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Due partiti: è una grande idea?

Dellai reagisce al flop elettorale chiudendo la Margherita e dividendola in due: Partito Democratico e partito "territoriale".

L’esito elettorale del 13 aprile è arrivato come uno tsunami sulla politica trentina. Rinforzato dalla seconda ondata, la sconfitta a Roma di Rutelli, che sembrava immarcescibile. Ed ha stravolto le aspettative e i preparativi per le elezioni provinciali di ottobre.

Di colpo il centro-destra, attardato nelle solite manfrine e beghe interne per arrivare all’ultimo minuto con una candidatura debole, a sostenere uno scontro dato per perso, si è accorto di avere delle speranze concrete. Ragione per cui continuare con il tradizionale stucchevole copione (Malossini non ha sciolto ancora l’ultima riserva, An pone il veto, la Lega va da sola, l’Udc è spaccata...) sarebbe ora doppiamente insensato (vedi Malossini in mezzo al guado). E a questo punto è plausibile che si arrivi a una candidatura unitaria, innovativa e credibile.

Di converso, nel centro-sinistra le sicurezze di una facile vittoria si sono di molto intiepidite. Anzi, raffreddate; lo spettro di una possibile sconfitta ha iniziato ad aleggiare.

Ed ecco di colpo, concetti che prima parevano inattuali, "non consoni al Trentino" "non verrebbero capiti", sono diventati praticabili: Partito Democratico e primarie, che da noi sembrava dovessero essere banditi causa un rifiuto genetico dell’elettore trentino, sono all’improvviso all’ordine del giorno.

Quello che in effetti è successo è stato molto indicativo. In Friuli è stato sconfitto Illy, a Roma Rutelli, e sembrava che entrambi potessero dormire tra due guanciali, dopo lustri di continue vittorie. Perchè Dellai dovrebbe essere più tranquillo? Quando mille segnali, già da un paio di anni evidenziano un malessere diffuso verso un sistema di governo percepito, soprattutto nelle valli, come sistema di potere, arrogante e invasivo?

Certo, il voto provinciale non è quello nazionale, si obietta. Quando si deve votare per il consiglio provinciale, a contare non sono importantissime ma distanti opzioni sugli indirizzi della politica; a contare è il tuo rapporto con l’assessore, quello che ha dato i contributi, a te come albergatore o come presidente della filodrammatica.

Il punto è che questo schema sembra non reggere più. Il voto clientelare, base della Dc dei decenni d’oro e dei suoi attuali epigoni, oggi è diventato voto di scambio, ed esige di essere continuamente riconfermato. Con la Dc il favore clientelare si abbinava all’appartenenza, l’assessore e il cliente condividevano un partito e un orizzonte culturale; in quest’ottica sia il favore che il voto risultavano naturali e conseguenti. Svanita l’appartenenza, la clientela si è fatta più esigente: non esiste fedeltà, vuole essere ricompensata ad ogni turno elettorale. Se ho ricevuto il contributo nel 2002, ed ho votato nel 2003, perchè mai dovrei sentirmi legato nel 2008? Anche perchè non è che se presidente diventa Mario Malossini, lui il contributo me lo nega...

Di qui il timore che il collaudato sistema non basti più a garantire la vittoria.

A questa dinamica, i risultati elettorali ne hanno sovrapposta un’altra: il successo (per quanto relativo) del Partito Democratico, che anche in Trentino ha superato i risultati del 2006; e il parallelo flop del prototipo del partito territoriale, l’abborracciato "Insieme per le Autonomie" che, rifiutato di brutto dagli elettori di sinistra, ha perso due senatori su tre. Il centro-sinistra si è dimostrato una coperta troppo corta: tirato dalla parte degli autonomisti, lascia scoperta la sinistra.

E’ a questo punto che Lorenzo Dellai cambia rotta: Partito Democratico subito, come risultato di una estinzione della Margherita, con sua suddivisione tra il PD e il nuovo partito territoriale.

Ma Dellai non è Berlusconi, e non può sciogliere e fondare partiti dal predellino della macchina. Per questo il suo progetto ha trovato ostacoli, e a tutt’oggi non sappiamo l’esito del dibattito, intenso, che si è sviluppato nella Margherita e che dovrebbe trovare un esito in questi giorni (si spera).

La ratio dell’operazione è duplice: superare la Margherita, verso cui ormai c’è un certo malessere, ed agganciarsi al traino del PD; tenere assieme sinistra e centro, città e valli, duplicando gli strumenti, un partito per gli uni, uno per gli altri, ed entrambi alleati nel sostenere il candidato presidente, cioè lui.

L’operazione è tipicamente dellaiana: tutta genialmente giocata sull’invenzione di nuovi contenitori. Con tutta una serie di rischi: che non venga accettata dalla Margherita; o che venga stravolta, con un PD fatto solo (o prevalentemente) di DS e un partito territoriale solo di margheritini, e allora si sarebbe solo cambiato le etichette sulle porte; o infine, altro rischio, che i contenuti, snobbati, rientrino sotto la forma peggiore, quella degli interessi localistici: con il PD partito delle città e il territoriale partito delle valli, in competizione tra loro e quindi in contrapposizione.

