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“Grand Hotel Malawi”

Un partecipato viaggio in bicicletta tra la gente di un piccolo paese gravato da (troppo?) grandi problemi. Milka Gozzer e Nicola Guarnieri, Grand Hotel Malawi. Edizioni Il Filo, 2006, pp. 98, 14.

Serena Rauzi

La bicicletta, al di fuori della competizione agonistica, è un mezzo di trasporto semplice, lento, non inquinante, che ti permette di godere tranquillamente di tutto ciò che ti sta intorno durante il tragitto, che permette di renderti conto dei cambiamenti del panorama e di venire a contatto con la gente e la natura. Una strada polverosa, il sole a picco sulla testa e l’aria calda ti accompagnano nel corso della fatica. In Africa muoversi in questo modo porta ad incontri interessanti con le persone del luogo, ti rende oggetto della curiosità dei bambini che ti accompagnano per lunghi tratti correndo al tuo fianco, e non ti protegge dal pericolo di machete fatti roteare in aria dagli stregoni, durante un rito serale, o dagli elefanti che in molte zone possono tranquillamente attraversare la strada da un momento all’altro, mettendo in serio pericolo l’incolumità dei viaggiatori.

Milka Gozzer e Nicola Guarnieri hanno deciso di attraversare in questo modo il Malawi, un piccolissimo, sperduto e ai più sconosciuto stato dell’Africa meridionale, alloggiando in piccole pensioni locali, ricorrendo all’aiuto dei missionari e alle indicazioni della gente del posto. Al loro ritorno hanno voluto raccontare la loro avventura in questo piccolo libro, "Grand Hotel Malawi", per renderci partecipi delle loro impressioni e dei piccoli grandi problemi che attanagliano la popolazione malawita.

Il libro permette di accostarsi a questa realtà con l’andatura di un ciclista che pedala faticosamente sotto un sole caldissimo e implacabile. Con capitoli brevi e concisi i due autori-protagonisti ci presentano i vari aspetti di questo piccolo paese gravato dalla povertà, dalla piaga dell’AIDS, dalla malaria e da una forte analfabetizzazione. Ci fanno conoscere il lavoro dei missionari e le contraddizioni di un colonialismo religioso troppo spesso privo di scrupoli e attento solo alle percentuali d’adesione. La povertà in cui missionari coraggiosi hanno deciso di vivere, per aiutare veramente il popolo malawita, si scontra inesorabilmente con le grandiose e inutili opere architettoniche volute dal vescovo e con lo sfarzo degli alloggi di cui fanno uso i rappresentanti delle grandi organizzazioni umanitarie, che si recano in Malawi per aiutare ma che sembrano non venire mai a contatto diretto con la gente vera e i loro bisogni.

I nostri due protagonisti incontrano tutte queste realtà e ce ne rendono partecipi in una narrativa coinvolgente, senza portare giudizi, ospiti discreti di un paese che rimane a bocca aperta, in un gran sorriso divertito e anche un po’ scandalizzato, al passaggio di due bianchi, di cui una donna, in bicicletta. Ragazzini gioiosi e donne, che portano in equilibrio sulla testa pesi enormi, fanno da sfondo continuo al passaggio di Milka e Nicola, che fanno di George, giovane malawita, il principale, costante e ignaro osservatore del loro viaggio.

George è un giovane carpentiere, ammaliato dal miraggio del ricco Occidente, ma che si rende conto della sua indispensabilità a casa, per aiutare la famiglia a sopravvivere. Se si va via non si aiuta a risolvere i problemi e a risollevare il destino del proprio paese. La dignità di un semplice lavoro può portare molto più che mille aiuti dall’esterno mal amministrati e imposti, e attraversare il Malawi in bicicletta significa anche rendersi testimoni dei piccoli grandi sforzi che permettono all’Africa di sopravvivere e di andare avanti, nonostante tutto.

Il finale è amaro, con il caos e la freddezza della città che salutano i due anomali turisti. La città è ostile, diffidente, distruttrice inesorabile del meccanismo di solidarietà, che invece è di vitale importanza nella zona rurale, in grado di cancellare gli individui e la loro identità. Milka e Nicola abbandonano il Malawi e fanno ritorno alla vita di tutti i giorni, ma rendendo pubblica la loro avventura hanno fatto in modo di rendere questo paese vivo e presente nel nostro mondo così indifferente e colpevolmente ignaro delle altre realtà della Terra.