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Una assurda lotta di classe

Il diritto alla salute contro quello alla mobilità dei possessori di vecchie auto: un modo sbagliato di affrontare il problema smog. E se invece si prendesse la strada dell'abbandono dell'auto?

In queste settimane si è acceso un dibattito serrato, sia a livello nazionale che locale, che si potrebbe riassumere con la seguente domanda: nell’era dell’aria avvelenata, quali auto hanno ancora diritto di circolare? A livello nazionale, è stata la manovra economica del governo ad aprire il dibattito. La Finanziaria prevede l’aumento dell’imposta di bollo su tutte le vetture in maniera proporzionale alla portata inquinante del loro motore, esentando dall’aumento le sole Euro 4. Sempre la Finanziaria aveva in un primo momento provveduto a esentare dal pagamento del bollo per due anni chi avesse acquistato un’auto Euro 4.

A livello locale, il dibattito ha preso piede al momento della presentazione, nei giorni scorsi, del piano antismog da parte del Consorzio dei Comuni prima, e poi dell’assessore Pompermaier per il Comune di Trento. In entrambi i casi, vengono previste pesanti limitazioni alla circolazione dei veicoli più vecchi. Il Consorzio dei Comuni ha infatti chiesto per gli Euro 0 e gli Euro 1 diesel lo stop da metà novembre a fine marzo nelle fasce orarie 7-9 e 17-19 (con possibilità di estensione), mentre Pompermaier ha proposto nello stesso periodo per gli stessi veicoli lo stop dalle 7 alle 17.

La politica che sta dietro a provvedimenti come questi è chiara: si vuole incentivare la rottamazione delle auto più inquinanti e la loro sostituzione con quelle meno inquinanti. Tale politica ha, in maniera apparentemente paradossale, incontrato un’opposizione, per così dire, “di sinistra”: gli automobilisti a basso reddito possessori di vecchie auto non accettano di essere vessati per una scelta, quella di tenersi un’auto vecchia, che è obbligata se non si hanno i soldi per acquistarne una nuova. La Provincia finanzia da quest’anno, previa rottamazione di un veicolo Euro 0 o Euro 1, l’acquisto di auto a gpl, metano o elettriche, rispettivamente con 1.000, 1.500 e 2.000 euro. Ma francamente sono cifre che non alleviano una spesa, quella per l’acquisto di un auto nuova, che resta insostenibile per chi fatica ad arrivare a fine mese e non sente alcun bisogno di sostituire la propria vecchia auto, inquinante, certo, ma magari ancora ben funzionante. Le rimostranze di costoro sono del tutto comprensibili.

D’altra parte, si comprendono anche le ragioni di chi in buona fede prende provvedimenti come quelli contenuti in Finanziaria o come quelli dei piani antismog. Di fronte a una vera emergenza, gli amministratori vedono nel blocco invernale alle auto più inquinanti e nel rinnovo del parco circolante i provvedimenti che nell’immediato possono rispondere all’esigenza di ridurre l’inquinamento dell’aria meglio della vecchia strategia di alternare le targhe un giorno o due alla settimana (qui non entriamo nel merito dell’efficacia del blocco alle vecchie auto, sulla quale si possono nutrire seri dubbi).

Per quanto comprensibili, però, le ragioni di entrambe le parti non sono condivisibili se si prova ad allargare gli orizzonti della questione. Nell’ambito di questo confronto polemico, emerge l’incapacità di immaginare una circolazione che sia in grado di fare a meno delle auto. Si finisce col guardare al proprio orticello senza cogliere le dimensioni complessive del problema. I possessori di vecchie auto vogliono essere lasciati circolare in pace, senza essere costretti a spese che non possono permettersi. Gli amministratori vogliono trovare una soluzione relativamente facile e immediata al problema dello smog urbano, senza rivoluzionare troppo le abitudini dei cittadini (almeno di quelli abbienti). Invece entrambi potrebbero trovare una soluzione più efficace ai loro problemi se si venissero incontro su un piano completamente diverso: quello dell’abbandono dell’auto.

I possessori di vecchie auto, anziché quello di poter circolare in pace a bordo dei loro mezzi, dovrebbero chiedere il diritto di poter circolare contando su un trasporto pubblico finalmente all’altezza, che davvero permetta di fare a meno dell’auto. Se ci si potesse spostare con un trasporto pubblico efficiente ed economicamente accessibile sia in città che fuori, si potrebbe arrivare a compiere il gesto che oggi nessuno ritiene concepibile: rinunciare alla proprietà di un autoveicolo. Questo sì che sarebbe un vero risparmio, miracoloso soprattutto per le tasche di chi ha redditi bassi: si pensi che un’utilitaria che percorra annualmente 5.000 km costa in media 3.000 euro l’anno (comprendendo ammortizzamento del costo della vettura, bollo e assicurazione, manutenzione e benzina, e senza contare i costi di garage e parcheggi).

Gli amministratori, dal canto loro, dovrebbero cominciare ad affrontare il problema dell’inquinamento atmosferico con una strategia di lungo periodo, che non può che essere impostata sul rafforzamento del trasporto pubblico che sia effettivo e non solo intenzionale. Si deve finalmente avere il coraggio di destinare risorse idonee a compiere quei passi da gigante che sembrano oltremodo necessari in un contesto, quello italiano, di grave arretratezza, dove anche i casi migliori, come ad esempio proprio quello di Trento, appaiono comunque assai inadeguati ad arginare il problema-smog. Con le città svuotate dalle macchine sì che gli amministratori potrebbero finalmente star tranquilli, senza incappare sistematicamente nei patemi d’animo all’arrivo di ogni inverno, alla ricerca di una quadratura del cerchio che non si trova mai.

Certo, perché si possa realizzare questo incontro tra le parti, che rappresenterebbe un classico accordo “win-win”, dove cioè tutti risulterebbero vincitori, è necessario che l’obiettivo di risanare l’aria (e il portafoglio) sia perseguito con la piena disponibilità a rinunciare all’automobile. Ma se, da una parte, i cittadini continueranno a non essere disposti a scendere una volta per tutte dalle loro auto e se, dall’altra, gli amministratori continueranno a non essere disposti a inimicarsi le lobby del trasporto privato (case automobilistiche e costruttori di strade), allora non si arriverà mai a una vera soluzione, e si continuerà solo a beccarsi vicendevolmente, coi portafogli svuotati dalle spese per l’auto e l’aria sempre inquinata dai veleni.