Giorgio Casagranda, capogruppo della Margherita in Consiglio provinciale.

"Sono contrarissimo a questo tipo di soluzioni – ci dice Giorgio Casagranda, capogruppo della Margherita in consiglio provinciale – Dobbiamo arrivare a una separazione che sia consensuale, in maniera da non andare alle elezioni gli uni contro gli altri armati. E altrettanto negativa sarebbe una suddivisione territoriale il partito della città contro quello delle valli. Io non approverò nulla che vada in questo senso".

A noi sembra un crinale stretto: dividersi, non si capisce bene su quale base (più innovatori quelli del PD e più tradizionalisti quelli delle valli?) e poi competere senza litigare, non sarà facilissimo. Anche se la logica della legge elettorale - che prevede un premio di maggioranza di coalizione, che quindi verrà goduto solo se l’insieme della coalizione (e quindi dei due partiti) supererà il centro-destra – può aiutare a non farsi del male.

C’è poi l’altro aspetto critico: il PD che rischia di essere i Ds riverniciati. Per di più i Ds trentini di Cogo e Andreolli, da anni nulli sul piano politico, appiattiti su una gestione burocratica del piccolo potere di alleati deboli eppur fastidiosi. La geniale idea della Margherita di snobbare il PD ha permesso ad Andreolli e soci di apparirne i veri propugnatori; il che certo non costituisce uno sprone per i margheritini ad approdare al Pd invece che al partito territoriale. "Deve esserci una convincente partecipazione della Margherita nel Pd, che deve diventare la nostra nuova casa, pur assieme ad altri. Non dobbiamo apparirvi ospiti. Se poi il segretario del Pd provenisse dalla Margherita, questo esito verrebbe del tutto scongiurato – afferma Casagranda.

Luca Zeni, candidato segretario all’ultimo congresso della Margherita.

Il capogruppo intende tirare la volata a Luca Zeni. Il giovane, proposto da Dellai a segretario della Margherita all’ultimo congresso e (inopinatamente) sconfitto, in effetti in questi ultimi mesi si è molto speso perchè si arrivasse al Partito democratico, anche quando il suo ex padrino era molto freddo. Una sua candidatura avrebbe in effetti il sapore della novità, e promuoverebbe chi ha saputo muoversi con coerenza (in questi giorni ha raccolto per il PD 100 firme di margheritini, tra cui i parlamentari Molinari e De Torre, lo stesso Casagranda, i consiglieri Zorzi e Viganò ed altri ancora).

Ma d’altronde a sinistra ci sono altre candidature significative: il sindaco di Trento Alberto Pacher, largamente apprezzato (per la sua propensione al dialogo più che per i suoi – scarsi - meriti di amministratore) e Gianni Kessler, presidente dell’Associazione per il PD, che sul nuovo partito può vantare una sorta di prelazione, in quanto unica realtà politica che da mesi e mesi martella perchè il partito nasca anche in Trentino.

La soluzione dovrebbe essere semplice: il segretario lo decidono le primarie. Che dovrebbero decidere anche il candidato che correrà per la presidenza della Pat. "Sono assolutamente d’accordo" asserisce Casagranda.

Parlavamo dell’Associazione per il PD. Che dagli ultimi eventi è uscita vincitrice: sostenere la nascita del nuovo partito, avversare i pasticci territoriali, indicare le primarie come unico metodo democratico, si è rivelata non un’utopia, ma l’unica soluzione.

"Io credo che oggi il cittadino sia sensibile all’attuale carenza di democrazia – ci dice Emanuele Curzel, dell’Associazione – Si chiede che la propria presenza, la propria opinione, conti, sia significativa. In definitiva anche i gazebo della Lega rispondono, pur in maniera rozza, a questa richiesta. E non si può dare solo l’impressione, l’illusione, di rispondere, bisogna farlo nella sostanza. Altrimenti, se il candidato sindaco a Roma lo decidono Veltroni e Rutelli in un incontro a quattr’occhi, si vede come va a finire, la gente non ci sta. A noi non importa un bel niente di un Partito Democratico con la maiuscola, interessa un partito che sia democratico. E anche qui a Trento, non ci si può aspettare che il cittadino voti chiunque, proposto con i soliti giochini, solo perchè altrimenti arriva Malossini, o Divina".

L’Associazione per il PD si batterà duramente perchè si arrivi alle primarie, anche per scegliere il candidato presidente, quindi mettendo in discussione anche Dellai.

Il problema è forse che comunque si continua sempre a parlare delle scatole, dei contenitori della politica, mai dei contenuti.

"Il discorso sulla partecipazione, come metodologia per smantellare la casta, non è una mera scatola, è un contenuto – risponde Curzel – E così, anche sul modello di sviluppo per la città o per le valli: può essere deciso solo da una politica autorevole, che in quanto tale può essere indipendente dalle consolidate convenienze economico-finanziarie. Ma per essere autorevole, la politica deve essere partecipata".