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Secessioni

Cause e conseguenze delle tante richieste di “trasloco” da una regione all’altra.

La richiesta di Cortina di entrare a far parte dell’Alto Adige, e l’ipotesi di un referendum da tenersi nel prossimo autunno, ha provocato nella SVP reazioni contrastanti. Da un lato l’orgoglio di "essere scelti" e l’interesse economico di inglobare un ricco centro turistico. Dall’altra il timore del partito etnico di accrescere la popolazione ladina e italiana, rompendo l’equilibrio fra i gruppi o addirittura mettendo in forse la decrescita degli italiani.

Karl Zeller.

Durnwalder ha interpretato la prima posizione, pur con differenze notevoli a seconda del pubblico cui si rivolgeva: in italiano ha dichiarato di non voler "frenare", in tedesco di non voler "spingere" per la secessione; mentre Zeller ha difeso il cuore del partito etnico, mettendo in rilievo il rischio di uno spostamento della proporzione etnica.

Diversa la posizione dei ladini, che comunque in buona parte restano in attesa di capire che cosa veramente accade. Tradizionalmente contrari soprattutto i gardenesi e parte dei badioti della SVP, favorevoli sono non solo i pochi "Ladins", ma soprattutto l’Union Generela, il molto rappresentativo organismo "ombrello", formatosi nel corso del tempo da diverse consulte e unioni delle vallate.

Il presidente, Michil Costa, fa riferimento alle ragioni storiche: "I ladini - ha dichiarato - vogliono la riunificazione. Per motivi ideali e non finanziari, come invece ritiene l’assessore provinciale ladino". Costa si dice tuttavia incerto del risultato dei referendum che sono stati indetti per il prossimo ottobre e per l’esito dell’iter che seguirebbe a una vittoria dei "sì". Negli anni ‘90 un’analoga iniziativa presa da Colle Santa Lucia fece flop. Allora furono gli abitanti a bocciare l’idea. Oggi tuttavia le condizioni sono cambiate. Hilda Pizzinini, la combattiva albergatrice che per decenni ha presieduto l’Union Generela, parla di "scelta culturale" ed è convinta che l’identità ladina trarrà giovamento dal voto.

Hilda Pizzinini e Michil Costa, ex-presidente e presidente attuale dell'Union Generela dei Ladins.

Pizzinini conosce bene l’origine di questo desiderio, che individua nella scarsa tutela della lingua e della cultura ladina nell’Ampezzano, a Livinallongo e a Colle. Fino a poco tempo fa anche il numero e la consapevolezza dei ladini di Fassa erano in caduta libera. L’intervento della Provincia di Trento, che ha deciso – a ragione o a torto - di fondare il diritto alla propria specialità sulla presenza di minoranze linguistiche nel suo territorio, ha portato a un’inversione di tendenza, consolidata anche dalla qualità delle attività dell’Istituto di cultura fassano.

Il sindaco di Dobbiaco, Bernhard Mayr

Il sindaco di Dobbiaco, Bernhard Mayr, persona concreta, e che si ricorda come uno dei pochissimi sindaci della SVP fin da principio contrario al progetto di autostrada di Alemagna, che avrebbe devastato il cuore delle Dolomiti, comprende le ragioni storiche, ma anche il desiderio di ottenere servizi e trattamenti economici che, a distanza di pochi chilometri, sono enormemente diversi. A partire da se stesso: le indennità degli amministratori comunali sono in Alto Adige più elevate, sensibilmente maggiori perfino rispetto al Trentino. A Monguelfo e a Cortina, osserva, i conservatori del catasto teresiano hanno lo stesso ruolo e gli stessi compiti, ma gli stipendi sono molto diversi. Il sindaco tuttavia fa anche notare che a fare la differenza nella quantità degli emolumenti nell’impiego pubblico in Sudtirolo è l’obbligo del bilinguismo e nelle valli ladine del trilinguismo.

La faccenda ha assunto clamore nazionale in contemporanea alla ripresa del dibattito sul federalismo. Le Regioni a statuto speciale fanno muro contro ogni ipotesi di riduzioni di bilancio. Il giusto equilibrio di partecipazione al risanamento in cambio di competenze si sta raggiungendo solo dopo che sono volate parole grosse.

Dunwalder, nel giro di poche settimane, è sbottato in almeno due grandiose stupidaggini. La prima è stata quando, di fronte alla provocazione del presidente del Veneto, Galan, di fare di tutto per bloccare l’autonomia, invece di spiegare all’ignaro collega che l’assetto istituzionale sudtirolese è fondato su un trattato internazionale, ha preferito minacciare il ritorno dell’Alto Adige all’Austria. La seconda è stata la risposta all’annuncio che si vuole introdurre il federalismo fiscale: "Non faremo i vampiri per lo stato", ha detto il presidente, suscitando la giusta indignazione di un suo collega di partito, il sindacalista e deputato Widmann.

Certo che gli albergatori di Cortina sono affascinati da una simile amnesia, in una provincia in cui i loro colleghi più ricchi arrivano ufficialmente a stento a 20.000 euro di reddito annuo. Nella sua azione di governo (e nel rispondere agli ignari giovani sul sito dell’euroregione), Durnwalder dimentica l’articolo 82 dello statuto, che vale la pena qui ricordargli, perché la sua mancata attuazione è un segnale chiaro di come si intenda l’autonomia: sempre pretendere e mai mantenere i patti.

