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La Lega e il voto cattolico in Trentino

La difficile convivenza del dialogo e l'accoglienza, proclamati da Papa Francesco, con gli ideali della Lega

La Lega di Matteo Salvini e di Maurizio Fugatti ha stravinto in Trentino, passando in cinque anni da un consigliere provinciale a 14.

Claudio Forti è entusiasta. Da cattolico impegnato nel “recupero dei valori dei nostri padri e di un’autentica cultura cristiana”, scrive una lettera a Vita Trentina indignato per “l’imbarazzo e il dispiacere” esibiti da Pierangelo Giovanetti e Alberto Faustini, direttori de l’Adige e del Trentino. È addirittura scandalizzato perché con loro consente anche Diego Andreatta.

Il direttore del settimanale diocesano gli risponde a tono, sorpreso che un “fratello nella fede” riduca a dogmi superati “il dialogo e l’accoglienza”. Cioè i comportamenti indicati da papa Francesco nel rapporto con le altre religioni e gli immigrati.

La domanda obbligata, e drammatica, per i credenti è: quanti cattolici rappresenta Claudio Forti? Certamente molti dei “convinti, ma non praticanti”, come si definisce Enzo Boso, l’indimenticabile ex-senatore leghista. Numerosi perché il Trentino, oggi secolarizzato, è stato un territorio cattolico e democristiano eppure capace di reggere, con la “sua autonomia speciale”, all’offensiva di Silvio Berlusconi. Però Forti rappresenta anche, a mio parere, molti “cattolici della domenica”, che ascoltano in silenzio la messa - guai a perderne una - e accendono la candela alla Madonna. Sono anziani, donne, con un livello di istruzione medio-basso, ci dice la sociologia. Le spiegazioni della svolta politica sono tante: anche i trentini pensano ed agiscono nel mondo di Trump e Bolsonaro e nell’Italia di Salvini.

La democrazia è il sistema dei più, non dei migliori: “È ingiusto - dicevo ai miei studenti, da giovane, per provocarli - che il mio voto abbia lo stesso valore del vostro, che vi rifiutate di studiare per bene la differenza fra fascismo, liberalismo e democrazia”.

Ma è innocente la Chiesa trentina (e italiana)? I “cattolici democratici” hanno opposto resistenza, come sono stati capaci, nel volontariato soprattutto. Parecchi candidati di destra hanno potuto esibire in campagna elettorale, senza colpo ferire, la qualifica di cattolici: sono quelli della “famiglia naturale”, del “movimento per la vita”, del no alla legge del biotestamento. Per mesi Salvini ha fatto la figura dell’eroe nell’opporsi alle leggi sui diritti civili. È stato eletto, a furor di popolo, anche un giovanissimo Denis Paoli (31 anni), che ha al suo attivo, e le cita con orgoglio, due battaglie.

Da studente, rappresentante d’istituto, ha fatto riappendere il crocifisso sul muro delle aule della sua scuola e, cresciuto, raccogliendo le firme al mercato, ha guidato l’opposizione all’accoglienza dei profughi a Mezzolombardo. Che è, ahimè, il mio paese di origine dove, nel furore del dopo-Concilio, è sorta la scuola serale per gli operai.

Denis Paoli è un tipico esponente di quel cristianesimo etnico-identitario di cui ha parlato recentemente a Trento Paolo Naso. Per capire il fenomeno erano presenti gli addetti ai lavori, ma non i delegati dei Consigli parrocchiali, forse perché, da laici, possono solo consigliare il parroco nelle decisioni.

La Chiesa non ha recepito il Concilio Vaticano II, che nella Gaudium et spes n.75 auspica l’educazione alla politica. Non dico sia facile: lo era quando si trattava di educare al voto per la Democrazia Cristiana in funzione anticomunista. Oggi dal pluralismo non possiamo recedere: Claudio Forti e Denis Paoli sono “fratelli di fede”. Alex Zanotelli si è vergognato perché il suo paese, compatto attorno a lui nel giorno della sua festa, vota poi serenamente la Lega.

La ragione di fondo, a mio parere, è che nella Chiesa il discorso è rimasto unidirezionale, dal pulpito ai banchi. Il celebrante, quando è progressista, si scaglia contro il potere e contro i politici. La domenica del voto, leggendo un foglietto spedito da Roma, abbiamo pregato affinché “Dio illumini papa Francesco nel governo della Chiesa”, ma un laico non può ancora pregare all’ambone perché “Dio illumini i cattolici nello scegliere i governanti”. Quel Cesare a cui nel Vangelo va dato ciò che gli spetta, oggi non cade dal cielo, sale da una terra sassosa.

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