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Medio Oriente: fermate quei due

Sharon & Bush: i disastri della Destra.

Sono drammatiche le notizie che ci giungono dal Medio Oriente. Ma anche sconsolanti. Una tragedia, che può vieppiù approfondirsi e soprattutto espandersi. Che però non risponde tanto a pur turpi logiche, di potere o di sopraffazione; quanto piuttosto a una resa della ragione.

Cerchiamo di leggere i fatti. In due territori adiacenti e anche sovrapposti, c’è da una parte Israele, uno stato forte, organizzato, sostenuto e finanziato da un possente movimento sovranazionale, l’ebraismo, e dall’unica potenza planetaria, gli Usa. E dall’altra c’è l’Autorità Palestinese, una parvenza di stato, (forte solo della contiguità con altri stati e popolazioni affini, talora ricchi, ma tutt’altro che possenti) che debolmente organizza una popolazione nell’affannoso tentativo di uscire dalla condizione di rifugiati. Il primo, Israele, in questi anni si espande ai danni del secondo, con continui nuovi insediamenti nell’altrui territorio; e la popolazione palestinese risponde con la violenza dei disperati, il terrorismo.

La comunità mondiale, egemonizzata dall’Occidente, blandamente depreca l’espansione dei forti, fermamente condanna la disperata risposta dei deboli.

Certo, ci sono state responsabilità palestinesi: nell’aver rifiutato per insano massimalismo il piano di pace del laburista Barak (87% dei territori e Gerusalemme Est). Dando il via a una serie di provocazioni, attentati, ritorsioni che hanno delegittimato Barak e spalancato la strada agli oltranzisti.

Questo quadro infatti si è aggravato quando in Israele è salita al potere la destra di Sharon, negli Usa la destra di Bush; e l’America si è trovata di fronte al terrorismo in casa propria.

All’indomani dell’11 settembre, avevamo scritto (Non basta schiacciare il mostro) che al terrorismo era possibile rispondere in due maniere: una risposta di destra, che contasse sulla sola individuazione e violenta eliminazione di tutto ciò che avesse a che fare con il terrorismo. E una risposta di sinistra, che accanto alla pur indispensabile repressione, affiancasse la rimozione della causa profonda di un insostenibile disagio planetario: le discriminazioni, le sofferenze di tante popolazioni. E alla luce di questa visione, una risposta puramente repressiva non avrebbe eliminato le cause del terrorismo; ma invece avrebbe aggravato le condizioni materiali e imposto nuove umiliazioni ad altre popolazioni, e quindi, dopo effimere vittorie parziali, il terrorismo avrebbe finito per alimentarlo.

Naturalmente queste non sono state le considerazioni del super-falco Sharon. Che anzi, nella crociata antiterroristica ha visto la possibilità di una copertura internazionale per una sorta di "soluzione finale" dell’ingombrante problema palestinese. Ecco quindi la progressiva, sistematica distruzione – anche fisica – dell’Autorità Palestinese: con bombe e bulldozer per gli edifici, esecuzioni per i dirigenti e miliziani. E la riduzione nel terrore, ai limiti della mera sopravvivenza, della popolazione.

A noi sembra un progetto folle. Così Sharon spera di eliminare il terrorismo? Dovrebbe uccidere tutti i Palestinesi. E poi? E le centinaia di milioni di arabi che circondano Israele?

A nostro avviso Sharon sta perdendo Israele. Sulla lunga distanza una nazione non può giustificarsi solo come avamposto dell’Impero, odiata a morte da tutti i vicini: così facendo lega la propria sopravvivenza alla potenza imperiale. Ma gli imperi passano, mentre le nazioni dovrebbero durare.

Rifiutare sprezzantemente l’ultima proposta saudita – riconoscimento di Israele da parte degli stati arabi e pacificazione dell’intera area – svela da una parte la vera finalità di Sharon (l’eliminazione di qualsivoglia sovranità palestinese e l’espansione verso la Grande Israele) e dall’altra la sua follia: questo progetto sconta una permanente, strategica esasperazione dei rapporti con le popolazioni circostanti.

Poi c’è George Bush. Su queste colonne già Renato Ballardini (Speranze sfumate) ha espresso la delusione per lo scarto tra le mosse iniziali del presidente americano all’indomani dell’11 settembre (costruzione di un’ampia alleanza anti-terrorismo, riconoscimento della necessità di cambiamenti nella politica estera) e gli approdi successivi.

Ma ora, con l’appoggio offerto a Sharon, siamo alla demenziale estremizzazione di una linea sbagliata. L’idea sbagliata è che il terrorismo si combatta con la sola repressione, e non con la rimozione delle cause; l’estremizzazione sta nell’operare per alimentare – e potentemente – quelle cause. Bin Laden cercava giustificazioni e proseliti in nome di una lotta a un imperialismo sprezzante; e non a caso faceva sempre riferimento (peraltro strumentale) alla causa palestinese. Ora, lasciando che i carri e gli aerei finanziati dagli americani schiaccino i palestinesi, si pensa forse di contrastare il terrorismo internazionale? Di eliminarne le motivazioni, di scoraggiarne i potenziali martiri? O non esattamente il contrario?

Insomma Sharon e Bush, uno per intima convinzione, l’altro più probabilmente per un mix di cinismo e di ignoranza, stanno imponendo al mondo una linea di estrema destra. Fatta di sprezzante sopraffazione, di violentissimo oltraggio ai più deboli. Una linea che nella storia ha portato solo immani tragedie.

C’è solo da sperare che il resto del mondo riesca a tenere i nervi a posto. Ma anche a trovare modi e coraggio per fermare quei due.