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QT n. 10, ottobre 2016 Seconda cover

Meno cultura e più clero?

A Trento, unico in Italia, c'è un Corso (quasi laico) di Scienze Religiose. Ora viene chiuso, è in affanno il relativo Istituto, in Fbk arranca tutto il comparto umanistico. Nella Chiesa (nonostante Francesco) il pericolo del ritorno al clericalismo; nel Trentino (nonostante le parole dell’assessora Ferrari) quello dell’abbandono della cultura.

Chissà cosa avrebbe detto monsignor Iginio Rogger nell’apprendere la notizia della chiusura del Corso superiore di scienze religiose (CSSR). Era stata una sua intuizione concepita più di 60 anni fa con la creazione dell’Istituto trentino di cultura (1962) e poi concretizzata nel 1986. Il polo umanistico dell’ITC era formato dall’Istituto Italo-germanico (ISIG) e dall’Istituto di Scienze religiose (ISR). Quest’ultimo non si limitava ad essere un centro di ricerca, anzi si sviluppava sostanzialmente intorno al CSSR. Questo corso quadriennale non doveva servire soltanto a formare i futuri insegnanti di religione cattolica, ma, nell’idea utopica dell’insigne storico, sarebbe stato il nucleo di una futura facoltà di teologia laica, come avviene nel mondo tedesco. In Italia – e soltanto in Italia – le università di teologia sono tutte pontificie, cioè gestite e controllate dal Vaticano. Rogger voleva creare a Trento qualcosa di inedito a livello italiano; un’istituzione cerniera tra l’approccio “romano” e quello “germanico”, fedele alla vocazione ecumenica della città del Concilio.

Basilica di San Pietro

Questo progetto andava oltre una dimensione propriamente religiosa, ma investiva aspetti culturali, giuridici e politici di grande importanza. E per questo fu subito osteggiato. Poi facilmente affossato. Il potere ecclesiale (curia romana e vescovi locali) e il potere politico (quello della morente DC) non mossero un dito, anzi in certi casi ostacolarono il progetto visionario di Rogger. Così, in attesa di tempi migliori che non verranno mai, si ripiegò su qualcosa di ibrido, in Italia presente solo a Urbino: un corso di studi di livello universitario, organizzato da un ente pubblico (laico), che desse un diploma per insegnare religione cattolica, ma che fornisse una formazione approfondita e non confessionale sulle tematiche religiose.

La ricca dote economica dell’Istituto nonché la novità dell’iniziativa del CSSR riuscirono ad attrarre da tutta Italia professori universitari, studiosi di fama internazionale, preti e laici, capace di creare un ambiente innovativo e plurale. Libero e favorevole alla ricerca. L’idillio durò poco. Personalmente ho frequentato questo corso dal 1994 al 1997, trovandomi in un ambiente molto più stimolante rispetto a quello della facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Trento a cui ero iscritto nello stesso periodo. In quegli anni però – complici l’episcopato tormentato del vescovo Giovanni Maria Sartori e i dissidi interni con l’allora direttore dell’ISR Antonio Autiero – i migliori professori cominciarono a lasciare il Corso. Che in un certo senso seguiva la parabola delle scuole cattoliche: un tempo i preti–professori garantivano alle scuole private una qualità eccellente dell’insegnamento; piano piano ai preti subentrarono docenti laici, malpagati, alla prima esperienza, desiderosi soltanto di trovare al più presto posto nel pubblico; si capisce come questo scenario abbia deteriorato la qualità complessiva delle scuole. Così per il CSSR: alcuni bravi docenti rimasero, il Corso andava avanti senza i fasti di un tempo.

La mazzata giunse nel 2007 attraverso due eventi concomitanti (forse oggi si capisce che non fu soltanto una coincidenza): la nascita dello Stat (Studio teologico accademico trentino) e la trasformazione dell’ITC in Fondazione Bruno Kessler.

Lo Stat non è altro che la facoltà di teologia riservata un tempo ai seminaristi: un percorso di cinque anni necessario prima dell’ordinazione sacerdotale. Ora, vista la penuria di aspiranti preti, questa “facoltà” (gestita ovviamente dalla diocesi) si apriva anche ai laici, anche a chi voleva semplicemente approfondire la religione cristiana. Lo Stat parte nel 2007, ma in sostanza è un doppione del CSSR: ambedue forniscono i requisiti per poter insegnare religione cattolica. Non si è mai capito il perché di questa iniziativa.

Contemporaneamente l’ITC diventava Fondazione. Con la solita scusa: il mondo è cambiato, bisogna aprirsi ai privati, occorre modificare l’assetto istituzionale anche degli istituti di ricerca. La maggioranza di Dellai votò compatta la nuova legge con l’eccezione del consigliere Mauro Bondi strenuo oppositore di questa trasformazione. Come prevedibile per il comparto umanistico dell’FBK fu l’inizio di una lenta decadenza. In Italia non esiste una cultura della ricerca: i privati stentano ad investire nel settore scientifico e tecnologico, figuriamoci se lo fanno per un centro che si occupa di storia, filosofia e religione. Per questi ambiti il modello fondazione non funziona. Così anziché attrarre i capitali, arrivarono i tagli. E quindi l’inevitabile declino.

