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QT n. 10, 16 maggio 1998 Documenti

Biotopi, quando, come e perché

Claudio Ferrari

Con la legge provinciale n. 14 del 23 giugno 1986, la Provincia di Trento ha dato avvio ad un programma di interventi mirati a tutelare e a valorizzare alcuni minuti lembi del suo territorio, denominati biotopi.

Essi hanno lo scopo di mantenere nel tessuto territoriale particolari ambienti e paesaggi altrimenti destinati a degradarsi progressivamente fino ad essere completamente trasformati; in molti casi ospitano elementi di spicco della flora, della fauna e della vegetazione che, senza una protezione diretta, sarebbero destinati a scomparire.

Gli obiettivi stabiliti dalla legge sono anzitutto la tutela - dell'avifauna acquatica e delle specie botaniche ormai rare e delle loro associazioni - e la valorizzazione del territorio attraverso il ripristino naturalistico e la creazione di infrastrutture che servano all'educazione ambientale e alla divulgazione pratica dell'ecologia.

Il Piano Urbanistico Provinciale del 1987 ha individuato cartograficamente 68 biotopi di interesse primario, definiti di interesse provinciale, per una superficie complessiva di circa 3000 ettari, corrispondente allo 0,5% del territorio provinciale, 38 dei quali oggi sono formalmente istituiti con delibera della Giunta provinciale. A questi si è aggiunta l'indicazione di altre 219 aree - corrispondenti a biotopi di interesse secondario - la cui gestione è stata affidata in un primo momento ai Comprensori e successivamente ai Comuni.

Come abbiamo visto, si tratta di aree di modesta estensione: la maggior parte interessa una superficie inferiore ai 25 ettari, solo alcuni superano i 100 ettari.

Anziché rappresentare un limite, le modeste dimensioni si sono rilevate un punto di forza. A questo proposito merita citare un'osservazione del prof. Franco Viola, che è stato membro di una Commissione scientifica istituita dalla Provincia sul finire degli anni '80 per studiare i biotopi ed elaborarne una strategia di valorizzazione: "Proprio nella loro piccolezza sta gran parte della loro forza, poiché con modesto impegno l'Amministrazione può dare buone indicazioni di efficienza e di presenza attiva, e non repressiva sul territorio. I lavori che possono essere subito programmati ed affidati in sede locale, costituiscono sicuramente un segnale fané che il biotopo è lavoro, e non impedimento al lavoro. La Provincia tutela la sua terra, ma non ne impedisce il godimento. Conservare non significa immobilità, ma attenta e cosciente gestione."

La citazione termina con un'affermazione fondamentale: il nodo è proprio riuscire a sviluppare una forma di gestione attenta e cosciente. E aggiungerei: laica, paziente e coerente.

In questo campo, infatti, credo sia opportuno mettere da parte ogni ideologia, impiegando buone dosi di pragmatismo e di dubbio; inoltre, occorre lavorare pazientemente, in più direzioni e per piccoli passi, senza attendersi risultati immediati, nella consapevolezza che, alla fine, il lavoro "paga". Infine, come ha osservato il prof. Ferrara nel Piano di Parco Adamello-Brenta, i "compromessi non sempre sono possibili, perché o si persegue la distruzione e/o il consumo irreversibile delle risorse, o si persegue la loro conservazione".

Per quanto riguarda l'istituzione dei biotopi, l'attività più incisiva è stata senz'altro quella che, tra il 1987 e il '94, ha portato alla creazione, con delibera della Giunta provinciale, di 38 dei 68 biotopi individuati dal Piano Urbanistico.

Di questi 38, ben 29 sono quelli situati ad una quota inferiore ai 1000 metri, e questo dato significa che sono stati istituiti i biotopi più "difficili", quelli ad alto tasso di problematicità, posto che a queste quote si sono presentate spesso interferenze con la proprietà privata e con un'agricoltura di tipo intensivo. Ma proprio per questo - perché più pressanti gli interessi economici in gioco, maggiori i rischi di manomissione e più urgenti gli interventi di rinaturalizzazione - si è cominciato da qui.

Anche a questa ragione si riconducono le forti polemiche che hanno accompagnato gli iter istitutivi, alimentate dalle componenti sociali che di volta in volta si sentivano maggiormente penalizzate, ed in particolare il mondo agricolo.

Eppure non si può affermare che i biotopi abbiano mai costituito un serio ostacolo all'agricoltura: i numeri (la superficie agricola ricompensata nei biotopi) e i vincoli parlano chiaro. Possiamo quindi sdrammatizzare l'affermazione secondo la quale i biotopi rappresenterebbero un freno allo sviluppo del settore.

Peraltro, non ci si è mai nascosto il diverso impatto del fenomeno nella scala delle piccole comunità valligiane e, ancor più, delle singole aziende, condividendo la sacrosanta obiezione che se la conservazione di questi territori va a beneficio della collettività, deve essere la stessa collettività, e non il privato cittadino, a farsi carico dei relativi oneri.

Sul finire degli anni Ottanta la Provincia ha istituito una specifica Commissione scientifica, composta da autorevoli rappresentanti del mondo accademico e scientifico nazionale e locale, con il duplice compito di definire il metodo più adatto per rilevare e valutare i pregi ambientali dei biotopi e di procedere, successivamente agli studi e all'elaborazione di una pianificazione ecologica di ciascun territorio tutelato, applicando strategie di potenziamento dei valori naturalistici presenti senza con ciò escludere a priori la possibilità di usi e di fruizioni compatibili con la tutela, capaci anche di ricadute economiche.