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Invidia

Dopo il Festival dell'Economia: l’intelligente attivismo di Trento a confronto con il folkloristico immobilismo sudtirolese.

Questa è una "Lettera" di invidia. Un sentimento non bello, che talvolta avvelena le relazioni fra persone nell’ambito privato e nell’ambito pubblico, provocando grandi disastri. Dunque meglio svelare subito che si tratta di un’invidia che, più che con il rancore, ha a che fare con l’ammirazione e la disperazione. Credo sia il modo più vicino per spiegare che cosa hanno provato gli altoatesini di una certa intelligenza nel vedere da vicino o da lontano quanto accadeva a Trento nelle giornate del "Festival dell’economia".

Trento, un Info-point al Festival dell'Economia.

Non erano molti i bolzanini a Trento nelle giornate del festival. Ma, a parte i molti assenti per il lungo ponte della Pentecoste (che si festeggia dal mare del Nord fino a Salorno), l’ invidia ha colpito tutti, sia che si fossero presi la briga di "scendere" in Trentino o meno.

Perché a Bolzano non succede niente di simile? Era una delle domande che si incrociavano durante le tranquille passeggiate nella città semideserta, a parte un paio di piazze affollate di bevitori di birra e mangiatori di fritti. "Noi non abbiamo bisogno di imparare niente da nessuno" era la risposta – speriamo sarcastica - di alcuni.

Il successo enorme e, a parere di chi scrive, meritato, dell’impresa trentina, ha impresso maggiore evidenza ad una realtà che sta sotto gli occhi di tutti: due province tanto simili per geografia, storia e cultura, perfino per il basso livello della classe politica (somiglianza negata solo dai suoi abitanti a lungo affetti da presbiopia localistica) stanno affrontando in modo drasticamente differente - e fra loro indifferente - il proprio futuro. Insieme mangiano salsicce e vestono il Tracht nelle riunioni euroregionali, ma le due province gemelle stanno allontanandosi fra di loro. Nel senso che Trento va avanti, mettendo in discussione il proprio modello alla ricerca di una nuova sintesi di modernità e tradizione, mentre Bolzano si compiace del folklore, mette a rischio il patrimonio naturale in una corsa alla speculazione edilizia e sterilizza gli slanci che pure esistono (giovani, teatro, arte, ricerca storica) in un immobilismo ostile a ogni voce critica verso il sistema "modello".

A Trento si parla di economia e felicità, e appaiono in carne ed ossa gli autori dei libri che negli ultimi vent’anni sono stati indispensabili per chi voleva risolvere in una visione europea e democratica le questioni della convivenza, dell’identità, del regionalismo, come Bauman e Dahrendorf.

Lo spazio-libri al Festival dell'Economia.

Bolzano negli stessi giorni è agghiacciata dalla riproposizione della questione dell’autodeterminazione: in parlamento la propone Cossiga, Eva Klotz in chiave micronazionalista, per secedere in uno staterello libero, tanto che i risultati del sondaggio offendono gli austriaci, per l’evidenza del rifiuto di riannessione. La SVP per bocca dell’Obmann assicura che si farà di tutto per esercitarla nel migliore dei modi a favore di tutti (?).

Il popolo non la vuole, tanto che un secondo sondaggio dimostra che per il cento per cento della popolazione di lingua tedesca, unica presa in considerazione, l’autonomia è molto importante e anzi irrinunciabile.

Come affrontare la relazione fra conservazione e modernità, come prepararsi a far transitare l’autonomia verso una realtà europea e mondiale in forte movimento?

Il Trentino si pone il problema. L’Alto Adige sembra paralizzato dal lungo e accanito sforzo di impedire ai giovani di imparare la seconda lingua, dall’ossessione della differenza etnica coltivata come una specie di invalicabile ostacolo di natura, e dal rifiuto di mettere in discussione il sistema. La popolazione italiana è ritornata al privato, convinta ormai – e con buone ragioni - che nello spazio pubblico la sua presenza non abbia senso.

Bolzano, cultura 1.

La popolazione di lingua tedesca scopre che la riduzione drastica della popolazione di lingua italiana non ci riporta al mitico 1918, ma che al contrario proprio adesso sboccia la multiculturalità: non solo Bolzano, ma anche i piccoli centri si riempiono di ristoranti e negozi cinesi, di lavoratori di altri luoghi del mondo, pronti a imparare le due lingue e a integrarsi, mettendo in difficoltà la spartizione etnica, come un tempo hanno fatto i ladini scesi dalle loro valli, stufi di doversi dichiarare di lingua tedesca o italiana e decisi a rivendicare la propria esistenza per ciò che sono.

Nei giorni del Festival di Trento, i bolzanini e le bolzanine invidiose hanno sentito con maggiore fastidio l’odore di rancido dei fritti delle feste dello speck e delle zucche, e hanno notato più che mai i vetri rotti e i muri insozzati dopo le notti di bevute che sono ormai la caratteristica principale delle feste di piazza, sostenute con fiumi di denaro pubblico dalla promozione turistica. "Feste di piazza e mercatini sfrigolanti di Pm10, dove non arriva mai nessuno a insegnarci qualcosa" - ha scritto in bella sintesi Paolo Campostrini sull’Alto Adige.

Nella memoria di chi scrive sono riemerse le voci degli esponenti della SVP di qualche anno fa. Hubert Frasnelli, il capogruppo che nel 1990 dichiarò nel corso di un dibattito in Consiglio Regionale che "chi dice che un abete trentino e uno sudtirolese hanno qualcosa in comune è un nazionalista", oppure l’assessore all’ambiente, che nel corso del dibattito sulla legge sulla Valutazione di Impatto Ambientale, che la Provincia di Trento ha avuto per prima e la Provincia di Bolzano per ultima, disse testualmente: "Dai trentini non abbiamo niente da imparare".

Bolzano, cultura 2.

Questa volta abbiamo da imparare, nonostante il silenzio dei giornali di lingua tedesca, nonostante l’indifferenza dei politici impegnati ad aprire botti di birra in piazza Gries e che non hanno mai sentito nominare gli economisti e i sociologi che hanno animato la città cugina.

L’Università di Bolzano ha dovuto difendersi dalle accuse di non saper fare niente di paragonabile a quanto fatto a Trento. Credo che questa accusa sia ingiusta. La facoltà di economia di Bolzano è giovane, e ha bisogno di tempo per crescere. Tuttavia costituisce fonte di grande preoccupazione che essa debba subire l’umiliazione di avere un organismo dirigente di nomina esclusivamente politico-partitica in cui la qualità non ha alcun ruolo.

Il Trentino ha investito in formazione e cultura. I risultati si vedono e si vedranno ancora di più in futuro. In Sudtirolo bisogna che i politici si convincano che fare cultura non si esaurisce nell’acquisto di costosi costumi per le bande musicali e neppure nella speculazione immobiliare travestita. Non basta neppure il trilinguismo di facciata, se nel frattempo si continuano a investire denaro e energie per impedire che le nuove generazioni crescano bilingui. E’ ridicolo che di fronte alla riproposizione dell’autodeterminazione si prepari un tavolo di politicanti per presentare l’ennesima proposta di "riforma dello Statuto".

Ma soprattutto si deve smettere di considerare ogni dibattito e ogni iniziativa civica un attentato all’autonomia: al contrario, urge la nascita di una società critica e impegnata, consapevole e partecipante, senza la quale il futuro di un sistema così complesso come quello sudtirolese è incerto.