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Il disastro delle carceri italiane

Troppi detenuti, per lo più poveracci non “garantiti”.

Silvano Rigoni

Secondo gli ultimi dati del Ministero della Giustizia (2005) i reclusi nelle carceri italiane sono 59.523. Se consideriamo che la capienza regolamentare delle nostre carceri è di 42.218 posti, possiamo ben capire perché da più parti si parli di "emergenza carcere". Oltre al sovraffollamento, negli ultimi anni nelle carceri italiane stiamo assistendo ad un altro importante fenomeno: l’"etnicizzazione": un terzo dei detenuti (19.836) è straniero.

I detenuti nelle carceri italiane, i detenuti stranieri e loro incidenza percentuale sul totale dei detenuti nel periodo 1991-2005. Fonte: DAP (Ministero della Giustizia)
ANNO DI RILEVAZIONE (al 31 dicembre)TOTALE DETENUTIDETENUTI STRANIERI% STRANIERI
199135.4695.36515,13
199247.3167.23715,30
199350.3487.89215,67
199451.1658.48116,58
199546.9088.33417,77
199647.7099.37319,65
199748.49510.82522,32
199847.81111.97325,04
199951.81414.05727,13
200053.16515.58229,31
200155.27516.29429,48
200255.67016.78830,16
200354.23717.00731,36
200456.06817.81931,78
200559.52319.83633,32

In altre parole, le carceri continuano a riempirsi sempre di più, e a riempirsi di immigrati. La maggiore parte degli incarcerati stranieri proviene dal Marocco, dall’Albania, dalla Tunisia e dalla Romania. C’è da chiedersi perché gli immigrati - che in Italia rappresentano ufficialmente solo il 5% della popolazione (il dato non comprende gli irregolari) – siano una fetta così grande della popolazione carceraria. In altre parole, perché abbiamo così tanti immigrati nelle nostre carceri?

Guardando i reati per i quali la maggior parte delle persone è detenuta, ci rendiamo conto che le nostre prigioni non sono piene di rapinatori sanguinari o di pericolosi assassini. Ma di disgraziati. La stragrande maggioranza di loro sconta una pena per reati minori: furti, spaccio di piccoli quantitativi di stupefacenti. Molti di questi reati sono commessi da immigrati, soprattutto irregolari. Persone senza dubbio colpevoli ,che però spesso rimangono in carcere solo perché gli avvocati d’ufficio non si sono sprecati troppo per ottenerne la liberazione o richiedere una pena più mite. Oppure – e soprattutto - perchè il non avere la residenza impedisce agli stranieri di beneficiare delle misure alternative al carcere previste dalla legge italiana: semilibertà, affidamento al servizio sociale, arresti domiciliari, ecc.

Se, come diceva nel ‘700 Cesare Beccaria nel suo "Dei delitti e delle pene", la pena per essere giusta dev’essere predeterminata e in proporzione al male commesso, dobbiamo dire che oggi l’immigrato irregolare in Italia spesso patisce una pena ingiusta e sproporzionata. Infatti, a parità di comportamento criminale, sconta una pena più pesante rispetto ad altri che commettono lo stesso reato.

Quali i rimedi? La risposta dipende da come vogliamo concepire lo strumento del carcere. Se intendiamo il carcere come una pena da utilizzare solo quando sia veramente necessario - cioè solo nei casi conclamati di pericolosità sociale - le opzioni possono essere: la depenalizzazione dei reati minori, il rafforzamento dei percorsi alternativi al carcere, la previsione di trattamenti diversi per tossicodipendenti e malati cronici. Diversamente dobbiamo ragionare investendo molte più risorse in uomini e strutture, non tralasciando comunque la formazione e il lavoro all’interno delle mura carcerarie per cercare di favorire il reinserimento sociale dei detenuti ed abbattere l’altissimo tasso di recidiva (è il caso delle persone che, scontata la pena, tornano a delinquere appena usciti).

Resta il problema attuale della gestione di una situazione esplosiva e senza prospettive di miglioramento. Oggi il sistema carcerario non funziona più (o funziona ancor peggio di prima) perché non rieduca, pur costando moltissimo alla società italiana. Ogni detenuto costa allo Stato più di 131 euro al giorno; in un anno, quindi, la spesa è di circa 50.000 euro che moltiplicata per 60.000 fa 3 miliardi di euro. Lo Stato impiega una forza di 43.000 agenti di polizia penitenziaria, un agente ogni 1,4 detenuti, contro una media europea di un agente ogni 3 detenuti e spende pro capite per la salute dei detenuti il doppio che per i cittadini liberi.

L’unica strada ad oggi percorribile per cercare di restituire dignità al pianeta carcere sembra essere quella dell’amnistia o dell’indulto. Finora, sembra che nessuno schieramento politico senta di potersi assumere la responsabilità di decidere per evitare che il sistema collassi. Ciò indubbiamente per il timore delle implicazioni politiche e di consenso nei confronti dell’opinione pubblica. Così ci si limita a piccoli interventi e a ribadire, mestamente, che il sistema carcerario italiano è in grave crisi, un malato cronico, forse moribondo. Se il grado di civiltà di una società si misura anche dalle proprie carceri, è necessario intervenire al più presto.