Comunità di valle? Meglio accorpare i comuni.
Scrivevo nel 2007: “Le nostre valli, a parer mio, sono in grande difficoltà a causa della frantumazione in piccoli comuni. Al tempo nostro in cui le decisioni devono essere rapide, in cui il fornire servizi sociali è uno dei grandi compiti della politica, in cui i servizi di istruzione e di cultura, di sport non dovrebbero essere visti in ragione di campanile, non è sostenibile l’attuale frammentazione, è indispensabile agire su basi di popolazione oltre i cinquecento abitanti.”
Per ovviare a ciò, stranamente, la nostra Provincia non incoraggia le fusioni e a parer mio, senza esplicitamente dirlo, le boicotta con le nuove “comunità di valle” di dimensioni ancora minori degli ex comprensori.
Mi spiego. Può anche darsi che accentrando molti compiti e servizi dei comuni, prendendosi a carico la viabilità interna e altre buone intenzioni, si arrivi a fare qualche risparmio. In questo modo però si svuota di contenuto il significato del comune, specie di quelli sotto i mille abitanti, ai quali resta in pratica solo la gestione dell’anagrafe (forse) e del PRG. La gestione del PRG è una causa di cattiva politica locale e provinciale. Per rendersi conto di ciò basta avere letto quanto succede in questi giorni a Coredo (campo di motocross), a Vervò (campo di volo) e a Tres (richiesta di dimissione del sindaco), punte di un iceberg che molti potrebbero integrare con esperienze proprie. Questa situazione di comuni sottodimensionati più che creare comunità coese determina lacerazioni diffuse, ma i cittadini si adattano perché non si sa mai: si potrebbe aver bisogno e allora...
Fortunatamente ci sono delle reazioni che fanno ben sperare. Leggo oggi che, se le Provincia non mette dei pali fra le ruote, i comuni dell’alta val di Non sono determinati a fondersi. Fermenti simili ci sono anche altrove, frenati dalla prospettiva dei servizi accorpati della comunità di valle. Per gestire poi servizi generali all’interno di pochi grandi comuni in valle, avremmo un’assemblea della Comunità della Valle di Non molto smagrita rispetto ai più di 90 componenti attuali.
Ho l’impressione che alcune forze politiche nella loro azione siano restate al moto “divide et impera”, avanzando esigenze di razionalizzazione e allargando di numero, di compensi e di mandati i rappresentanti del popolo, al centro e in periferia.
Chissà che non ci sia qualche ripensamento, me lo auguro.