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QT n. 11, 4 giugno 2005 Servizi

La difficile identità dell’embrione

Referendum: dibattito a due voci fra il senatore Giorgio Tonini (DS) e il neonatologo Dino Pedrotti.

Una prima domanda riguarda la scelta dell’astensione, e la rivolgiamo ovviamente al dott. Pedrotti. Per i credenti, non è una posizione debole, ancorché legittima, il non votare su un tema di etica quale quello posto dal referendum?

Il senatore diessino Giorgio Tonini.

Pedrotti:Io non sono né un politico, né un clericale. So che all’interno del Comitato per la vita ci sono state delle discussioni e che è stata scelta la migliore strategia che potesse portare al mantenimento della legge. Posso anche non essere d’accordo sulle motivazioni addotte dalla Chiesa ("La vita è un dono divino"), che possono bastare per un 30-40% degli italiani, ma non per gli altri. E posso riconoscere che l’interferenza della Chiesa su questo voto è piuttosto pesante. La Chiesa, d’altronde fa il suo mestiere...

Tonini: La scelta dell’astensione è ovviamente lecita sul piano costituzionale, in particolare in un referendum che richiede un quorum. Da credente, penso però che sarebbe stata preferibile una posizione della Chiesa più centrata sui valori e che poi avesse lasciato alla laicità della politica il ruolo di compiere le mediazioni legislative necessarie. La settimana scorsa sono stato in Germania e ho colto un clima politico molto diverso dal nostro. Nelle discussioni si tiene presente quanto dicono le Chiese, ma - forse a causa del maggiore pluralismo religioso - nessuno nel campo dei credenti si sogna di inteferire così pesantemente su un procedimento legislativo e poi su una campagna elettorale. E’ invece la politica a tener conto, nella sua sintesi, anche delle preoccupazioni delle Chiese.

Veniamo ora al merito della legge, cominciando dalle obiezioni di chi la critica e quindi invita a votare sì.

Tonini:Io critico la legge, anche se non sono stato fra i promotori del referendum perché avrei preferito una maggiore riflessione da parte della società civile, una migliore presa di coscienza dei termini della questione.

Una legge ci voleva, l’abbiamo sempre sostenuto; non perché ci fosse il Far West, ma perché occorreva - a detta degli stessi medici - rafforzare i codici deontologici esistenti, che qualche avventuriero violava. Un altro problema era l’eccessiva proliferazione di centri, non tutti in grado di dare le necessarie garanzie. Ci voleva una legge rigorosa, che partisse dal presupposto che abbiamo a che fare con una realtà delicata, dove la scienza e la tecnologia entrano in maniera sempre più invasiva dentro un sacrario fino a poco fa inviolabile, quello della trasmissione della vita. Un tema come questo non poteva restare affidato semplicemente al rapporto fra scienza e mercato. Ma avremmo voluto una legge consensuale, sulla quale il Paese non si dividesse: sarebbe stata una bella novità, dopo le rotture avvenute in tema di divorzio e aborto. Bisogna evitare che il bipolarismo politico produca un bipolarismo etico.

Ma allo stato attuale dei rapporti in Parlamento, sarebbe possibile arrivare ad una legislazione consensuale su temi che hanno tanta presa, anche emotiva, sui cittadini?

Tonini: Proprio perché hanno tanta presa, bisognerebbe sforzarsi di fare così. L’alternativa è quanto sta accadendo in Spagna, dove Zapatero ha cambiato il codice civile con una ristrettissima maggioranza parlamentare. Ma un codice civile è qualcosa di paragonabile a una Costituzione, qualcosa che deve durare negli anni, scavalcando generazioni e soprattutto i ritmi dell’alternanza politica. Ecco, come è stato inopportuno stabilire che il matrimonio è basato su due coniugi a prescindere dal sesso, altrettanto lo è dire che la personalità giuridica la si acquista al momento del concepimento e non alla nascita. Con una gigantesca contraddizione: che il primo diritto di una persona è il diritto alla vita, che lo Stato, poi, non può garantire se non passando attraverso la volontà della donna.

Pedrotti: E’ questo il punto base. L’embrione di due settimane è da considerare essere umano oppure no? Se la risposta è no, gli esperimenti sono leciti. Se la risposta è sì, non lo sono.

Ci abbiamo messo un bel po’ a capire che il protagonista della vita pubblica è il cittadino e non il re o che il protagonista della scuola è lo studente e non l’insegnante, nell’ospedale il malato e non il medico. Io faccio il neonatologo, e mi ricordo di quando un bambino nato con un peso di mezzo chilo non ci interessava e veniva considerato un aborto di cui era inutile occuparsi. Poi le cose sono cambiate. Noi dobbiamo metterci al servizio del protagonista di questa avventura, che è anche l’embrione, oltre alla donna.

Dunque, secondo lei l’embrione ha la stessa dignità della madre...

Pedrotti:Questo è un concetto che forse capiremo fra cent’anni: forse ora non siamo ancora maturi. La legge che si vuole abrogare non è ‘medievale’ come qualcuno dice: al contrario, è troppo moderna.

Tonini: Fino a un certo punto concordo: non si tratta di una posizione oscurantista, semmai è illuminista, perché in qualche modo è frutto di un incontro fra la cultura della sacralità della vita e la cultura dei diritti umani. E se l’uomo è titolare di diritti a prescindere dalla razza e dalla religione, lo è anche a prescindere dall’età. Poi però c’è una distinzione fra l’etica e il diritto. Quando lo Stato riconosce un diritto, deve farlo rispettare; ma in questo caso non può, perché nessuna legge può sostituire la madre. Per assicurare che quell’inizio di vita possa svilupparsi, è indispensabile la libera volontà di una donna. Se questa manca, come si può dire che l’embrione è una persona? L’embrione congelato è vivo o morto? Dipende dall’esistenza di una madre che lo accolga, e in ciò nessuno può costringere la donna. Vedete che ci troviamo di fronte a un dilemma morale assolutamente inedito. Io capisco l’intenzione etica di questa legge, ma sotto il profilo giuridico essa promette più di quanto non possa mantenere.

