anche con questo stipendio. Anzi, me lo ridurrei".

Aspettiamo, fiduciosi, azioni conseguenti.

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