Marco Ventura, Direttore ISR

Questa lunga premessa ci serve per capire gli ultimi fatti. A fine agosto una nota dell’FBK passata inosservata, quasi clandestina, annunciava la chiusura del CSSR, senza fornire spiegazioni. La decisione era stata annunciata alla Curia, ma sembra non concordata. La Diocesi ha subìto questa scelta. Che però era nell’aria in quanto la CEI stava procedendo a un riassetto generale di questi corsi di formazione. L’anno scorso, al momento dell’insediamento del nuovo direttore dell’ISR, Marco Ventura, si era capito che il suo mandato era quello di riorganizzare l’istituto, in primis operando severi tagli. Così si è giunti alla drastica soppressione del CSSR: proprio nell’anniversario dei 30 anni della sua nascita, il corso non accetta più iscrizioni e quindi va a morire. Un notevole abbattimento delle spese, questo è certo. Ora l’ISR dovrà contare solo sui 3 ricercatori assunti a tempo indeterminato più altri 2 assegnisti. Quanto durerà questo assetto?

I favorevoli alla chiusura del CSSR portano queste ragioni: era costosissimo, le iscrizioni diminuivano, non è giusto che sia una fondazione privata (il cui “proprietario” è comunque l’ente pubblico) a utilizzare le proprie risorse per formare insegnanti di religione cattolica che poi saranno scelti dalla curia, ed è quindi doveroso dirimere questa ambiguità di fondo. Poi, così almeno si auspica anche dalla politica (vedi intervista all’assessore Ferrari), l’ISR verrà rilanciato affidandosi alle competenze e ai contatti di Ventura, specializzato in studi religiosi comparati. Lo studio delle religioni, ancor di più se correlato ad argomenti sensibili come la democrazia o la pace, risulta strategico per il futuro.

Tempio buddista a Kathmandu

In secondo luogo, come abbiamo già detto, il CSSR non era proprio un’istituzione laica, ma un corso di studi che dipende dalla Facoltà teologica del Triveneto, dunque da una centro della Chiesa Cattolica con sede a Padova. Non a caso, la verifica dell’osservanza dei criteri per i quali tale corso poteva esistere, venivano e vengono effettuati dalla Conferenza Episcopale Italiana, non dal Ministero.

I contrari dicono che, alla base di questa scelta, non ci sia una strategia di lungo periodo se non quella di sacrificare il polo umanistico per aiutare la sopravvivenza di quello scientifico. La chiusura del CSSR è solo il primo tassello di un progressivo smantellamento sia dell’Istituto di Scienze Religiose che dell’Italo-Germanico. Quest’ultimo, in attesa di sapere chi subentrerà al direttore uscente Paolo Pombeni, vedrà a fine anno il suo organico diminuire drasticamente, passando da 10 a 6 ricercatori. Rimarranno quei sei già assunti a tempo indeterminato: a quelli presenti ora a tempo determinato non verrà rinnovato il contratto (alcuni, dopo sei anni di contratto a tempo determinato, dovevano per legge essere assunti, ma non ci sono i soldi). Per tre anni l’Istituto non potrà rinforzarsi più.

I protagonisti della vicenda sono due, Curia ed FBK, più un attore molto influente che però, incredibilmente, finora è rimasto dalla parte degli spettatori senza applaudire né fischiare.

Muro del pianto

È chiaro che la decisione di chiudere il CSSR è stata presa dall’FBK in completa autonomia dalla Curia. La Diocesi provvedeva a una parte delle spese del corso ma sicuramente vedeva di buon occhio che fosse organizzato da altri. Quindi questa scelta è stata digerita a denti stretti. Anche perché adesso la Curia dovrà gestire in prima persona la formazione dei docenti di religione cattolica. Ciò potrebbe essere un elemento di chiarezza: visto che gli insegnanti sono praticamente scelti dalla Curia, è giusto che sia lei a prendersi la responsabilità e l’onere di prepararli. Basta che frequentino lo STAT. La realtà è più complessa: per complicatissime questioni giuridiche, lo STAT di Trento non è ancora stato riconosciuto dal Vaticano, va avanti “provvisoriamente”. In sostanza bisognerà procedere alla creazione di un nuovo Corso superiore di scienze religiose, questa volta in capo esclusivo alla Chiesa tridentina (come avviene in tutte le altre diocesi italiane).

