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I contorni della tragedia

Europei di calcio. Siamo usciti, d’accordo. Ma a testa alta o no?

Di positivo rimane il fatto che abbiamo finalmente imparato – atleti e spettatori - l’inno nazionale, e lo cantiamo. E’ ben vero che l’entusiasmo dei neofiti ci porta ad affrettare i tempi, anticipando la musica con le parole; ma l’effetto-eco che ne deriva non è sgradevole.

E poi sembra finalmente risolta la questione dello "stringiamci a coorte", ridicola espressione oggi priva di senso (se mai ne ebbe uno), che forse ad opera del ministro Calderoli (che si occupa di semplificazione burocratica) è stata definitivamente chiarita in "stringiamoci a corte", una specie di "aggiungi un posto a tavola", forse riferita ad una cena di lavoro in casa Berlusconi.

Inoltre, la sconfitta ha evitato i feriti e i vandalismi degli altrimenti inevitabili festeggiamenti.

Fin qui le buone notizie.

Poi c’è il resto, la tragedia dell’eliminazione. Sulla quale parrebbe esserci poco da discutere: formazioni discutibili, giocatori bolliti, senza fiato, gli altri più bravi (compresa la Francia, probabilmente, se non si fosse fatto male quel folletto di Ribéry).

Ma il vero dramma, ancorché grottesco, è stato quello dell’informazione: debordante, ossessiva, puerile, che si è pasciuta di continue interviste nulladicenti, di minuzie raccontate seriosamente ("Gli azzurri mangeranno una pastasciutta e una crostata...": niente secondo?), di dibattiti idioti ("Donadoni ha polemizzato con l’allenatore spagnolo, che aveva invitato i suoi a combattere fino alla morte"), di insignificanti scaramanzie, peraltro contraddittorie: da decenni non battevamo la Francia, ma neppure perdevamo dall’Olanda, e dalla Spagna, poi, addirittura da ottant’anni: quale contorto auspicio si poteva trarne per questo campionato europeo? E ancora la solita favola: che quando la nostra nazionale comincia male una manifestazione, è la volta buona che alla fine ne esce vittoriosa.

E poi siamo comunque campioni del mondo e dunque, di fronte ad una realtà sgradevole, si decide di non vedere, e questo soprattutto da parte di gente del mestiere, come i telecronisti e i loro compari, illustri ex giocatori.

Hanno cominciato alla disastrosa partita con l’Olanda, con un ottimismo durato tre quarti d’ora che le immagini smentivano impietosamente. Ed hanno continuato fino all’eliminazione, con Salvatore Bagni, già scudettato campione del Napoli, che seguitava a dire "Ci temono!", "Penso che sia la tattica giusta", "Lasciamogli spazio", "Bisogna avere pazienza", e questo mentre Cassano, già invocato come salvatore della patria, si ubriacava di inutili dribbling, e di continuo qualcuno dei nostri sparacchiava a casaccio da trenta metri verso il centro dell’area avversaria, illudendosi che il triste Toni, circondato da tre spagnoli, facesse chissà che, mentre il poveretto saltava per l’ennesima volta e per l’ennesima volta ricadeva per terra come una cicogna azzoppata, confidando nella concessione di un rigore.

Si sono impegnati, niente da dire, ma gli altri erano più bravi. E in ogni caso il calcio non è una disciplina scientifica ("il pallone è rotondo" – si diceva una volta), come hanno ampiamente dimostrato i semi-sconosciuti russi, che hanno strapazzato i tanto lodati olandesi correndo come delle furie. Ma siccome siamo campioni del mondo, i commentatori, soprattutto quelli televisivi, hanno dovuto trovare delle teste di turco su cui sfogare rabbia e amarezza.

"Uno scandalo! – ha tuonato uno stravolto Maurizio Mosca – Donadoni doveva far battere il quarto rigore da Del Piero!"

"E’ una vergogna – ha tardivamente commentato un furioso Aldo Biscardi – che la Federazione abbia scelto come allenatore della nazionale uno come Donadoni che era stato appena cacciato dal Livorno e non aveva nessuna esperienza!"

"Ma ha una bella faccia tosta – ha tuonato un altro – a dire che siamo usciti a testa alta!"

E poi, fra opinionisti tifosi del Milan e della Roma, si sono accapigliati: "Avete dato la colpa ai giocatori del Milan – dicevano i primi – ma anche col centrocampo della Roma le cose sono andate male".

"De Rossi è stato bravo" – replicavano gli altri.

"Sì, ha sbagliato un rigore..."

E insieme a deplorare la malasorte, dall’infortunio di Cannavaro alla squalifica di Andrea Pirlo. Il quale, come ha infinite volte ripetuto un telecronista, ha dei preziosi (e per noi misteriosi) "piedi caldi".