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Pesticidi: tutto bene?

Francesco Borzaga

La scorsa settimana ha avuto luogo a Taio il tradizionale convegno sulla frutticoltura, organizzato da Cassa Rurale Anaunia e Apot. Erano presenti Melinda, centinaia di produttori, l’assessore altoatesino Arnold Schurer e pure quello trentino all’Agricoltura Michele Dallapiccola. Nell’occasione è stato fra l’altro affrontato il tema della salute. Per quanto posso capire la risposta è stata, come prevedibile, tranquillizzante e auto-assolutoria. Pare che in Trentino si realizzi addirittura il 350% in più di controlli rispetto al dato nazionale. Lo stato delle acque risulterebbe qualitativamente positivo quanto a salubrità e alta la presenza di insetti e rapaci nelle zone frutticole.

Benché organizzata dai produttori, la presenza degli assessori e dei responsabili politici conferisce alla manifestazione un carattere di ufficialità. Per questo, essendomi occupato a più riprese della frutticoltura industriale nonesa, e dei suoi problemi, voglio ribadire la mia convinzione che alle domande poste da più parti nel corso degli anni su questo tema, non sia ancora giunta una risposta soddisfacente.

Il tipo di agricoltura praticata, intensiva, monoculturale e basata sulla chimica, esige un alto numero di trattamenti. Secondo quanto riferitomi, nel 2013 l’Istituto Agrario di San Michele ne avrebbe prescritto una cinquantina. A quale quantità di pesticidi (o fitofarmaci, se il suono risulta più grato) corrispondono tali trattamenti? Penso possa trattarsi di diversi quintali. È inevitabile che una notevole parte di essi si sia depositata nel suolo, per poi raggiungere le falde. È credibile che le acque nonese, che poi scendono a valle, siano così salubri? L’inquinamento del rio Ribosc, venuto alla luce nell’agosto scorso, sembrerebbe indicare il contrario.

Oltre che nel suolo e nelle acque, i pesticidi si diffondono nell’aria e di lì nelle case, nelle scuole, negli asili: le ricerche effettuate, a titolo privato e a proprie spese, dal bravissimo Comitato per il diritto alla salute, parlano chiaro. Tuttavia le misure adottate per prevenire il pericolo appaiono parziali e frammentarie. Qualche comune dell’alta valle, in prima fila Malosco, si è impegnato, sfidando opposizioni e ricorsi; altrove l’andazzo continua invariato.

La melicoltura industriale, con la sua monotona distesa di piante deformi, distrugge il paesaggio e impedisce ogni forma di turismo e di economia alternativa. Certamente l’assessore Dallapiccola non ha notato le funeree lenzuolate di teli bianche che ricoprono la vallata, pur visibili da qualunque punto di osservazione, che rendono sgradevole il paesaggio noneso. Una volta la valle appariva fra le più belle del Trentino: oggi il confronto fa spavento.

Non a caso la melicoltura industriale incontra forte opposizione nell’alta valle, dove la difesa dei “pradiei” e della bella piana attorno a Romeno, Cavareno e Sarnonico ha coagulato un notevole numero di appassionati. Temo però che di fronte allo strapotere economico e agli appoggi politici ad essi contrapposti questa resistenza sia destinata a cedere.

La partecipazione dell’assessore Dallapiccola ai convegni di Melinda si fa leggere una volta ancora quale sostegno della Provincia a una pratica agricola sbagliata e alla lunga insostenibile.

Non dalla sola questione dei vitalizi deriva il discredito che investe anche la classe politica trentina, nonché la struttura amministrativa che ad essa fa capo. Fondamentale resta la sua abilità nel non affrontare i problemi. Esemplari sono gli episodi dell’acciaieria di Borgo e delle discariche abusive venute alla luce non per merito provinciale. Casi del genere lasciano il segno. Anche il tema dell’agricoltura industriale e dei suoi risvolti è politico e non fa capo ai piccoli comuni nonesi, ma alla potente Provincia Autonoma. Ancora nel febbraio 2010 il WWF del Trentino, di cui ero allora presidente, inviò a Dellai la richiesta di interventi di riordino e disciplina sull’uso dei pesticidi, elencando alcuni modesti ma concreti provvedimenti: siepi di di protezione, rinaturalizzazione di corsi d’acqua, impianto di un certo numero di piante da frutto di alto fusto per interrompere la monotonia. Naturalmente Dellai, perso nei suoi sogni imperiali, non diede alcuna risposta. Da allora i problemi persistono e si aggravano. È troppo chiedere che la Provincia si faccia finalmente carico delle sue responsabilità?

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