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Il sospetto e la vergogna

Il caso di Elio Sommavilla, la sua grandiosa opera in Somalia, la diffamazione dei Servizi Segreti, il vergognoso infortunio di Repubblica

Elio Sommavilla

“È già successo a quattro dei nostri collaboratori, essere rapiti e uccisi. Alla mia età e con la mia storia, morire per una pallottola può essere una fine accettabile. Non lo è invece, a 87 anni, essere infangati da una calunnia”.

Con queste parole Elio Sommavilla ci sintetizza il suo attuale stato d’animo. Trentino, prete, geologo, docente all’università di Ferrara, dal 1976 opera in Somalia, dove l’associazione da lui creata, Water for Life, ha cambiato un’intera regione. Decine di migliaia sono i giovani che si istruiscono nelle scuole da lui create, centinaia di migliaia i contadini che hanno il vitale accesso all’acqua grazie alle strutture di Water for Life. E centinaia sono i volontari che, in Trentino e nel resto d’Italia, sostengono la sua, benemerita, associazione.

Sommavilla non vive il sereno autunno del patriarca: non può, europeo e per di più prete, restare nella Somalia di oggi, devastata dall’estremismo islamico; eppure dal Kenia, a Nairobi dove lo raggiungiamo telefonicamente, riesce ugualmente ad operare: “Se pur con difficoltà, l’attività continua. Grazie a una scelta che si è rivelata preveggente, avevamo accolto e cresciuto i bambini rimasti orfani nella guerra civile del ‘91-’92; ora, da adulti, sono diventati la colonna della nostra attività, gestendo la Ong locale ‘Ayuub’ non più solo come partner di Water for Life, ma anche di Unicef e Fao, dalle quali sono molto apprezzati”.

Una bella storia insomma: è un vero successo quando la cooperazione non genera dipendenza, ma autonomia. “Certo, l’obiettivo era fin dall’inizio rendere le comunità locali autonome, dando la lenza al posto del pesce, anzi, meglio ancora, la capacità di costruirla. È un obiettivo che non tutte le associazioni riescono a raggiungere”.

Tutto questo è stato ora sfregiato. Un articolo su Repubblica del 24 maggio riprende un’informativa di uno dei servizi segreti, il Sisde (subito smentita dall’altro, il Sismi), in cui si indica Elio Sommavilla tra i possibili “mandanti o mediatori tra mandanti ed esecutori” dell’assassinio, nel marzo ‘94, della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Mirian Hrovatin, allo scopo di “impedire la diffusione di informazioni su traffici internazionali di armi e stupefacenti (??) e di rifiuti tossici con le navi della Cooperazione italiana”. La notizia fa accapponare la pelle. L’omicidio di Ilaria Alpi è uno dei buchi neri della storia italiana, e l’articolo di Repubblica è a firma di Daniele Mastrogiacomo, alcuni anni fa rapito dai Talebani, una delle firme prestigiose del giornalismo italiano d’inchiesta.

Su Sommavilla quindi aleggia subito l’ombra di un sospetto semplicemente infamante. Solo che l’articolo di Repubblica, con buona pace di Mastrogiacomo, è un’autentica bufala o, volendo essere generosi, un infortunio.

Daniele Mastrostefano, all’indomani della liberazione dai Talebani

Mastrogiacomo infatti fa risalire la sua scoperta alla desecretazione di documenti riservati decretata dalla presidente Boldrini. Solo che tutta la storia era già nota, e chiarita in documenti ufficiali, anzi ufficialissimi. È la stessa Commissione parlamentare d’Inchiesta sul caso Alpi infatti, sentito come teste Sommavilla e fatte le indagini del caso, a concludere: “Hanno riferito in Commissione sia il Sost. Proc. dott. Franco Ionta della Procura della Repubblica di Roma (in data 25 febbraio 2004) che il dott. Lamberto Giannini della Digos di Roma (in data 23 settembre e 13 ottobre 2004), sostanzialmente evidenziando la mancanza assoluta di riscontri alle accuse rivolte dalle fonti Sisde e Digos Udine”. Insomma, Commissione parlamentare, Procura di Roma e Digos, concordemente escludono, nel 2004, che l’informativa del Sisde possa avere un qualche fondamento. Il presidente, nella riunione finale, la definisce “una assurdità assoluta”.

Non solo. “Sono stati proprio gli inquirenti - ci dice Sommavilla - a suggerirmi di presentare denuncia per calunnia contro ignoti. In questo modo potevano indagare per cercare la fonte dell’informativa e da lì cercare di risalire ai veri mandanti dell’omicidio. Hanno tentato e ritentato di risalire a un nome, rivolgendosi anche all’allora presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi, ahinoi, n.d.r.) e non è venuto fuori niente, i Servizi segreti si sono rifiutati di rivelare i loro informatori”. E questo infatti confermano i documenti ufficiali della Commissione parlamentare: “Le indagini non hanno tuttavia consentito di addivenire all’individuazione degli autori del reato di calunnia, poiché il Sisde non ha mai permesso di conoscere il nominativo della propria fonte, dalla quale erano scaturite le informazioni”.

Quello di Mastrogiacomo è quindi, con tutta evidenza, un autentico, grossolano infortunio. Contro l’informativa dei Servizi non c’è solo la voce di un prete benemerito e quella di centinaia di persone che dall’Africa, dal Trentino, dal mondo universitario, da quello della cooperazione internazionale, sono sorte in sua difesa; ci sono gli atti ufficiali, le concordi conclusioni di magistrati, di investigatori, di parlamentari.

A Mastrogiacomo e Repubblica è stata inviata tutta la documentazione del caso. Il giornalista è stato anche personalmente contattato da Water for Life, ma ad oltre un mese dopo la pubblicazione dell’articolo, non c’è stata una riga di scuse.

Il che francamente mi sconcerta. Non tanto per la mia persona - afferma Sommavilla - ma per l’associazione. Questi dubbi possono frenare non solo le pur importanti contribuzioni personali, ma mettere a rischio i rapporti con altri enti e istituzioni, decisivi nel realizzare i progetti”.

Sbagliare è umano, ma da una testata come Repubblica ci si aspetterebbe almeno una rettifica. Li avete sollecitati?

“Si è attivata la vicepresidente di Water for Life. Mastrogiacomo, contattato per telefono, ha promesso che mi avrebbe richiamato, ma finora non si è fatto vivo. Sembra di sbattere contro un muro di gomma”.

Ha intenzione di operare una denuncia?

“Io vorrei che si completasse l’informazione, pubblicando le conclusioni della Commissione parlamentare e della Digos. Se persistesse il rifiuto, parecchi dell’associazione parlano di azione legale. Io non voglio interferire”.

Per parte nostra diciamo, da giornalisti, solo una cosa: questa è un’autentica vergogna.

(All’intervista hanno collaborato Amina De Vito e Vittoria Brolis)

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