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L’attentato/12 Nessuno è innocente

Antonio Marchi

"Il nemico siamo noi” è il titolo di un articolo che ho scritto una settimana dopo la strage delle torri gemelle. Oggi lo trovo parziale . Un altro titolo: “Nessuno è innocente” (volantino degli “anarchici”), cioè tutti colpevoli, mi sembra più azzeccato.

C’è un gran dibattito tra noi su cosa è successo, chi sono le vittime e chi i carnefici. Chi difende “l’uno” e chi difende “l’altro”. Le due ragioni si scontrano e si contendono il mondo.

Come affrontare il domani se l’oggi ci appare ormai inadeguato e fragile, ingiusto e per questo violento? Non certo facendo la guerra a qualche popolo per stanare il colpevole o i colpevoli, non certo limitando le libertà civili e democratiche, non certo approfittandone per saldare i conti con il movimento della contestazione del dopo Genova. Si potrebbe dire che il terrore ci ha reso più umani, consapevoli delle nostre fragilità, delle nostre vacuità, dei nostri privilegi, delle nostre incompiute analisi, dei nostri pregiudizi e di quanta strada bisogna fare per conciliarci con il mondo derelitto e represso. Mi riesce difficile ragionare “contro” qualcuno, nonostante il dramma che ha colpito uomini, donne, bambini, nostri simili, ai quali nessun risarcimento e nessun bombardamento potrà restituire quello che gli è stato tolto: la vita dei loro cari.

Non capisco dove risieda il pericolo: nell’esplosivo mondo orientale o nel pacifico mondo occidentale?

Chi ha armato la mano che ha provocato stragi di civili in varie parti del mondo (ieri sconosciute) se non l’occidente? Di chi era alleato Saddam quando bombardava i Kurdi con armi chimiche facendo in un solo istante cinquemila morti? Dell’Occidente! Di chi era alleato il ricercato Bin Laden? E l’UCK e lo stesso Milosevic (oggi sotto processo)? Dell’Occidente! Chi produce armi chimiche, chi compera droga, chi fa affari sporchi con la mafia per combattere avversari politici (Falcone è stato ammazzato e con lui la sua scorta perché metteva in pericolo la sopravvivenza di legami tra mafia e politica)? E potrei continuare. Allora è difficile sostenere la difesa della nostra civiltà libera e democratica minacciata con la pretesa di esportarla ad altri senza cadere nel ridicolo. Questa posizione lasciamola a Berlusconi e a chi sa cosa perde.

Ma sappiamo che è propaganda politica nella strenua difesa di privilegi ottenuti sulla pelle del prossimo e che noi ignavi consolidiamo ogni qualvolta scambiamo il nostro modesto vivere con il loro; ma non possiamo pensare che sia vera e credibile. E’ motivata dalla nostra ignoranza e impreparazione a vivere con altri modi di vivere.

Cosa vuol dire “quello che ho, l’ho ottenuto con il mio sudore, il mio lavoro, l’ho ereditato dai miei padri, nonni ecc.ecc.”? Non hai mai pensato come saresti se fossi nato altrove, avessi la pelle nera o gialla, nell’infanzia invece del letto, del latte, delle premure di una madre, di una casa, avessi avuto un giaciglio di paglia, tanta sporcizia, qualche pugno di riso come cibo giornaliero e tanta,tanta fame? La crescita fatta di stenti, violenza e paura, il vedere ogni giorno la morte dei tuoi simili e poi, preso dalla disperazione, la fuga dal tuo paese per un avvenire più libero in un qualsiasi posto dell’Occidente, per scoprire che la tua vita vale pochissimo a confronto con quella degli altri...

Mi domando se può durare così, se è giusto che continui così e per darmi una speranza, una ragione di vita, non bastano ribellione e rabbia, perché la sofferenza oltre un certo limite non è più sopportabile. E allora si può essere indifferenti anche verso la sofferenza degli altri, perché l’ho gia provata, e addirittura simpatizzare verso chi ha dato la morte, perché l’ho gia vista. Fino a che gli “altri” non si accorgeranno che anche io esisto come loro.

“Niente sarà come prima” - tutti dicono, ma se c’è un prima e un dopo quell’11 settembre che rende più fragile e insicuro il nostro domani di occidentali , c’è un “sempre stato” di privilegi e potere che deve essere combattuto se non vogliamo rassegnarci alla paura perpetua che qualche nemico bussi alla nostra porta.