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QT n. 5, maggio 2014 Servizi

Fecondazione eterologa, non solo un divieto caduto

L’incostituzionalità del divieto cambia la prospettiva etica di una legge arretrata. Ora però bisogna andare oltre.

Fin dalla sua approvazione nel 2004, la legge n.40 che disciplina in Italia la procreazione medicalmente assistita (PMA), ha suscitato forti proteste per alcuni passaggi ritenuti troppo vincolanti e arretrati rispetto a una materia in forte evoluzione. Il testo infatti contempla una serie di disposizioni tanto lunga e minuta e quindi rigida, da non permettere ad alcuna autorità di decidere sui singoli casi, in realtà sempre molto diversificati.

Già nel 2009 furono dichiarati incostituzionali gli articoli che obbligavano la donna “ad un unico e contemporaneo impianto (di embrioni), comunque non superiore a tre”. Tale restrizione, contrastando i principi di uguaglianza e i diritti che tutelano la salute della donna (Art. 3 e 32 della Costituzione), riservava lo stesso trattamento anche in presenza di situazioni molto diverse.

E ora - 9 aprile 2014 - sono stati dichiarati incostituzionali gli articoli 4.1 e 12.1 relativi al divieto di fecondazione eterologa (vedi scheda). A differenza della prima, questa sentenza non rappresenta solo una correzione del testo normativo, ma segna una svolta importante soprattutto da un punto di vista etico. Ma ancora rimangono molte le disposizioni “delicate” in termini di coerenza.

Uno sguardo alla legge n.40

Se si considera la sentenza n.27 del 1975 secondo cui “non esiste equivalenza fra diritto non solo alla vita ma anche alla propria salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare”, è facile notare alcune incompatibilità già dal primo articolo delle legge 40 che “assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti”. Una tutela del nascituro così concepita, infatti, lo pone in una condizione prevalente rispetto alla madre, per la quale, ad esempio, vige il divieto di revoca della volontà all’intervento dopo il momento della fecondazione (art 6.3). In altre parole, dal momento che l’ovulo viene fecondato in laboratorio, la donna non può più rifiutare il suo impianto, cosa che va contro ogni logica oltre che al “rispetto della persona umana” garantito dalla Costituzione. Che la legge 40 non sia l’espressione del pluralismo etico, ma il risultato di una scelta unilaterale, risulta chiaro. Lo spirito della legge ha come primo obiettivo la tutela dell’embrione fin dal momento del concepimento e privilegia l’impianto ideologico rispetto alla coerenza dell’insieme delle normative. Rimane tuttavia aperto un dilemma: come considerare da un punto di vista giuridico un individuo non ancora nato e quale tutela garantirgli, pur non essendo ancora pienamente persona?

Altri problemi irrisolti

La legge limita poi la fecondazione assistita alle coppie eterosessuali in età fertile coniugate o conviventi. Per dare un’idea, in Austria, Germania, Canada, Francia, Svezia e Danimarca basta avere una relazione stabile, mentre in altri Stati come Spagna, Olanda, Regno Unito e Belgio non si pone nessun requisito di coppia. L’Italia, poi, è l’unico Paese in cui vige il divieto di crioconservazione degli embrioni (art.14.1) e, insieme all’Austria, l’unico che limita la fecondazione assistita ai casi di sterilità, senza eccezioni (non per chi, per esempio, è affetto da malattie genetiche). L’art. 13 nega poi la possibilità di diagnosi pre-impianto, impedendo così l’accertamento che il disturbo genetico, per cui si è ricorsi alla fecondazione assistita, possa o meno verificarsi nel nascituro. Nel 2011 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condannò l’Italia a un risarcimento della coppia, portatrice di fibrosi cistica, per il negato accesso alla diagnosi.

Uno dei punti più spinosi della legge rimaneva il divieto della fecondazione eterologa, già posto a giudizio della popolazione nel referendum del 2005, dove si proponeva la sua abrogazione e conclusosi con il non raggiungimento del quorum.

Fecondazione eterologa

Il divieto alla fecondazione eterologa (art. 4.3) negava la possibilità di ricorrere a spermatozoi o a ovuli provenienti da persone estranee alla coppia. “Per esprimere un parere sulla sentenza della Corte bisognerà aspettare la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, probabilmente tra una decina di giorni. - precisa Marta Tomasi, dottore di ricerca in Studi Giuridici Comparati ed Europei all’Università di Trento - Alcuni punti fermi, però, già si possono individuare. In primo luogo, la pronuncia porrà fine al fenomeno definito come ‘turismo procreativo’”. Ogni anno, migliaia di coppie (circa 4.000 secondo alcuni studi) intraprendono un ‘viaggio della speranza’ alla ricerca di un figlio da generare in provetta dirigendosi principalmente in Spagna, Grecia o Gran Bretagna, dove le legislazioni sono più permissive. A partire sono solo le coppie che, dato l’ingente investimento (una decina di migliaia di euro), se lo possono permettere andando incontro così a problemi di costi, di disuguaglianze nell’accesso alle tecniche e, nei casi più gravi, a rischi connessi all’applicazione di trattamenti in Paesi dove regole e controlli sono carenti o incerti.

