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QT n. 16, 30 settembre 2006 Servizi

Due ore a settimana di sport? Un po’ poco…

Sport e attività fisica fra scuola e palestra.

Bruno Sanguanini

Bene fanno gli insegnanti di educazione fisica nelle scuole del Trentino (i classici laureati Isef ed i neo-laureati in Scienze Motorie) a chiedere che la legge sulla scuola provinciale appena varata dalla Provincia adotti al più presto un regolamento tematizzante l’insegnamento delle attività motorie, del movimento fisico, dello sport. Gli insegnanti sostengono che più sport = più benessere psico-fisico. Come dar loro torto? Ma cosa ne pensano i genitori, gli insegnanti, l’Assessorato competente? Non si sa.

Sport e società. La stampa quotidiana locale ha dato notizia della presa di posizione dell’Associazione provinciale insegnanti di educazione fisico-motoria solo per onore di cronaca; la questione non ha però avuto eco. Un opinionista ha sostenuto che i ragazzi di oggi sono meno forti e resistenti di un quarantina d’anni fa. Questa tesi è comprensibile ma di corto respiro. La società odierna non chiede degli individui forti, resistenti, coriacei, come all’epoca del passaggio dal mondo rurale alla società industriale, bensì delle persone autonome, delle personalità flessibili, dei comportamenti elastico-atletici, degli atteggiamenti adattivi.

Ora, c’è un’emergenza di cui poco si parla. Tutti parlano bene di sport & scuola: eppure nella scuola dell’obbligo, nonostante l’ultima riforma nazionale, non si va oltre le 2 ore a settimana. Troppo poco per giustificare le dichiarazioni di principio che nel 2004 hanno echeggiato nelle manifestazioni ufficiali a celebrazione dell’Anno Europeo dello Sport. Nel 2006, risulta che circa un italiano su 5 è obeso. Facile è immaginare quali siano le conseguenze sulla vita familiare, sull’autonomia di movimento, sullo stato di salute, sull’invecchiamento fisico, sugli incidenti nel lavoro e sulla strada, sulla spesa pubblica ospedaliera. Che fare?

Scuola e movimento fisicocorporeo. Troppo facile è eleggere a imputato il non-sport a scuola. Nelle scuole, dalle medie all’università, imperano le macchinette per merendine confezionate e bibite gassate, i peggiori nemici della salute. Ancora troppo facile è chiedere, come fanno taluni medici, al papà ed alla mamma che lavorano a tempo pieno di far sì che i loro figli siano meno casalinghi e tivù-dipendenti: ma chi ha il tempo, nel tardo pomeriggio o a sera, di accompagnare i figli in palestra, in piscina, al campo sportivo? I troppi compiti scolastici e le faccende domestiche incalzano un po’ tutti, studenti e genitori. Al punto che sedersi davanti al computer per navigare in Internet, giocare con i videogames, o fare messaggini al telefonino, è per molti una sorta di boccata d’aria. Ma la sedentarietà aumenta, purtroppo.

Chiedere alla recente Legge-quadro P.A.T sulla scuola trentina il varo di un capitolo dedicato alla centralità dello sport nella scuola è una cosa più che ragionevole. Ci sono buoni motivi per far sì che, almeno nel nostro territorio, l’educazione motorio-sportiva non resti una materia-Cenerentola.

Quali? In primis, l’attività motoria e lo sport a scuola sono una leva contro l’obesità infantile, la sedentarietà adolescenziale, il rischio del tabagismo giovanile, delle droghe leggere, dell’anoressia e della bulimia, della solitudine. Poi, favorisce l’attività di gruppo, la socializzazione, la cura del corpo, l’esperienza nelle dinamiche di ruolo, l’apertura alla comunicazione con l’altro. Infine, dilectando docet: insegna a connettere il senso del gioco al senso delle regole, l’auto-disciplina al dialogo ed al controllo del contesto.

Sport e turismo. Nel 2006, Wellness, Fitness e Sport sono divenute le parole-chiave del neo-marketing del turismo. Sistemi alberghiero-turistici e centri-benessere si dotano di impianti a debole impatto ambientale, attrezzature per l’attività fisico-motoria, appuntamenti per l’attività culturale. Il servizio istituzionale è garantito, ma il plusvalore è assicurato da un’esperienza di vita all’insegna dell’evento, della personalizzazione, del coinvolgimento fisico-emozionale. La parola d’ordine è "vivere in". Parchi naturalistici, musei scientifici e festival estivi di spettacolo divengono le neo-risorse turistico-ambientali del territorio. Al centro di tutto c’è la tematizzazione delle "culture del corpo". Per questa novità mancano le risorse umane specializzate. Come acquisirle? Chiedendole all’università.

