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QT n. 9, settembre 2018 Trentagiorni

Verso le elezioni: il Patt

Un partito isolato con Ugo Rossi che “vive sulla luna”

Ugo Rossi

Se il Pd ha imboccato la strada delle elezioni in maniera autodistruttiva (vedi L’ennesima delusione) non da meno è stato il Patt. Il quale ha posto, al tavolo delle trattative una condizione preliminare “discutiamo di tutto, ma non del presidente, che deve rimanere Ugo Rossi”. Un’affermazione paradossale: innanzitutto illogica, perchè con l’attuale assetto istituzionale, se non si discute del presidente della Giunta, non si discute di niente, in quanto, con i poteri che ha, il presidente è la Giunta, se è insoddisfatto di un assessore lo manda via, come difatti ha fatto senza tanti complimenti con Donata Borgonovo Re. La precondizione del Patt quindi presupponeva una valutazione del tutto positiva del momento politico. Una cosa fuori dal mondo, dopo la batosta del 4 marzo.

“In effetti Rossi si è dimostrato del tutto incapace di valutare quel risultato” ci dicono dall’interno dello stesso Patt, allargando le braccia. Incapace, sconnesso con la realtà: prima delle elezioni, quando pronosticava “vinceremo 6 a 0” (6 parlamentari del centro-sinistra e 0 al centro-destra e grillini); e anche dopo, quando il risultato è stato invece 0-6, con il crollo verticale della coalizione soprattutto nelle valli, nelle roccaforti pattine: “alle provinciali è tutto un altro discorso, avremo i nostri voti”.

“Pensavamo che mostrasse in pubblico un volto tranquillizzante, per poi nel partito discutere con serietà degli evidenti problemi – afferma sconsolato il nostro interlocutore – Invece no. Ha confuso la propaganda con la realtà: va tutto bene, la gente è con noi, ci rivoteranno”.

Quando poi invece gli altri partiti – a iniziare dal Pd, ma anche l’Upt annichilita dal voto – qualche problema se lo pongono, e pur timidamente, Rossi lo vogliono porre in discussione, è perché sono cattivi, arrivisti, vogliono la mia poltrona.

Franco Panizza

In questa posizione del presidente - supportata dal segretario Franco Panizza, peraltro il 4 marzo personalmente trombato nel collegio senatoriale di Trento-Valle di Non, che si riteneva blindatissimo con la città feudo del Pd e le valli del Noce luoghi natali e feudi personali di Panizza e Rossi – c’è un’evidente sconnessione dal mondo reale. Il che, al di là dei giochi delle poltrone, aggrava ancor di più il giudizio su Rossi, che nemmeno si rende conto di come il suo governo sia valutato dalla gente.

Il risultato è che il Patt si trova isolato. La dirigenza del Pd le tenta tutte per non sconfessare Rossi (vorrebbe dire mettere in discussione se stessa) ma al contempo non può accettare il diktat per cui si deve fare finta che tutto stia andando benissimo: così traccheggia per mesi, alla ricerca di un “nome nuovo” che mai non si trova, e nella sostanza, anche al di là delle proprie intenzioni, di fatto si allontana sempre di più da Rossi, che viene trasformato nella bad company, da cui prendere le distanze.

Anche il Patt capisce che il duo Rossi-Panizza vive sulla luna. E la situazione è aggravata dal caratteraccio del presidente, sopportato finché tutto andava bene, vissuto come arroganza inaccettabile quando l’uomo sembra aver perduto il senso delle cose. Inizia così una diaspora: prima se ne va il deputato Mauro Ottobre, poi – in forte contrasto con la linea politica - il consigliere provinciale Walter Kaswalder, in questi giorni Luca Giuliani e Chiara Avanzo, mentre Lorenzo Baratter viene escluso dalla commissione elettorale causa il noto pasticciaccio con gli Schutzen.

“Rossi paga le insufficienze dei 20 anni di governo di Dellai e suoi – affermano nel Patt - Il voto ha messo in evidenza il sorpasso dell’elettorato rispetto agli eletti: non sono state valutate le alchimie degli accordi, ma l’azione di governo. Di fatto Rossi si è coltivato come miglior alleato in Giunta il peggior assessore al turismo che il Trentino abbia avuto, Michele Dallapiccola, nullo anche nelle politiche agricole; porta poi come assessore alla sanità con Dellai, e come assessore ombra oggi, le responsabilità per l’incredibile pasticcio del Not (Nuovo Ospedale di Trento, ndr) e per quello dei punti nascita; ha voluto per sé la competenza della scuola, per varare il trilinguismo, che però è rimasto solo un fiore all’occhiello e per il resto si è disinteressato...”

Ugo Rossi sembra stia cercando una via d’uscita giocando di sponda con il presidente della Giunta sudtirolese Arno Kompatscher, con cui ha un buon rapporto e che sta valutando un avvicinamento al governo giallo-verde. In questo disegno Rossi vorrebbe fare da pontiere, spostandosi verso destra, verso una nuova miniversione dell’Udc messa in piedi dall’ex senatore Ivo Tarolli con il supporto di Donatella Conzatti testé eletta al Senato con Forza Italia e già in movimento verso altri lidi. Alla compagnia potrebbe aggiungersi il prof. Geremia Gios, orfano del mancato decollo della sua Rivoluzione Felice.

Per quello che ancora è il Presidente della Giunta Provinciale non ci sembrano mosse all’altezza del suo ruolo.