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Patente: chi recupera i punti?

Le tematiche aperte dall'illegittimità del taglio "a distanza" dei punti della patente. E inoltre: assicurazione obbligatoria casalinghe/i, risarcimenti ai fumatori, e la ricca Italia di Istat e Bankitalia.

Com’è noto, una sentenza della Corte Costituzionale ha considerato in parte illegittima la sottrazione di punti agli automobilisti.

La declaratoria di incostituzionalità di una legge determina la decadenza ex ante della norma, quindi è come se la norma abrogata non fosse mai esistita ed occorre ripristinare la precedente disposizione: insomma, dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimo il taglio a distanza dei punti della patente senza la necessaria identificazione, gli automobilisti colpiti hanno diritto di vedersi riaccreditare i punti ingiustamente sottratti.

Vanno in questa direzione le promesse del ministro Lunardi, che ha assicurato di non aver mai condiviso l’art.126 del codice della Strada, abrogato dalla Corte Costituzionale. "Da oggi in avanti - ha precisato - resteranno valide le ammende, mentre i punti saranno decurtati solo agli automobilisti fermati e identificati dalle forze di polizia. E per il passato abbiamo già avviato un tavolo di lavoro tra i tecnici del mio ministero e quelli dell’Interno per sanare, se possibile, anche la posizione di chi ha già perso i punti".

Intesaconsumatori, che ha sempre apprezzato l’impianto sostanziale della patente a punti, prende in parola il ministro Lunardi, le cui dichiarazioni non lasciano dubbi: "La Corte ha ragione. E adesso la modifica deve essere retroattiva. Devono essere restituiti agli automobilisti i punti che sono stati tolti ingiustamente dalle loro patenti".

In caso contrario l’offensiva dell’Intesaconsumatori, che ha predisposto un fac-simile di ricorso pubblicato sui siti di Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori, sarà ancora più incisiva con centinaia di migliaia di ricorsi ai giudici di Pace obbligati ad applicare la sentenza della Consulta.

La norma annullata, al contrario di quanto dichiarato da alcuni rappresentanti del Governo abituati a criticare comunque le sentenze dei magistrati, non inficia affatto l’efficacia dell’impianto complessivo della patente a punti, a patto che vengano rafforzati i controlli ed istituiti sistemi di garanzia. Ma dopo la consolidata diminuzione degli incidenti (il 18% nell’ultimo anno) che ha risparmiato centinaia di vite umane e migliaia di feriti, gli unici soggetti che non hanno rispettato i solenni impegni sottoscritti sono le Compagnie di assicurazioni, che hanno continuato ad aumentare le tariffe RC Auto, invece di ridurle di almeno 87 euro a polizza in media, sia per effetto della legge truffa RC Auto che per la patente a punti. Su tali inadempienze chiediamo al Governo doverose sanzioni.

Precisiamo infine che sono interessati alla sentenza della Corte Costituzionale tutti coloro che hanno subito una sanzione per violazione del Codice della strada con relativa detrazione dei punti patente in qualità di proprietari dell’automobile e che o non hanno comunicato chi fosse alla guida della vettura al momento dell’infrazione, o non sono stati in grado di farlo e quindi sono stati sanzionati per responsabilità oggettiva derivante dalla proprietà della vettura.

Può dunque recuperare i punti sottrattigli chi è ancora nei termini per impugnare la decurtazione dei punti stessi: il verbale al Prefetto o al Giudice di pace può farlo e i punti non gli verranno più tolti; chi ha visto scadere tutti i termini indicati sul provvedimento di sottrazione dei punti deve invece fare una istanza al Prefetto per avere l’annullamento della sanzione.

Chi però si è visto togliere i punti e li ha già recuperati sostenendo l’apposito esame, non può fare più nulla.

Tutti gli altri invece, poiché identificati al momento dell’infrazione, non sono interessati.

A ssicurazione obbligatoria casalinghe.D. P. di Riva del Garda ci chiede informazioni sull’assicurazione obbligatoria delle casalinghe, in particolare sulle sanzioni che la legge impone a chi non ha pagato la tassa entro il 31 gennaio.

Secondo la legge 493/99, entro il 31 gennaio si doveva effettuare il pagamento dell’assicurazione obbligatoria Inail per uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 65 anni che non versino già in altro modo il contributo INAIL, diventando perciò soggetti al pagamento della quota assicurativa di 12.91 euro anche i pensionati di età inferiore ai 65 anni e gli studenti.

Per i cittadini con reddito inferiore a 4.648,11 euro il premio è a carico dello Stato e in questo caso è sufficiente recarsi presso una sede INAIL dove sarà possibile compilare un modulo di autocertificazione, mentre restano esclusi coloro che svolgono un’altra attività, a tempo pieno o parziale, che comporti l’iscrizione a forme obbligatorie di previdenza sociale.