In Trentino, nell’ultimo decennio, la domanda di attrezzature sportive da usare sia in forma di associazione sia in maniera individuale è esplosa. La rete trans-valligiana di piste ciclabili, i nuovi campi per skateboard e windsurf, i nuovi centri sportivi comunali, il boom dei palazzetti dello sport, le neo-manifestazioni sportive professionistiche in area turistica, lo sport personalizzato nei centri-benessere, l’iniziativa turistico-valligiana per i parchi acrobatici, la richiesta di musei locali delle guide alpine, della vela, del windsurf, dello sci, ecc., la trasformazione delle piscine in centri sportivi polifunzionali, l’apertura delle palestre scolastiche alle associazioni sportive private, la localizzazione di aree territoriali per sport estremi, sono delle risorse da capitalizzare in termini di funzione sociale. Come? Attribuendo allo sport un ruolo specifico nella lotta contro lo stress, il fumo, i disturbi di respirazione, alimentazione e postura, per esempio.

Adulti e sport. Le nuove domande sociali chiedono delle risposte ma soprattutto un’opinione pubblica all’altezza dei tempi. Parlare di sport e movimento fisico-corporeo limitandoci a rivolgerci al mondo scolastico porta a dimenticare il legame allargato esistente tra scuola e famiglia e società civile. Per migliorare l’una occorre conoscere l’altra, e viceversa. Il deficit di attività motorio-sportiva colpisce particolarmente mamma e papà. Lo stato di salute delle generazioni dei 45-52enni e dei 53-59enni è quello più a rischio. Pochissimi adulti-genitori hanno il tempo materiale di fare sport all’aria aperta almeno 3-4 ore alla settimana. I più devono correre tutto il giorno per gestire i genitori anziani, i figli teen-ager o ventenni in casa, il coniuge con altri orari di lavoro, ed eventualmente una famiglia spaccata in due. Il Convegno nazionale del 2005 sulla Terza Età, tenutosi a Riva, ha ribadito che le generazioni economico-sociali più produttive sono quelle più a rischio di crollo della salute e del benessere, a causa di stress non riparati. A tutti, gli esperti suggeriscono un’adeguata dieta giornaliera di attività motoria. Ma come renderla fattibile?

Un mio amico, padre di due bambine, quando è fuori di casa siede in ufficio o in automobile. D’inverno frequenta una palestra dove, con altri coetanei, gioca a pallavolo: due ore alla settimana.

E’ fare movimento o è un palliativo?

Il mio amico in palestra trova di tutto: macchinette per le merendine, bibite-biberon per l’atleta, abbigliamento sportivo in vendita con lo sconto, borse, gadget, periodici sportivi, e altro. Chi controlla il piccolo-grande mercatino? Colui che gestisce la palestra.

Chi controlla se la certificazione medica annuale dello sportivo in palestra è effettivamente abilitante? L’allenatore o il trainer, ovvero chi iscrive lo sportivo alla palestra. La carenza di una "cultura del controllo" è conseguenza di tanti fattori: non ultimo il non-professionalismo nel governo delle strutture sportive.

Un "direttore tecnico" in palestra. Il sistema sportivo (scuola, associazioni, centri sportivi, ecc.) così com’è sta in piedi da decenni. Oggi, però, la sua governabilità chiede un agire direttivo in grado di essere reticolare, performativo, capace di innovazione, ma soprattutto orientato al sociale. Allo scopo e per prevenire i rischi del fai-da-te (sprechi economici, doping, strutture-sotto-usate, ecc.) la Regione Friuli-Venezia Giulia ha recentemente varato una legge che impone la presenza o la collaborazione di un "direttore tecnico" (con laurea Isef o Scienze Motorie) nelle palestre e nei centri sportivi, sia pubblici che privati.

A che scopo? Per certificare la direzione, l’organizzazione, la gestione, le funzioni. Anche il Veneto va esaminando la possibilità di imboccare questa strada.

D’altro canto, i laureati non mancano: ogni anno le Facoltà di Scienze Motorie di Verona, Bologna, Padova, Brescia e Roma, rimandano a casa decine di laureati. La professionalizzazione su scala territoriale del laureato come "direttore tecnico" di palestre, piscine, campi d’atletica, aree di sport estremo, centri sportivi, aiuterebbe probabilmente sia la governabilità pubblica sia le funzioni di promozione e socializzazione dell’attività motorio-sportiva rispetto l’intera popolazione.

L’indicazione vale anche per il Trentino?