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In difesa del Difensore Civico / 2

Bruno Firmani

Nella giustizia amministrativa trentina qualcosa non va. Forse la Pubblica Amministrazione sarà anche una casa comune, ma ad averne le chiavi sono sempre gli stessi. Ai “condòmini-cittadini-contribuenti” non resta che protestare, ma lo fanno in pochi e non, come si crede, per una bassa tendenza alla litigiosità, bensì per una scarsa fiducia in una giustizia amministrativa anomala, gestita dal potere politico.

Con l’intenzione di dare spazio, anche nel delicato campo del rapporto cittadino-istituzioni, a forze politiche locali e di valorizzare l’autonomia, si accetta che venga messa in discussione la necessaria terzietà ed indipendenza dell’organo giudicante.

A fronte di un arretrato pari a zero del Tribunale di Giustizia Amministrativa, andrebbero indagati i numeri dei ricorsi straordinari al Capo dello Stato, tentati proprio per la scarsa fiducia in una istituzione che non appare imparziale, soprattutto a fronte dei costi elevati che richiede.

La capacità e l’indipendenza dell’attuale difensore civico hanno fatto esplodere il numero dei casi sottoposti al suo ufficio: molti cittadini hanno portato all’attenzione della dottoressa Borgonovo ciò che non potevano o non volevano sottoporre al Tribunale di Giustizia Amministrativa.

Cambiare le regole del gioco togliendo ai trentini la possibilità di ricorrere al difensore civico in caso di mancato accesso agli atti è un inaccettabile passo indietro verso una giustizia vecchia, che parte dal presupposto postfascista dell’infallibilità di un’amministrazione insieme attiva, consultiva e pure di controllo. Posizione, questa, che sembrava definitivamente superata in nome della trasparenza e della fiducia reciproca fra cittadini ed istituzioni pubbliche.

Se a ciò aggiungiamo la sterminata mole di competenze provinciali esclusive reali o presunte tali (come in tema di scuola e uffici amministrativi dei tribunali), ne esce un quadro sconfortante: cittadini, o meglio sudditi, prigionieri di una casa comune in cui i soliti noti hanno un potere illimitato, soffocante e pericoloso. Mentre la riforma del Titolo V porta al resto del Paese sussidiarietà e decentramento, il Trentino è strangolato da un potere autoreferenziale ed insaziabile.

Il difensore civico è istituito con legge provinciale, è vero, ma i riferimenti normativi sono europei. E non si può accettare che, mentre altre regioni ampliano i poteri del proprio “mediateur”, il piccolo Trentino, nonostante la sua tradizione e la sua autonomia, li ridimensioni, ritornando ad una sottospecie di ricorso gerarchico di antica memoria, vecchio e discutibile già all’epoca della costituzione dei T.A.R.
Ci auguriamo che le forze politiche realmente democratiche presenti in Giunta ed in Consiglio Provinciale ricordino che devono il loro potere ai cittadini i cui diritti si stanno gravemente e colpevolmente riducendo, ai limiti della legittimità costituzionale. Auspichiamo che le attività di controllo delle pubbliche istituzioni e la possibilità di intervento dei cittadini siano, semmai, rese più ampie ed incisive, a fronte di documentati malfunzionamenti della pubblica amministrazione.