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Come ti smonto la riforma Moratti

Il ministro Fioroni non ha usato il piccone ma il cacciavite per neutralizzare la costruzione morattiana. Ecco, una per una, le novità. Da L’altrapagina, quindicinale di Città di Castello.

Matteo Martelli

Le elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006 hanno lasciato il segno nella scuola. Il ministro Fioroni, senza ricorrere ad annunci plateali, ha lavorato giorno dopo giorno per ridare tranquillità a docenti, studenti e famiglie e ridisegnare i percorsi curricolari. Messa in cantina la cosiddetta riforma Moratti, dopo aver annunciato il tramonto dell’idea di riforma totale del sistema scolastico italiano, ha lavorato sui vari aspetti della vexata quaestio, non ricorrendo al piccone o alla dinamite, ma utilizzando lo strumento del cacciavite, con l’idea di smontare pezzo per pezzo la megacostruzione (legge, decreti legislativi, indicazioni nazionali) morattiana e aprire una nuova stagione, dopo dieci anni di minacce di riforme globali.

Dal mese di giugno al mese di settembre – senza echi particolari – è stata smontata gran parte dell’impalcatura della riforma che, dal 2003 al 2006, ha tentato di cambiare l’anima della scuola della Costituzione nel primo ciclo ed ha previsto due canali per il secondo ciclo (il sistema dei licei nazionale e il sistema dell’istruzione e formazione professionale regionale). All’indomani dell’approvazione del disegno di legge per la Finanziaria, da tutti i media è stata cancellata la notizia più significativa: l’elevamento dell’obbligo scolastico fino a 16 anni, corrispondente al primo biennio delle scuole medie superiori. La cui diretta conseguenza è il blocco, sine die, dell’avvio dell’istruzione e formazione professionale dopo la terza media.

Il primo atto importante (7 luglio) della nuova gestione del Ministero è stata la disapplicazione di alcune norme. E’ stata sospesa la norma relativa all’istituzione del tutor scolastico in ogni consiglio di classe/équipe pedagogica. E’ stato annullato l’obbligo di stesura del portfolio da parte dei docenti del consiglio di classe. Sono state concordate altre scelte importanti:

1. la mobilità del personale da biennale torna annuale;

2. sono cancellati i contratti di prestazione d’opera previsti per attivare eventuali insegnamenti facoltativi;

3. sono sospesi gli anticipi nell’iscrizione alla scuola dell’infanzia.

Il secondo atto significativo è stata la decisione (4 agosto) di rimettere mano alla normativa riguardante l’esame di stato, che negli ultimi anni aveva perso la funzione di verifica dei risultati di un quinquennio di studi. Era diventato un’espressione tautologica degli scrutini di giugno. Con il disegno di legge Fioroni: 1. ritornano le commissioni miste (50% docenti interni, 50% docenti esterni); 2. viene restaurato il giudizio di ammissione; 3. vengono modificati i crediti, dando più peso alla scuola; 4. ritornano i docenti universitari nella lista dei possibili presidenti di commissione.

Il mese di settembre ha fatto maturare una serie di novità che sono state introdotte nel disegno di legge per la legge finanziaria relativa al 2007, di cui la più eclatante è l’innalzamento di due anni dell’obbligo scolastico, con la conseguente prevista revisione dei primi due anni della scuola media superiore e il definitivo abbandono dell’idea di creare, dopo la terza media, un troncone regionale di istruzione e formazione professionale. Elenco le novità:

1. costituzione di due fondi, uno per il pagamento degli stipendi e uno per il funzionamento delle scuole, con il trasferimento diretto delle risorse dal Ministero alle scuole, senza la mediazione (e i ritardi) degli uffici scolastici regionali/provinciali;

2. incremento dello 0,4 del rapporto alunni/classe;

3. definizione di un piano triennale (2007-09) per l’assunzione di 150.00 docenti e 20.000 unità di personale Ata;

4. abrogazione delle graduatorie permanenti dei docenti a partire dal 2010-11;

5. revisione e potenziamento dei curricoli dell’istruzione professionale;

6. snellimento della procedura per l’assunzione e la nomina dei dirigenti scolastici;

7. riconversione dei soprannumerari;

8. soppressione di Indire e Irre e costituzione, a Firenze, di un’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica;

9. rifinanziamento (250 milioni di euro) della legge 23/96 per l’edilizia scolastica;

10. attribuzione di risorse finanziarie alle scuole che garantiscono l’apertura pomeridiana;

11. rilancio dell’educazione degli adulti (Eda) attraverso la costituzione di Centri provinciali per l’istruzione degli adulti.

Per concludere, in attesa di verificare quali saranno varate dal Parlamento, mi sembra opportuno avviare qualche riflessione, con l’auspicio che i lettori (studenti, genitori, docenti) intervengano e si possa aprire un dibattito sul futuro della scuola italiana.

Il quinquennio Moratti ha creato un profondo disagio nelle scuole. La riforma è stata percepita come un’imposizione; l’impianto non è stato condiviso né dai sindacati né da gran parte del mondo della scuola, dell’università e della ricerca; l’abolizione del tempo pieno è stata contestata con forza dai genitori; la scelta di mettere nell’angolo le Regioni si è rivelata un grave errore di strategia; la creazione del doppio sistema per le superiori non ha convinto, così come non sono sembrate scelte lungimiranti la licealizzazione degli istituti tecnici e la cancellazione dei professionali. Senza parlare delle Indicazioni nazionali, sia per il primo ciclo sia per il secondo ciclo: un coacervo di sciatterie, di percorsi improbabili, di improvvisazioni. Ancora più controversa la decisione di rivedere il concetto di obbligo scolastico e di sostituirlo con l’ineffabile nozione di diritto-dovere. L’asse culturale proposto non teneva conto né della tradizione culturale pluralista del nostro paese, né dell’ispirazione del dettato costituzionale.

Ora – esaurita la spinta riformatrice o controriformatrice – il mondo della scuola si attende scelte equilibrate e sensate. Non abbiamo bisogno di grandi, epocali riforme di sistema. Abbiamo urgenza di elevare ed arricchire – in autonomia - l’offerta formativa, di migliorare i risultati degli apprendimenti scolastici, di saper coniugare scuola di massa con scuola di qualità. La scuola chiede fiducia e risorse e non può assistere silenziosa e impotente alla teatralizzazione politica del mito di Sisifo. Assistiamo – nella scuola, nella famiglia, nella società – a una sconvolgente crisi dei valori e, di conseguenza, a una profonda crisi dell’educazione.

Come uscire in positivo da tali condizioni? Per la scuola una delle possibili, concrete vie di costruzione del futuro è la riflessione critica e autocritica sui contenuti e sui metodi dell’insegnamento/apprendimento e la progettazione dei curricoli verticali, un lavoro avviato qualche anno fa e poi abbandonato inspiegabilmente. E nella rinnovata impostazione della didattica una posizione privilegiata deve essere riservata alla dimensione interculturale