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Tecnologia innanzitutto?

A proposito dell’inceneritore, una replica all’ing. Salvati: perchè continuare a riproporre nuove tecnologie di incenerimento, invece di cimentarsi con la modifica della gestione dei rifiuti?

Adriano Rizzoli

Il 26 settembre 2005 l’ing. Nicola Salvati, consigliere comunale di Costruire Comunità, dichiarava a l’Adige: "Il termovalorizzatore è necessario. Da parte nostra non c’è alcuna preclusione ideologica alla sua realizzazione".

Costruire Comunità assicurava così fedeltà alla proposta del sindaco Pacher e della Margherita che sarebbe stata presentata la settimana seguente in Consiglio comunale, quando si sarebbe riparlato di inceneritore, sottoscrivendo l’ordine del giorno della maggioranza comunale in cui era ribadita la volontà politica di dotare il Trentino di un inceneritore. Anche se nella premessa di quel documento si afferma che "il problema rifiuti va quindi affrontato complessivamente e non partendo esclusivamente dalla discussione dell’ultimo anello del ciclo rifiuti, rappresentato dallo smaltimento finale", è invece evidente che, come scriveva Vincenzo Passerini nel luglio 2002, "intorno alla questione inceneritore si gioca una doppia, grande partita per il Trentino… L’inceneritore condiziona tutta la gestione dei rifiuti, non è solo il cosiddetto anello finale della catena… Si tratta di uno dei più colossali affari della nostra provincia... di questi anni e dei prossimi".

Tralasciamo qui le numerose incongruenze di quell’ordine del giorno, nonché quegli intendimenti che di esso rimangono tuttora tali, per soffermarci solo su alcuni elementi che stridono con le dichiarazioni rilasciate dall’ing. Salvati sul penultimo numero di Questotrentino (Senza inceneritore potremmo fare così).

Dopo soli quattro giorni, il 4 ottobre (l’ultimo della tre giorni sull’inceneritore in Consiglio comunale) Costruire Comunità cercava di correre ai ripari in occasione dell’incontro pubblico nel quartiere della Clarina. In quell’occasione rispolverò l’ipotesi della bioessiccazione, peraltro vecchia di qualche anno, con produzione di CDR e successiva combustione in cementifici. Ora fa un balzo in avanti, o indietro, verso la "gasificazione per pirolisi" con l’ipotesi dello stoccaggio del "residuo" nelle cave di porfido. Ma, al di la di un criticabile e improprio ricorso ai tecnicismi, occorre riflettere sull’aspetto determinante e contraddittorio dell’intera questione: malgrado adesso Salvati affermi che "ad oggi non ci sono le condizioni per dare il via ad un inceneritore",nell’ottobre dell’anno scorso, assieme a Santini e Marchesi, lo stesso Salvati si dichiarò favorevole al "termovalorizzatore" di Ischia Podetti. In quell’occasione ciò che doveva valere era l’obbligatorietà dell’assenso alla politica provinciale. Viene da chiedersi quale sarà la prossima volta che varrà di nuovo.

Si dice che i numeri "fondanti" della tre giorni in Consiglio comunale sono quelli legati agli obiettivi del 65% di raccolta differenziata e di una produzione pro capite/anno di 175 kg di rifiuto indifferenziato da smaltire; obiettivi ratificati nel novembre successivo nel corso dell’incontro tra la Provincia e i Sindaci. Non è però ancora chiaro secondo quale tipo di pianificazione si intenda dare concretezza alla numerosa serie di buone intenzioni prodotte dalla maggioranza comunale in termini di: "strategie efficaci per ridurre la produzione di rifiuti, necessità di garantire modalità di raccolta differenziata più omogenee sul territorio provinciale, dar vita ad un organismo di garanzia aperto ai cittadini in modo da garantire la massima trasparenza in tutte le fasi decisionali, adeguate forme di controllo e monitoraggio (mentre quelli da fare prima dell’entrata in funzione dell’impianto non sono ancora stati avviati, n.d.r.), promuovere la realizzazione di uno o più impianti di compostaggio", ecc.

Queste generiche misure risentono in maniera evidente dell’obbligatorietà di quei due numeri funzionali all’efficienza dell’inceneritore. Non è la prima volta, infatti, che quando il Sindaco si riferisce a quelle realtà in cui si è giunti ad una produzione di rifiuti da smaltire pro capite/anno che è la metà di quella dell’obiettivo provinciale dei 175 kg, vale su tutto lo stanco ritornello secondo cui "una quota di residuo comunque rimane".

E’ dunque probabile che sia l’ing. Salvati che il sindaco Pacher abbiano degnato di poca attenzione la chiara presa di posizione del Presidente della Provincia di Belluno Sergio Reolon (Margherita) che lo scorso 26 marzo ha dichiarato al Gazzettino - edizione di Belluno: "Per qualcuno, in particolare per i privati, i rifiuti possono rappresentare un business. Gli enti pubblici hanno invece il dovere di cercare e trovare le soluzioni migliori per i cittadini e per l’ambiente".

Se la Provincia di Belluno ritiene di poter fare a meno dell’inceneritore vuol dire che anche la Provincia di Trento, con analoghe caratteristiche territoriali-geomorfologiche (e stesso "colore" politico), può farlo.

