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PD e Unione fra novità e nomenklatura

Il rinnovamento nei nuovi partiti del centrosinistra: forse ci provano davvero.

Nello scorso week end la politica trentina ha vissuto un’improvvisa accelerazione, con le primarie del Partito Democratico e la nascita dell’Unione per il Trentino, il nuovo Partito territoriale voluto da Dellai come mutazione della Margherita.

Diamo subito un primo giudizio positivo del duplice evento: svoltosi, pur con qualche vistosa ambiguità, all’insegna del rinnovamento. E il dato non è casuale. Proprio il fatto che a contendersi un analogo spazio elettorale siano due partiti (per quanto alleati), ha costretto entrambi a una prima competizione virtuosa, all’insegna della sburocratizzazione, per quanto ai primi passi.

Giovani alla manifestazione di lancio della nuova Unione per il Trentino.

Dunque, le primarie del PD, che hanno registrato un insperato afflusso, quasi 13.000 elettori. Che con il voto hanno ribadito cose ormai note, o che tali dovrebbero essere: esigenza di partecipazione, di superamento del distacco eletti/elettori, di rottura dei vetusti recinti ideologici. Guardando i nomi dei 64 eletti all’organismo costituente del nuovo partito non si possono non fare alcune considerazioni: la grande maggioranza è composta di persone non facilmente etichettabili, che si presume si affaccino alla politica con spirito non partigiano; tra gli etichettati, oltre agli ex-diessini di base ci sono molti ex-margheritini, a evidenziare che il PD potrà essere un mescolamento di culture e non l’ennesimo cambio di sigla degli ex-Pci. Il buon risultato dell’illustre sconosciuto Mattia Civico, opposto al popolare sindaco Pacher indica ancora una volta l’appeal dell’Associazione per il Partito Democratico, che in realtà organizzativamente è poca cosa, ma che evidentemente agita temi (trasparenza, rinnovamento antiburocratico) molto sentiti da una parte dell’elettorato; tra gli eletti, il notevole primo posto di Giovanni Kessler, particolarmente spesosi, con toni anche accesi, contro la burocrazia partitica.

Insomma, gli elettori hanno mandato un segnale chiarissimo. Come risponderà il nuovo segretario Pacher?

Noi non siamo tra gli estimatori del sindaco, che riteniamo, per il suo carattere troppo arrendevole, inadatto alle inevitabile asprezze della politica, e che già come coordinatore dei fantomatici Democratici per il Partito Democratico si è distinto per non aver fatto alcunché, lasciandosi scippare il ruolo dal (teoricamente) dimissionario ex-segretario diessino Remo Andreolli. Qui però Pacher non sarà solo, gli altri 64, Civico e Kessler in testa, spingeranno perché il partito funzioni, abbia iniziativa, personalità. E, si spera, anche contenuti, che a dire il vero, sono clamorosamente stati assenti nella campagna delle primarie.

A questa spinta innovativa non poteva non rispondere Dellai. Dopo settimane di equivoci e dichiarazioni contrastanti (stabilito che si facevano due partiti, sembrava che il suo fosse un ruolo super partes) si è schierato come leader del nuovo partito territoriale, battezzato Unione per il Trentino. L’UpT nasce come partito delle valli, per contrastare in loco l’avanzata del centro-destra e in esso confluisce la gran parte dei maggiorenti margheritini.

Era nelle cose una sua etichettatura come partito localista, arretrato, rappresentante degli interessi deboli, clientelari, insomma, il partito della magnadora. Ma a questa deriva Dellai ha voluto sottrarsi. Nel suo discorso di Baselga di Pinè, al varo del nuovo partito, ha insistito su concetti come responsabilità comune verso il Trentino (contrapposto al localismo paesano o valligiano) solidarietà sociale (opposta alle chiusure anti-immigrati, anti-welfare, anti-tasse) e soprattutto rivolto al futuro (opposto alla protezione ad ogni costo dei piccoli interessi consolidati). In particolare un vivace "non siamo e non saremo la lista dei notabili"; e dure parole contro l’intolleranza leghista (peraltro rincorsa una settimana prima, ma in mezzo c’è stata la sollevazione dell’opinione pubblica progressista: l’uomo è sempre più furbo che santo).

Belle parole si dirà. Cosa in cui il presidente è maestro. Oltre alle parole, però, ci sono i primi atti, in particolare la costituzione dell’organismo dirigente, detto Comitato provvisorio, fatto di 7 persone estranee alla nomenklatura, alcune con un pedigree di sinistra (Giuliano Beltrami e Emanuele Montibeller) per arrivare fino al conflitto di cariche (Mariana Paonessa, eletta anche nell’Assemblea costituente nazionale del PD).

Lo sforzo verso il rinnovamento insomma c’è. Al punto di porre la domanda opposta: dove sono finiti i notabili? Come reagiranno i vari Betta, Grisenti, Amistadi, che ora applaudono dalla platea, ma sembra difficile immaginare abbiano intenzione di cedere senza colpo ferire il bastone del comando?

Il problema si pone, pari pari, nel PD, dove i notabili, a iniziare dai diessini Cogo ed Andreolli, da questo processo sono stati sbalzati nel gruppone dei militanti. Che ruolo avranno l’Assemblea dei 64 e il Comitato Provvisorio? Saranno loro a decidere, o i soliti noti?

La nomenklatura diessina ci ha abituati in passato a primarie fasulle e simili pagliacciate. Speriamo che la storia non si ripeta. I 13.000 che han votato alle primarie e quelli che affollavano il tendone dell’UpT, non lo meritano e non lo sopporterebbero.