Art 82, 1. "La Regione e le Province collaborano all’accertamento delle imposte erariali sui redditi dei soggetti con domicilio fiscale nei rispettivi territori.

2. A tal fine la Giunta regionale e le Giunte provinciali hanno facoltà di segnalare, entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello in cui scade il temine per l’accertamento, agli uffici finanziari dello Stato nella Regione e nelle Province, dati, fatti ed elementi rilevanti per la determinazione di un maggiore imponibile, fornendo ogni idonea documentazione atta a comprovarla.

3. Gli uffici finanziari dello Stato nella Regione e nelle Province sono tenute a riferire alle rispettive Giunte i provvedimenti adottati in base alle indicazioni dalle stesse ricevute".

Stendiamo un pietoso velo sull’annunciato ricorso alla Corte Costituzionale per "conflitto di competenza" per evitare che in provincia di Bolzano entri in vigore la norma che riduce da venticinque a cinque i componenti dei consigli di amministrazione delle aziende pubbliche. Un bell’uso dell’autonomia!

Chi abita a pochi metri dal paese di Bengodi, si chiede perché non può farne parte. Così sono circa 47 i piccoli comuni del Veneto, situati nei pressi dei confini di due regioni autonome, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino-Alto Adige, che chiedono di cambiare regione. Per ciò che riguarda le zone alpine, è da molti anni che in Alto Adige il territorio di montagna è stato, per ragioni storiche ed etniche, particolarmente incentivato dall’amministrazione provinciale. Ciò ha portato ad una straordinaria diffusione di ricchezza, che non ha eguali nel passato secolare di queste montagne, da sempre caratterizzate da un’esistenza molto dura. Il modello sudtirolese inoltre, almeno fino a pochi anni fa, ha protetto, con norme urbanistiche molto efficaci, la proprietà locale, e reso possibile uno sviluppo nel rispetto della natura.

Prati di Cortina (foto Marina Lecis).

Una situazione che ha portato ad un grande benessere, pagato caro con problemi giovanili (altissimo tasso di suicidi e diffusione dell’alcolismo) e con un basso livello di scolarizzazione, ma di gran lunga migliore del modello di sviluppo dell’area cortinese, che ha ceduto il suo territorio a non residenti, tanto da costringere quasi tutti questi ultimi ad abbandonare le zone più belle e pregiate. Un studio di molti anni fa aveva dimostrato come la ricchezza in Alto Adige fosse assai meglio distribuita che non nell’ampezzano, e fosse soprattutto in gran parte in mano ai residenti.

A rendere più confusa la situazione, contribuisce la ripresa dell’atteggiamento rivendicativo delle regioni governate dalla destra nei confronti del governo centrale. In realtà le regioni a statuto ordinario – di destra e di sinistra - sono gravemente inadempienti rispetto all’obbligo di dotarsi di propri statuti, strumento con cui meglio potrebbero esercitare le numerose competenze, fra le quali quella di pianificazione del territorio, utile ad affrontare il problema dell’emarginazione delle piccole località periferiche. E in fondo, visto che si fa tanta pompa sulle euroregioni, perché non usare le normali relazioni per far sentire meno isolati i territori lontani dai capoluoghi?

Tutto ciò non riduce la responsabilità del governo, che con la Finanziaria ha scaricato sulle amministrazioni locali i tagli ritenuti necessari probabilmente in base ad errori di valutazione e, mentre comuni e regioni sono costretti a ridurre i servizi ai poveri e a chi paga le tasse, distribuisce il maltolto, o "tesoretto", strappato a chi ha già sempre pagato onestamente, fra gli impiegati statali e i ministeriali, che dovrebbero essere ridotti drasticamente di numero da quando le competenze sono andate alle regioni, e invece crescono; un po’ lo danno alle "famiglie", ma non quelle reali, di cui i politici non sanno nulla, ma quelle "Barilla". La ministra tedesca, democristiana e madre di 7 figli, stanzia una cifra enorme per affrontare il ritardo rispetto alla Francia nell’offerta di asili nido. In Italia si monetizza arbitrariamente, in base a ideologie maschiliste e reazionarie.

In Italia le riforme istituzionali che dovevano introdurre il federalismo si sono esaurite negli scontri ideologici, nello scambio di parole pesanti, frutto di ignoranza sostanziale; ognuno citando alla cieca i titoli ammessi nelle sacrestie dei partiti di riferimento.

Le riforme hanno avuto come esito voti striminziti, e – dopo l’inutile vittoria - nessuno pensa ad attuarle. Su questo vuoto nasce e si sviluppa il secessionismo, forma degenerata del federalismo, in cui le persone pensano di risolvere i problemi spostando i cippi di confine, invece di impegnarsi per cambiare le cose. Ma forse la protesta di Cortina non è inutile: il timore di perder qualche pezzo spingerà il Veneto a tenere meglio in conto i problemi delle sue aree di montagna e a salvaguardare meglio i diritti alla lingua e alla cultura delle sue minoranze ladine.