Ma, appunto, si dirà che comunque la provincia di Belluno deve gestire in qualche modo quel "residuo secco" che avanzerebbe anche dopo un buon sistema gestionale con elevate percentuali di raccolta differenziata (75-80%) finalizzata a riduzione, riuso e riutilizzo dei rifiuti. Non aggiungendo che chi sceglie di incenerire i rifiuti, ancor prima di attuare metodologie omogenee estese all’intero territorio provinciale, è costretto ad investire sul sovradimensionamento dell’inceneritore per questioni di mera "convenienza economica". Si veda la dichiarazione a l’Adige del 17 novembre 2005 del presidente Dellai: "Oltre una certa percentuale di differenziata l’impianto non sarebbe più conveniente dal punto di vista economico. Dovremmo allora ricorrere ad altri sistemi per trattare il residuo, ma noi abbiamo scelto l’inceneritore". Con ciò vincolando e congelando per i decenni a venire la produzione di rifiuti e rendendo vane altre politiche che sappiano realmente andare verso il possibile e continuo miglioramento.

Non a caso il progetto dell’inceneritore trentino sembrerebbe andare verso un dimensionamento intorno alle 110.000 tonnellate producendo, solo per gli effluenti solidi, 33.000 tonn/anno circa di rifiuto pericoloso (25% di ceneri pesanti), tossico e nocivo (5% di ceneri leggere dei filtri). E’ un quantitativo pressoché identico a ciò che residuerebbe dopo una puntuale raccolta differenziata porta a porta (che vede già avviate significative esperienze anche in Trentino: in Val di Fiemme si è passati in un anno dal 30 al 75%), e cioè un "residuo secco", nel medio periodo, intorno alle 36.500 tonn/anno circa (esclusi i rifiuti ingombranti e lo spazzamento strade), stavolta però inerte e non pericoloso.

Solo in questa prospettiva sono possibili ulteriori misure volte alla graduale definizione del problema rifiuti, ovvero l’elevata produzione. E’ implicito e assodato che con il porta a porta spinto i rifiuti si riducono sostanzialmente, come lo dimostrano le esperienze in atto, perché la qualità del risultato è implicita nel metodo.

Ci si chiede allora per quali ragioni l’ing. Salvati si riduca alla riproposizione delle solite variabili sulla tecnologia dell’incenerimento (anche la pirolisi lo è) anziché dedicarsi agli approfondimenti su altri sistemi di gestione dei rifiuti. Ad esempio, nel documento su MBT - trattamento meccanico biologico a freddo, che gli inviammo il 3 ottobre 2005, si possono individuare buoni punti per invertite la tendenza e le scelte della politica provinciale.

Ne riportiamo la parte finale: "A favore di attività di raccolta differenziata intensiva, il riciclo anteposto a questo tipo di impianto e la perdita di umidità sempre da questo tipo di impianto,garantirebbero che a partire da 200.000 tonnellate di rifiuti in una data area, andrebbero soltanto messe in discarica, qualcosa come 25.000 - 30.000 tonnellate."In questa innovativa ipotesi, dunque, intorno al 12-15% del totale del rifiuto prodotto.

In merito alla necessità di intraprendere altre strade per gestire i rifiuti riportiamo alcune interessanti notizie che giungono sia dall’Europa che dal Sud America. Diverse città del Regno Unito hanno ufficialmente abbracciato la via verso Rifiuti Zero (impraticabile con un inceneritore). Oltre a queste, nella contea del Lancaster si è preferita una soluzione alternativa all’incenerimento (che è quella sopraccitata). Sottolineiamo il parallelismo tra la situazione inglese e quella italiana dove forte è la spinta inceneritorista. Ma mentre in Inghilterra molte realtà amministrative prendono le distanze dagli inceneritori, in Italia, nonostante le sempre più diffuse opposizioni dei cittadini, tutto il mondo amministrativo in modo trasversale continua a far carte false per imporre il pensiero unico dell’incenerimento. Nel Regno Unito, proprio recentemente, la BBC ha dedicato varie trasmissioni ad illustrare i risultati ottenuti nelle parti del mondo dove viene attuata la politica Rifiuti Zero. Anche la città di Buenos Aires (quasi tre milioni di abitanti) ha adottato ufficialmente nel gennaio 2006 l’obiettivo Rifiuti Zero. A quando in Italia il primo Comune che ufficialmente si mette in cammino verso lo stesso obiettivo?

Voler continuare a intestardirsi sulla sola via tecnologica, senza aver attuato prima buone politiche gestionali, è la pecca grave dell’approccio ingegneristico e dei relativi interessi nascosti che invertono la consueta prassi programmatoria: prima si pianificano i processi migliori e poi si costruiscono le strutture e gli impianti a supporto.

Altri devono essere i "soggetti" interessati alla definizione e risoluzione di una questione tanto complessa quanto delicata: per esempio i medici, che in Trentino faticano a farsi sentire, dovranno prima o poi essere messi nelle condizioni di esprimersi liberamente senza alcuna blindatura o censura da parte dell’ente provinciale.