Intesaconsumatori, che già a suo tempo aveva portato argomenti seri contro l’ennesimo balzello statale mascherato da assicurazione, rivolgendosi anche alle Procure della Repubblica per l’ipotesi di truffa, ribadisce l’iniquità di una legge che impone a chi svolge occasionalmente lavori domestici e magari percepisce un reddito molto basso, una ulteriore stangata in cambio di coperture inesistenti.

Per avere diritto ad una rendita mensile per i casi di infortunio, l’inabilità permanente deve essere infatti pari o superiore al 33% (con esclusione del caso di morte): chi si taglia una mano, o si ferisce un piede o ha una perdita parziale della vista, non ha diritto ad alcun risarcimento. Per tali ragioni, e considerando che, in base ad alcune ricerche, solo il 3% delle domande di risarcimento sarebbe stato soddisfatto, Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori invitano il Governo ad eliminare assurde sanzioni per chi rifiuta di assicurarsi, e chiedono alla Consulta un giudizio di merito per la chiara incostituzionalità di una legge che serve solo a fare cassa, senza garantire alcun diritto proporzionale al risarcimento del danno assicurato.

R isarcimenti per fumatori. T. E. di Trento vuol sapere se chi ha fumato sigarette light può chiedere i danni per pubblicità ingannevole.

Il 28 gennaio il Codacons in collaborazione con Articolo 32 (l’associazione del Codacons specializzata nel diritto alla salute), ha notificato la prima citazione contro la Bat Italia spa (British American Tabacco Italia) con cui un fumatore chiede i danni provocati dall’inganno delle sigarette light, che lo ha portato a fumare per 15 anni sigarette cosiddette leggere sul falso presupposto che facessero meno male alla salute, arrivando a superare le 30 sigarette al giorno, ammalandosi di conseguenza di bronchite e di altre gravi malattie respiratorie, con un aggravamento della patologia asmatica di cui soffre.

Le due associazioni stanno preparando diverse citazioni analoghe per rispondere alle richieste di intervento che pervengono dai fumatori. Infatti la presunzione di minor danno delle sigarette light è assolutamente errata; anche l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato si è pronunciata in merito al carattere ingannevole di tale dicitura affermando che l’espressione "light" , riportata sui pacchetti di sigarette, costituisce pubblicità ingannevole ai sensi dell’art. 1,2,3,5 del D.Lgs. 74/92 ( Provv.Autorità Garante n. 11809 del 13/03/03), in quanto "allo stato attuale del dibattito scientifico, si può ritenere che le sigarette lights non sono meno dannose per la salute rispetto alle sigarette cosiddette normali o full flavour".

Stipendi più alti dell’inflazione? B. C. di Trento ci chiede se è vero il dato fornito dall’Istat in base al quale le retribuzioni degli italiani nel 2004 sono aumentate più dell’inflazione.

Le ricerche Istat sugli italiani più retribuiti e quelle di BankItalia su un presunto aumento della ricchezza, oltre a contrastare con analoghe ricerche, cozzano con la dura realtà dei cittadini comuni.

L’Istat sostiene che le retribuzioni nel 2004 sono aumentate del 2,9 per cento rispetto al 2003, realizzando la crescita maggiore dal 1997, visto che lo scorso anno il tasso di inflazione è risultato pari al 2,2%. A dicembre 2004, le retribuzioni sono aumentate dello 0,7 per cento rispetto a novembre, e del 3,3 rispetto a dicembre 2003.

I dati Istat sull’andamento delle retribuzioni contrattuali orarie nel 2004 sono assolutamente campati per aria rispetto alla realtà di milioni di famiglie costrette ad indebitarsi con banche e finanziarie solo per sbarcare il lunario, quando addirittura non si entra nella spirale di una vera e propria schiavitù, lavorando solo per rimborsare i ratei dei prestiti.

Tali ricerche fantasiose, come quelle pubblicate qualche giorno fa da BankItalia, secondo la quale gli italiani sono diventati più ricchi mediamente del 10% nel 2004 rispetto all’anno precedente, con punte del 15%, fanno crollare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni che una volta erano serie, perché indipendenti, mentre oggi non hanno timore di schierarsi con il Principe di turno, come ha fatto il Governatore della Banca d’Italia Fazio andando a pietire benevolenza dal presidente del Consiglio, chiedendo di mantenere intatti quegli assurdi, antistorici privilegi, dannosi per il bene comune del Paese, racchiusi nella carica a vita.

I dati inconfutabili di un Paese che arranca, facendo mezzo passo avanti e due indietro, non sono nelle statistiche edulcorate dell’Istat su inflazione e retribuzioni, smentiti da altre ricerche statistiche della stessa Istat, né nelle dorate ricerche uscite da Palazzo Kock su un presunto repentino aumento della ricchezza delle famiglie italiane, ma in queste aride cifre: nel 2004, le famiglie hanno speso in media 89 euro pro-capite mensili per una serie di rincari, aumenti e ritocchi; e per il 2005 le stime parlano di 98 euro al mese, a fronte di sgravi fiscali di 20-30euro.