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Colpo di fulmine

Come Berlusconi è riuscito ad attirare la Svp nel campo della destra.

Nessuno se lo aspettava. I partiti di centro sinistra e gli arcobaleno, guidati da piccole lobbies di potere o familiari, hanno fatto i loro giochetti e deciso candidature di basso profilo, tranquillizzati dall’obiettiva impresentabilità della destra italiana locale, da tempo assestata su posizioni di imbarazzante estremismo nazionalista. Ma comunque vadano le votazioni, le candidature decise a Roma dal Pdl possono costituire uno dei tasselli di uno sconvolgimento del panorama politico locale.

D’autorità (romana), gli ultranazionalisti sono stati sostituiti da moderati, all’esplicita ricerca del dialogo con la Svp. La Svp ha gradito. Molto. Anche perché l’aveva chiesto a Berlusconi, e di recente nel partito è prevalsa la maggioranza conservatrice.

Blockfrei, che certi trentini interpretano come l’atteggiamento di un partito territoriale, che la Svp non è, essendo invece partito etnico, significa nel nostro caso stare con chi vince, pensando che vincerà Berlusconi. In parlamento e forse anche in provincia.

Ma andiamo con ordine, partendo da alcune considerazioni sintetiche sulla situazione italiana.

Siamo in tempi gattopardeschi, in cui si cambiano le forme per lasciare tutto così com’è, o, altrimenti detto, di fronte all’indignazione popolare verso la classe politica si inventano cambiamenti che non mettono in discussione l’unica cosa che caratterizza l’anomalia italiana e cioè il potere assoluto dei partiti. La nomina dei parlamentari per meriti di sudditanza partitica crea una ferita profonda con le democrazie occidentali. Le donne nelle liste presentate sono un decoro e non un elemento essenziale della rappresentanza democratica.

Manuela di Centa

I programmi dei due maggiori partiti nelle materie fondamentali sono troppo simili: contrari o ambigui ai diritti civili così come previsti dall’Unione Europea, libertà per banche e speculatori, via libera a grandi opere economicamente e ambientalmente insensate e soprattutto inutili, nessun impegno di investimenti strutturali per i deboli, gli anziani, i sofferenti di malattie degenerative, i diversamente abili, nessuna decisione a favore di una nuova politica energetica, la quantità al posto della qualità.

Riprende anche la politica identificata con lo spettacolo, dopo i due anni di respiro offertoci dal sobrio Prodi. E nascono al centro-centro sinistra le proposte di partiti territoriali, che in fondo sono molto simili alla vecchia DC, che si articolava per correnti e dove si stava tutti insieme. Si gestiscono i soldi e si tengono fuori i diritti civili, perché non fanno parte delle "nostre" tradizioni.

In questo cambiare che non cambia, a Bolzano in poche settimane stanno accadendo fatti che potrebbero portare a un rovesciamento di una situazione politica da molto tempo immobile, senza però che ciò porti necessariamente a cambiamenti degli obiettivi programmatici, decisi comunque dal partito etnico di maggioranza.

Giorgio Holzmann

La Svp, dichiarandosi blockfrei, fuori dalle alleanze, ha rotto il patto che aveva stipulato, per una volta organicamente, quello con il centro sinistra. Due anni fa ne aveva ottenuto in cambio l’elezione di un proprio senatore nel collegio creato per permettere l’elezione anche di un sudtirolese di lingua italiana. Nel partito è prevalsa l’opzione di Thaler Außerhofer, la commercialista che non ha mai nascosto le sue simpatie per Berlusconi e che ha avuto la meglio sostenendo che ai sudtirolesi non conviene legarsi a una parte che sembra destinata a perdere. Dopo tante smentite ora si sa che a Roma ci sono stati ben quattro inviti a pranzo cui hanno preso parte i massimi dirigenti della Svp. L’anfitrione, Berlusconi, sicuro (troppo, si spera) di vincere le elezioni, ha bisogno dei voti Svp al Senato, dove la legge elettorale prevede che non vinca nessuno. La Svp è ben disposta, ma è intenzionata a farsi "pagare". Lo faceva anche con Prodi, con cui c’era un accordo di coalizione, perché non con la prossima maggioranza con cui il patto non c’è?

