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QT n. 12, 14 giugno 2008 Monitor

“Preferirei di no”

All'interno dello stimolante contro-festival dell'Economia, la messa in scena, ad opera del circolo Wallenda del racconto di Herman Melville "Bartlbey lo scrivano", efficace esempio di messaggio anti-produttivista.

Michele Piccarda

Merita un po’ di spazio, dopo tanto parlare che s’è fatto del Festival dell’economia, anche il piccolo festival organizzato dal circolo Wallenda che ha per titolo "Preferirei di no". Un contro- anti- o para-festival messo in piedi per contrapporre altre ragioni, quelle dell’arte, della perdita di tempo, dell’ozio, alle logiche razionali e finalizzate allo scopo dell’economia.

Lo spunto tematico proviene da uno dei più bei racconti della storia della letteratura, "Bartlbey lo scrivano" di Herman Melville, la storia di uno scrivano che si rifiuta di svolgere i lavori che gli vengono assegnati dall’avvocato di Wall Street presso cui lavora. Ad ogni comando, Bartleby risponde: "Preferirei di no".

La prima serata del piccolo festival inizia proprio con una rappresentazione di "Bartleby lo scrivano", messo in scena da AriaTeatro e recitato da Denis Fontanari (l’avvocato), Christian Renzicchi (Turkey) e Alberto Dall’Abaco (Bartleby). Il racconto rifulge di luce propria, ed è ben accompagnato in scena dagli attori. Il malfamato parco della Predara, presso cui si svolgono tutti gli eventi serali, si dimostra un proscenio perfetto. Gli spettatori (una trentina) sono seduti sui gradoni. E i personaggi si muovono sulla scena sfruttando la coreografia esistente: il grande albero, i muri della guardiola, il portico. Quest’ultimo torna utile anche per ospitare il pubblico quando, a metà recita, inizia a piovere. Sotto l’acqua, lo spettacolo continua, un po’ accelerato, fino all’invocazione finale.

Le tre sere successive vantano un successo crescente di pubblico, merito probabile del passaparola. Concerti, dj set, vj set, birra, musica, quel che si dice socialità. Il parco risulta finalmente animato. Un angolo oscuro della città e del suo vivere civile viene riscoperto e vissuto come meriterebbe. Sono eventi, questi, che funzionano decisamente meglio delle ronde per allontanare spaccio e criminalità, permettendo alla popolazione di appropriarsi di uno spazio che è suo. Peccato che, rispetto alle ronde, tali manifestazioni non siano altrettanto silenziose, al punto da suscitare la protesta di qualche abitante. Protesta nemmeno del tutto illegittima; ma la brace ci sembra decisamente migliore della padella.

Oltre a questo intervento in un luogo marginale rispetto alla città e al suo festivalone, il circolo Wallenda è voluto intervenire anche sur place, nei luoghi santificati allo scoiattolo su sfondo arancione. Sei performer si spostavano con megafoni e carrelli della spesa per le piazze di Trento proponendo azioni e letture alternative (Bartleby e altro) alla dominante ideologia produttivistica. Particolare successo (al punto da finire intervistato al TGR) ha riscosso un oziante che, seduto sulla sua poltrona, invitava la gente a prendersela comoda, a poltrire con lui.

Il circolo Wallenda si conferma quindi una risorsa per la città. Una risorsa piccola ma capace di interventi e di relazioni intelligenti sul e con il territorio. Per chi ha la voglia di accorgersene e di andarli a cercare.

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