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Un imperatore per Trento

Massimiliano I in Trentino fra storia, storiografia e commemorazioni.

Valentina Bergonzi

Sarà stato l’assassinio del re portoghese Carlo I, figlio di Maria Pia di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele II. Saranno stati i processi "dei 42" ai patrioti trentini. Sta di fatto che sui giornali tirolesi del 4 febbraio 1908 e dei giorni immediatamente precedenti e successivi non c’è traccia della ricorrenza. Mentre pagine intere sono dedicate ai fatti di Lisbona e di Rovereto, il 14° anniversario della proclamazione a Trento di Massimiliano I a "imperatore romano eletto" non trova spazio nemmeno in una segnalazione di qualche riga. Nessuna traccia di celebrazioni né su "Il Trentino", né sul "Tiroler Volksblatt", né su alcuna altra testata.

A cento anni di distanza lo scenario è profondamente mutato. Una variegata serie di iniziative organizzate per volere sia delle Province di Trento, Bolzano e Innsbruck che delle Università di Innsbruck e Trento, che della Associazione Rosmini sta salutando il 500° anniversario della proclamazione imperiale. Conferenze stampa e innumerevoli comunicati ai media, sfilate di Schützen e rappresentazioni teatrali in costume, interventi delle autorità e momenti di riflessione culturale, programmi di intrattenimento in piazza Duomo, un generoso opuscolo divulgativo e un convegno specialistico con la partecipazione dei maggiori studiosi di Massimiliano I e del suo tempo. Insomma, un interesse storiografico, ma specialmente mediatico, che si alimenta – e si giustifica – sulla base di una duplice spinta. Da un lato si profila, prendendo a spunto la ricorrenza, la volontà di approfondimento da parte del mondo della ricerca: a fronte di una letteratura abbastanza cospicua in lingua tedesca, che conta una biografia in cinque volumi scritta da Hermann Wiesflecker tra il 1971 e l’85 e svariate ricerche monografiche a cura, tra gli altri, di Alfred Kohler e Heinz Noflatscher, la storiografia italiana non ha infatti finora riservato grande attenzione a questo imperatore, quasi sempre assente, o citato solo timidamente, anche nei manuali scolastici. Dall’altro lato è marcata l’intenzione del mondo politico di osannare, non senza rischiose traslazioni di categorie interpretative del presente a contesti tardo-quattrocenteschi, le comuni radici della storia tirolese.

Ma chi era Massimiliano I? Che significato ebbe la sua figura per il Tirolo?

Massimiliano I, nato a Wiener Neustadt nel 1459 dall’imperatore Federico e da Eleonora del Portogallo, fu regnante dalle ambizioni piuttosto tradizionali: voleva fare del suo impero una grande potenza estesa su tutto il territorio europeo. Dall’elezione a Re dei Romani, nel 1486 ad Aquisgrana, e ancora più dopo la morte del padre nel 1493, Massimiliano I si adoperò per rafforzare e sostanziare l’immagine di un impero come unità simbolica, territoriale, militare e politica che avesse il suo fulcro nell’imperatore. Per farlo era necessario avviare un processo di centralizzazione che superasse certi privilegi localizzati e rendesse più diretto e regolato il rapporto di dipendenza tra l’imperatore e le regioni periferiche, limando il potere dei principi elettori e di quel Reichstag che faceva la differenza tra il Sacro romano impero e le monarchie europee protonazionali.

In questo senso Massimiliano I sfoderò la propria modernità. L’imperatore fece ricorso ai più svariati strumenti, anche alle tecniche più innovative dell’epoca, per rincorrere il suo obiettivo: migliorò i collegamenti postali e introdusse riforme fiscali e amministrative accentratrici (le prime con la Dieta di Worms del 1495), lanciò campagne di propaganda tramite volantini a stampa, piegò gli artisti di corte ai servizi di ufficio stampa ante litteram e intensificò le relazioni diplomatiche internazionali, specialmente in ambito di politica matrimoniale, per ampliare i propri ambiti di ingerenza.

In questo quadro il Tirolo era un campo di battaglia – figurato e reale – di considerevole importanza. Massimiliano I esercitò il proprio potere accentratore prima di tutto, e con maggiore convinzione, sui territori della corona asburgica; e il Tirolo del nord, con la sua Dieta a Innsbruck, ne era parte, così come l’Austria e a seguire Ungheria e Boemia. Fu così che non appena se ne presentò l’opportunità, nel 1490, venne organizzata la dipartita del conte Sigismondo del Tirolo, che cedette terre, titolo e residenza al cugino. Ma era tutto il Tirolo, compresi i principati vescovili di Bressanone e di Trento, ad essere strategicamente importante. La sua era una posizione geopolitica ottimale per inseguire le mire espansionistiche verso l’Italia. Lì, a Roma in particolare, era custodita la fonte sacrale del potere e lì conduceva idealmente la via imperiale.