Insomma, la commissione elettorale del Pdl, di cui faceva parte Nitto Paola, per qualche mese a Bolzano come commissario di Forza Italia, con il mandato - fallito - di moderare la linea fanatica della coordinatrice locale, ha sostituito nelle candidature gli ultranazionalisti ai vertici dei due partiti di destra con esponenti (relativamente) moderati e che esplicitamente puntano al dialogo con la Svp e alla collaborazione con il partito etnico.

Micaela Biancofiore, coordinatrice di Forza Italia, vistasi sbattuta nientemeno che in Campania, ha vuotato il sacco davanti alle domande della Tageszeitung, sui rapporti intercorsi fra Svp e il capo di Forza Italia, quando ancora Prodi cercava di salvare il suo governo.

La notizia del golpe sulla lista elettorale del centro destra ha raccolto fra la dirigenza Svp, a partire da Durnwalder, forte consenso. In caso di successo dell’operazione sono pronti al dialogo. L’unico che ha problemi è il senatore della bassa Atesina, perché rischia la rielezione. Deve perciò barcamenarsi.

Micaela Biancofiore

Due anni fa, poco dopo l’elezione, aveva fatto arrabbiare l’elettorato di centro sinistra appoggiando l’indecente petizione degli Schützen per l’autodeterminazione, in seguito freddamente respinta dagli austriaci cui era destinata. Ora ha rischiato di perdere i voti tedeschi, perché sul palco di Veltroni ha "addirittura" sorriso quando alla fine del comizio tutti in piedi si sono messi a cantare a gran voce "Fratelli d’Italia". L’Alto Adige ha scritto per ben quattro volte che Peterlini aveva cantato insieme agli altri. Per renderlo simpatico agli elettori (lettori)?

Dopo due giorni il senatore ha dovuto andare a Canossa sul Dolomiten, spiegando che essendo seduto sul podio non poteva andarsene e che comunque la cultura (?) degli italiani andava rispettata. E il Dolomiten l’ha appoggiato: "I nostri due redattori presenti alla serata confermano che il senatore non ha cantato l’inno di Mameli" ha scritto. Evidentemente non bastava la sua parola. Ma infine l’onore è salvo e l’elettorato rassicurato.

Se nella destra italiana prevarrà la linea moderata - fatto non scontato, perché già sono in moto le faide intestine contro i candidati decisi a Roma - che accadrà in autunno? La destra rappresenta la maggioranza degli italiani. Finché sarà su posizioni antiautonomiste non potrà essere accettata come partner di giunta, perché non si può far gestire l’autonomia a chi non la vuole. Però la Svp, partito conservatore, che a livello locale si è sempre dichiarata blockfrei ed ha tenuto fuori la destra per ragioni concrete quali la linea antiautonomista, il passato di alcuni esponenti e il fanatismo retró della coordinatrice di Forza Italia, sembra disposta verso l’ingresso nell’area di governo di esponenti moderati della parte politica più vicina alla propria. Non ha mai nascosto che preferisce il centro, ma è improbabile che questo riesca a fare qualche risultato utile.

Il centro sinistra governa in provincia e nel capoluogo (insieme agli arcobaleno) occupando immensi spazi di sottogoverno, senza avere i numeri, in nome di un veto necessario a tenere fuori dalla gestione dell’autonomia chi le è nemico.

Oskar Peterlini

Avrebbe potuto e dovuto approfittare di questa condizione di privilegio per proporre una visione per un futuro in cui l’autonomia sia partecipata da entrambi di gruppi linguistici.

Ma non l’ha fatto. Nonostante le provocazioni ( l’ultima il test linguistico ai bambini e alle famiglie italiane che mandano i figli negli asili tedeschi), dopo qualche polemica l’unità la si ritrova in fretta: nella spartizione dei proventi materiali dell’autonomia e nel sostegno alla speculazione edilizia. Ma non basta per rimanere al potere se "gli altri" assumono "posizioni governative" nei riguardi dell’autonomia.