Il neonatologo dott. Dino Pedrotti.

Pedrotti: Esistono diritti secondo la Legge e poi ci sono diritti morali, dettati etici. Lo Stato con le sue leggi può sottoporre degli uomini alla pena di morte, o indurre - in guerra - a uccidere. Con la legge sull’aborto un feto di 3 etti, che è senza dubbio un essere vivente, può essere eliminato. Ebbene, allo stesso modo, lo Stato deve dire che l’embrione è un essere umano; poi magari autorizzi la sua eliminazione. Io sarei d’accordo.

Tonini: Questo è quello che noi avevamo proposto...

Pedrotti: Non diciamo però che l’embrione non è nulla, che il solo soggetto in campo è la donna: sarebbe l’atteggiamento ottocentesco dei padroni che dicevano: la fabbrica è mia, chi entra qui dentro è mia proprietà e se muore di fame non m’interessa... La donna non può avere diritto di vita e di morte, ha anche delle responsabilità.

L’embrione è fragile: l’80% degli embrioni vanno persi, e allora si tende ad attribuirgli meno diritti. La stessa percentuale di bambini di mezzo chilo non sopravvive, ma questa fragilità dovrebbe semmai aumentare i diritti. La natura elimina da sé molti embrioni, per lo più malformati, in aborti spontanei di cui a volta la donna neppure si accorge, perché avvengono nelle prime settimane. Questo avviene in natura; ma se siamo noi a interferire, è diverso. Considerare insignificante un embrione solo perché misura 0,1 millimetri è una cosa che mi fa arrabbiare. Come vorrei multare chi, a proposizto di fecondazione assistita, parla fuori luogo di prevenzione: non si fa prevenzione eliminando un malato, anche se allo stadio di embrione. E ancora: questi vent’anni di procreazione assistita ci han dato finora il doppio di malformazioni, il doppio e anche più di danni cerebrali e un aumento della mortalità. Dal punto di vista dei bambini, dunque, il bilancio è assolutamente negativo.

Tonini: Si arriva a questo assurdo: non si può più fare la selezione pre-impianto, ma resterà sempre, qualche mese dopo, la possibilità per la donna di abortire.

La legge non proibisce la procreazione assistita (esiste un solo Paese dove questa pratica è vietata: il Costarica). La nostra legge la consente; poi però chiede al medico di essere più bravo della natura. Che fa il medico? Stimola nella donna la produzione di ovociti, ne preleva un certo numero, li feconda tutti ed elimina quelli con qualche difetto. Gli altri, quelli "venuti meglio", li trasferisce uno (massimo due) alla volta nell’utero, mentre gli altri vengono congelati. Con questa legge le cose cambiano: si possono produrre fino a 3 embrioni e quelli prodotti devono essere tutti trasferiti nell’utero in un unico impianto; il congelamento non è più lecito. A questo punto, prelevati i tre ovociti, probabilmente non tutti e tre riusciranno fecondati; a quel punto si impianterà l’unico fecondato e allora ci vorrà molta fortuna perché quell’unico attecchisca. Se come probabile non succede niente, bisogna ripetere daccapo la procedura con ulteriori oneri fisici (e non solo) per la donna. Se invece tutti e tre risultano fecondati, si dovranno impiantare tutti e tre, e se attecchiranno ne verrà una gravidanza trigemina (se non quadrigemina), con danni pesanti anzitutto per i nascituri. Ecco che la legge, volendo far troppo, fa troppo poco.

Regole così rigide finiscono per cavologersi nel loro contrario. La norma dei 3 embrioni, per parere quasi unanime dei ginecologi, va corretta; di questo avviso si dissero a suo tempo anche il presidente della Commissione Sanità ed il relatore della legge, entrambi medici, cattolici, di Forza Italia.

Pedrotti: Il numero di embrioni da impiantare dipende effettivamente dall’età della donna. La cosa fondamentale da dire è che la donna è proprietaria dei suoi ovociti fino alla fecondazione, dopo di che c’è un essere umano detentore di diritti, e io posso lavorare su di lui solo a suo beneficio, non posso eliminarlo.

Un tema particolarmente controverso è quello dell’utilizzo degli embrioni per la ricerca

Tonini: Il discorso della ricerca riguarda gli embrioni "soprannumerari", perché siamo tutti d’accordo che non si producano embrioni a fini di ricerca: lo vieta la stessa Costituzione europea. Attualmente però abbiamo 30.000 embrioni congelati, che non sono né bambini vivi né morti...

Pedrotti: Anche i neonati di mezzo chilo sarebbero destinati a morire senza l’incubatrice... Del resto, come ho già detto, lo Stato può sempre prendersi la responsabilità di uccidere questi embrioni destinandoli alla ricerca.

Tonini: Il punto è che la legge vieta di utilizzarli, ma non dice neppure che farne. Noi abbiamo proposto che siano le coppie a decidere se utilizzarli a fini procreativi, lasciarli deperire in frigorifero o donarli per la ricerca. E’ notizia di questi giorni, oltre tutto, che in Italia si continua a fare ricerca utilizzando cellule staminali tratte da embrioni importate dall’estero.

Ma i sostenitori del sì ritengono che non si debbano congelare altri embrioni?

Tonini: Noi riteniamo che la crioconservazione vada ridotta al minimo indispensabile, ma non abolita.