Gli scontri con le truppe veneziane non erano una novità per i tirolesi che già erano stati guidati contro la Serenissima da Sigismondo (basti pensare alla battaglia di Calliano), ma il piano di Massimiliano I si stava definendo con maggiori ambizioni. Tra il 1508 e il 1516 per il Tirolo passarono tutte le truppe impegnate in un conflitto sanguinoso dalle fortune e dalle alleanze alterne. Piroettando tra una Lega di Cambrai (Papa, Francia, Impero, Spagna e Ducato di Ferrara contro Venezia), una Lega Santa (Papa, Spagna, Inghilterra e Venezia contro la Francia) e vari accordi trasversali, Massimiliano vide i suoi piani prima realizzarsi e poi infrangersi.

I primi successi portarono la Lega di Cambrai fino alle soglie di Venezia, occupando buona parte della pianura padana. Lo stesso principe vescovo di Trento, Giorgio di Neideck, venne nominato vicario imperiale a Verona, dove morì prima di vivere l’umiliazione della ritirata che, nel 1516, riportò i confini del Tirolo entro i limiti di un secolo addietro.
Nel frattempo Massimiliano I aveva trascorso svariati mesi lungo l’asse del Brennero. Aveva reso omaggio alle bellezze del luogo organizzando, tra un’emergenza bellica e l’altra, tornei di caccia e feste di corte che riflettevano la sensibilità culturale internazionale riconducibile alle sue due spose: l’arte cavalleresca della corte di Borgogna eredità della prima moglie Maria, unica figlia del duca Carlo il Temerario, e il gusto umanistico importato dalla Milano di Maria Bianca Sforza, figlia del duca Galeazzo. Aveva lasciato traccia di sé sul territorio: negli edifici che aveva fatto costruire o restaurare, come la Casa principesca di via Bottai a Bolzano, o Castel Roncolo, e negli affreschi dei castelli dei signori sui servitori. E aveva sfruttato senza parsimonia lerisorse economiche della regione, prime tra tutte le miniere di argento nei dintorni di Schwaz e di Vipiteno, per finanziare le campagne militari.

Sa come reagirono le popolazioni locali alla assidua presenza dell’imperatore? Gli studiosi tendono a diversificare le analisi. Secondo lo storico Heinz Noflatscher, a Innsbruck le attenzioni di Massimiliano I non erano percepite esattamente come un privilegio. Al contrario. I tirolesi erano soggetti a servizi di leva ripetuti e richieste di contribuzioni più consistenti rispetto ai territori non ereditari, soffrivano la vicinanza del fronte e percepivano come la presenza fisica dell’imperatore non avrebbe dato loro scampo nell’eludere gli ordini. Poco poté anche la sottoscrizione, nel 1511, del Landlibell, il documento che regolava modalità di finanziamento e di reclutamento militare circoscrivendo il campo di azione dei soldati entro i confini territoriali e limitando a un solo mese la loro ferma. Fu così che nel 1512 la Dieta espresse le prime proteste e nel 1516 rifiutò ulteriori finanziamenti. Nel 1519 la protesta si ampliò ai ceti più bassi, seminando i primi germi delle guerre contadine del 1525.
Diversa pare essere stata la situazione a Trento.

Per certo, la cerimonia di proclamazione di Massimiliano I a imperatore non aveva stravolto il destino della città. La scelta di affrettare l’acquisizione del titolo con una cerimonia anomala non rappresentò infatti una consapevole rottura con la tradizione che prevedeva l’incoronazione da parte del papa a Roma, ma piuttosto costituiva una scelta di pragmatismo politico per legittimare il prestigio imperiale presso i principi elettori germanici in previsione delle guerre italiane.

Lo storico dello spettacolo Massimo Bertoldi ha addirittura osservato come Trento mantenne un basso profilo in occasione della proclamazione, ricorrendo solo in parte agli strumenti di festeggiamento disponibili e ha interpretato questa moderazione come segnale di una certa cautela nell’esprimere la propria adesione ai disegni imperiali.

Nel complesso tuttavia, ha verificato lo storico Marco Bellabarba, il ceto dirigente cittadino aveva sfruttato il rinnovato ruolo assunto dalla via del Brennero come grande opportunità economica. I guadagni garantiti dalle attività estrattive stimolate dalla guerra alle porte avrebbero anestetizzato le sofferenze belliche, aumentando per contro la simpatia per l’imperatore artefice di quella rinascita.

Per approfondire:

Bellabarba Marco, Il principato vescovile di Trento dagli inizi del XVI secolo alla guerra dei Trent’anni, in Storia del Trentino (promossa dall’Istituto Trentino di Cultura), vol. IV, L’età moderna, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 15-27.

Elze Reinhard, Una "Coronatio Caesaris" a Trento, in "Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento", 21 (1995), pp. 363-374.

Kohler Alfred, Maximilian I., Tiroler Austellungen, Milano, Edizioni Charta, 1996

Bertoldi Massimo, Spettacoli reali e spettacoli di fantasia nella corte di Massimiliano I, in Lungo la via del Brennero. Viaggio nello spettacolo dal Tardo Medioevo al Rinascimento, Firenze, Le Lettere, 2007, pp. 80-99.