In termini di disuguaglianze poi, la legge 40 presentava un aspetto paradossale. Il divieto alla fecondazione eterologa impediva infatti l’accesso alle tecniche nel caso in cui uno dei due partner non fosse in grado di produrre gameti. Per accedere al trattamento, perciò, bisognava essere solo in parte e non completamente infertili, facendo sì che “proprio le coppie che presentano un quadro clinico più grave sono quelle escluse” (Tribunale di Catania, ord. n. 34, 21 ottobre 2010). Questo concetto si poneva in contrasto col principio di uguaglianza, consentendo l’accesso al trattamento in base al grado dell’infermità della persona.

“È poi da escludere che la sentenza della Corte lasci la strada aperta a quello che in molti casi è stato definito come ‘Far West procreativo’.- continua Marta Tomasi - Nel testo della legge 40 si possono individuare indicazioni di notevole rilevanza pratica, come i limiti posti all’accesso alle tecniche di PMA e il divieto di commercializzazione dei gameti. A queste regole si aggiungono poi quelle previste dai decreti legislativi”.

Non solo la fine di un divieto

Come detto sopra, però, questa sentenza non può essere commentata solo attraverso l’analisi della legge e delle formule giuridiche. Non si tratta infatti solo di un’abolizione di un divieto, ma di un cambiamento etico della legge che fin da subito ha diviso l’opinione pubblica così come i giudici della Corte Costituzionale (la votazione è stata di 8 a 7).

Il mutamento principale coinvolge la libertà di scelta dei cittadini. Per alcuni cade finalmente un incomprensibile divario tra il senso morale della società (inteso come generale disposizione della coscienza collettiva) e alcune norme giuridiche in parte suggerite da una morale religiosa rigida e distante dal comune sentire, anche di molti praticanti. Altri invece, come Famiglia Cristiana e Eugenia Roccella (Ncd), lo considerano come “l’ultima follia italiana”, che si apre alla “fecondazione selvaggia” con “una deriva molto pericolosa: la caduta del diritto di ogni nato a crescere con i genitori naturali”. “Garantire alle coppie la possibilità di superare problemi di infertilità, ai quali dovrebbe essere assimilato il rischio di trasmettere ai figli gravi patologie - sostiene invece Marta Tomasi - non pare automaticamente una violazione dei diritti del nascituro, soprattutto a fronte di regole specificamente rivolte alla protezione di quest’ultimo”. Di certo con questa sentenza viene eliminata la discriminazione nei confronti delle coppie completamente sterili.

Un po’ meno certo invece è quello che i cittadini italiani pensano riguardo a una faccenda di bioetica così delicata, definita da Paolo Zatti, professore emerito di diritto privato all’Università di Padova, come “un territorio senza mappa, nel quale non sappiamo dire a noi stessi la nostra esperienza”.

In questo senso pare strana la coincidenza con la quale la notizia relativa allo scambio di embrioni avvenuto all’ospedale “Sandro Pertini” di Roma abbia accompagnato la sentenza della Corte. È importante però che si affrontino questi argomenti con animo sgombro da preoccupazioni o paure assurde. Rimangono infatti irrisolti importanti problemi etici e giuridici: la questione relativa all’anonimato del donatore e al diritto del nascituro di conoscere le proprie origini biologiche; la pluralità delle figure genitoriali vista sia da un piano psicologico che giuridico; l’accesso alle coppie omosessuali e ai single; la fecondazione post-mortem e i problemi relativi alla donazione dei gameti. Tutti questi aspetti si possono affrontare solo se cambia radicalmente il modo di discutere.

Quella avvenuta in questi dieci anni infatti è stata una battaglia combattuta prettamente sul piano ideologico piuttosto che su quello delle argomentazioni. Ciò ha generato l’inasprimento delle due opposte fazioni, tale da rendere difficile, se non impossibile, un dialogo costruttivo. Se si considerano le parole di Zagrebelsky, dove afferma che “non occorre la coerenza, basta la non contraddizione; non occorre la conformità, basta la compatibilità”, il dialogo appare l’unico strumento possibile per giungere ad una legge che, da una parte, non contraddica i principi fondamentali (e laici) dell’ordinamento e, dall’altra, sia compatibile con la morale individuale.

Come funziona

La Procreazione medicalmente assistita (PMA) indica una serie di trattamenti che permettono la fecondazione della cellula uovo femminile (ovocita) da parte di spermatozoi maschili. Queste procedure vengono attuate laddove il processo riproduttivo non possa riuscire in maniera naturale, sia per problemi maschili (produzione di pochi spermatozoi) che femminili (danneggiamento delle tube). Si parla di “fecondazione assistita omologa” quando vengono impiegati spermatozoi del partner. La “fecondazione assistita eterologa” invece consiste nell’utilizzo di spermatozoi non appartenenti al partner, prelevati, ad esempio, da una “banca del seme”. Esistono varie tecniche di riproduzione assistita, quali l’inseminazione Intrauterina Semplice, introducendo il seme maschile nella cavità uterina monitorando l’ovulazione della donna; la IVF (in vitro fertilization), dove avviene il prelievo degli ovociti e spermatozoi con la conseguente fecondazione in vitro, sviluppo e successivo trasferimento degli embrioni nell’utero, e la ICSI (iniezione intracitoplasmatica di un singolo spermatozoo) in cui viene iniettato un solo spermatozoo all’interno del citoplasma della cellula.