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La stima e l’affetto

Le giovani leve di QT ricordano Walter Micheli.

E’ difficile scrivere qualcosa per Walter. Noi "giovani di QT" lo avevamo conosciuto, chi più chi meno, solo negli ultimi due o tre anni. Eppure Walter ci era subito apparso un riferimento importante nella vita del giornale, fatta di scadenze e redazioni, e prezioso nei nostri singoli percorsi di persone che volevano capire meglio la realtà in cui vivevano, non solo e non necessariamente per poi scriverne.

Ci piaceva ascoltarlo parlare, la sua cultura robusta e le sue esperienze politiche e istituzionali non lo avevano reso supponente. Quando qualcuno di noi si lasciava scappare un giudizio affrettato, oppure mancava qualche passaggio importante nell’analizzare qualcosa, Walter cominciava a ricucire la fitta trama degli avvenimenti e delle persone. Mentre parlava capivi dove, secondo lui, il tuo ragionamento era coerente e rigoroso e dove invece fragile. Lì Walter proponeva di prendere in considerazione qualche altro fatto, di accostare qualche altra analisi. Lo faceva senza essere professorale, senza nessuna ombra di boria o compiacimento.

Il suo era prima di tutto rispetto, rispetto per te come suo interlocutore, e rispetto per la storia. Perché la Storia per Walter aveva sempre la "S" maiuscola, si stesse parlando di Cesare Battisti o dell’altro ieri.

Walter Micheli (a destra), presso Vipiteno, con Giancarlo Tomazzoni.

Lo ricordiamo proprio, qualche mese fa, stupefatto e quasi concitato, entrare in redazione agitando il libro di Quagliariello su Gaetano Salvemini. L’autore nel testo aveva sbagliato il nome di qualcuno, qualcuno che ora nemmeno ricordiamo, e Walter voleva metterci a parte dell’errore, chiederci come fare per segnalarlo in modo efficace. Non era perfezionismo il suo, era solamente – e dire solamente ci fa quasi sorridere – la necessità della verità. La verità storica, prima di tutto, ma anche morale, culturale.

In questi pochi anni, in una redazione che non sempre ha avuto questa attenzione, non lo abbiamo mai sentito attaccare personalmente qualcuno. I suoi ragionamenti non lo portavano mai a dire "il tale è" ma sempre e solo "il tale ha fatto", "ha detto". Non era certo ingenuo o buonista, Walter, e i suoi giudizi politici erano anzi anche molto duri (qualche tempo fa disse, di una figura politica di primo piano: "Fossimo quindici anni fa, queste cose le spiegherebbe da via Pilati"), eppure non slittava mai sul piano privato, mai uno sberleffo.

Noi abbiamo conosciuto Walter, chi più chi meno, solo negli ultimi due o tre anni. Eppure ora che non c’è più ci sembra che ad andarsene sia stato un nostro amico.

Ci mancheranno le sue riflessioni e ci mancherà il suo gesticolare che si faceva più animato man mano che più complesso diventava il ragionamento. Ci mancherà la sua semplice presenza, che da sola bastava a legittimare e rafforzare la realtà del nostro giornale anche quando questo veniva sminuito.

Walter era in redazione, con il proprio nome e il proprio sorriso: saperlo ci faceva pensare, anche nei momenti più faticosi o di scoramento, che le accuse di fare "spazzatura" o "pornografia" erano assurde. Ora dovremo dircelo da soli.