In questo modo finisce ogni “anomalia”, anzi meglio dire ogni tentativo di anomalia riguardo alla gestione della formazione in materia religiosa. Tutti, se non qualche estremista, ammettono che la normativa sull’insegnamento della religione cattolica, uscita dalla revisione del Concordato del 1985, non funziona. La facoltà di avvalersi o meno della cosiddetta “ora di religione” è una soluzione perdente, ormai fuori tempo. Giustamente chi non si sente cattolico non la frequenta, ma non ha altri modi per approfondire – magari laicamente – le religioni e le culture del mondo… Sotto casa ci sono musulmani, sikh, buddhisti e non sappiamo nulla di loro. Anche per i cattolici però l’insegnamento della religione diventa ghettizzante. E tutti quelli che sono in mezzo e sono la maggioranza – cioè si sentono poco o niente cattolici, ma non al punto da rifiutare l’ora di religione – stanno sì in classe, ma del tutto disinteressati.

Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca

Il CSSR doveva essere il pioniere di una nuova impostazione. La sua soppressione certifica il fatto che sarà molto, molto difficile rivedere il Concordato del 1985. Forse Trento aveva anticipato troppo i tempi? La spinta alla clericalizzazione – contraria alla prospettiva di una “Chiesa in uscita” lanciata da Francesco – è fortissima come testimoniato dall’azione di una parte della Chiesa italiana, nei fatti poco entusiasta, se non ostile al Papa riformista. Ricordiamo che Francesco è stato eletto per evitare in tutti i modi un pontefice italiano. Così anche da noi ogni sogno di modernizzazione finisce. Dispiace rendersi conto che pochi, pochissimi, esponenti del mondo cattolico anche “progressista” abbiano detto qualcosa rispetto alla chiusura del CSSR. Una scelta appunto “di chiusura”. In ogni senso.

La Mecca

Rimangono alcune domande insolute. La Curia è stata solo informata a cose fatte? Difficile visto che la CEI da tempo stava procedendo a una revisione di questo tipo di istituti. Se il problema erano i soldi, non si poteva trovare una soluzione magari coinvolgendo l’ISA? Ci si vuole omologare? Oppure si crede di poter andare avanti come se il mondo, l’Italia e il Trentino non subissero notevolissimi cambiamenti culturali? In realtà a molti sta bene così.

La strategia FBK sembra essere quella di concentrare le risorse sul polo scientifico che infatti potrà assumere, anche se in dimensione ridotta, nuovo personale.

Cosa dice la politica? Va bene che il Trentino perda quello che poteva essere ed era un fiore all’occhiello della nostra Autonomia? Non è questo il segnale di un’ulteriore perdita di progettualità? Un segno evidente del declino? Il Trentino va indietro, si accoda agli ultimi della classe: altro che laboratorio politico!

Che dice la politica?

Sara Ferrari

Sara Ferrari, assessora alla ricerca

In realtà qualcosa la politica ha detto. L’assessora Ferrari risponde con termini inequivoci alle nostre domande.

La chiusura del CSSR, in che direzione va? Verso un totale controllo clericale dell’Insegnamento Religioso. Che nella realtà poi si traduce spesso in un’ora di confusione. La scuola avrebbe bisogno dell’esatto contrario, insegnamento curricolare, laico, delle religioni. Questo è solo un problema della Curia?

“Con la chiusura del CSSR, che resterà attivo fino al febbraio del 2019 per esaurire gli studenti attualmente iscritti, verrà meno la presenza dentro l’Istituto di Scienze Religiose di un corso di laurea in Scienze religiose. In termini assoluti e generali è certamente un peccato, perché il mondo che viviamo avrebbe bisogno di contaminazioni e intrecci tra le varie fedi e le culture religiose. Va detto però che, nel caso specifico, tale aspirazione si scontrava con una reale attrattività del corso divenuta piuttosto debole, e con un trend delle iscrizioni in forte calo (dai 16 studenti del 2012 si è passati ai 10 del 2015, dei quali uno solo ha meno di 25 anni). Se tuttavia la valutazione è stata che quel Corso non risultasse più, nei numeri e nell’efficacia, lo strumento adatto a partecipare in modo innovativo alle trasformazioni sociali e religiose che sono sotto gli occhi di tutti, questo non significa affatto che come ente pubblico non ci sia interesse in quanto nascerà in campo curiale, così come nel futuro dell’ISR che rimane saldo dentro FBK.”

La chiusura del CSSR è prodromica alla morte per asfissia dell’ISR, che è invece stato, fino a poco fa, un ambiente di grande apertura e confronto?

E non è tutto il polo umanistico di Fbk a essere lasciato andare alla deriva con la privatizzazione? Abbiamo letto il suo intervento su L’Adige, teso a ribadire, in FBK, l’importanza delle discipline umanistiche, ma inumeri ci dicono il contrario: l’ISR è ridotto a 3 ricercatori assunti a tempo indeterminato più altri 2 assegnisti; l’Italo-Germanico vedrà a fine anno il suo organico diminuire fortemente passando da 10 a 6 ricercatori a tempo indeterminato. In questo quadro, i soldi risparmiati con l’eliminazione del CSSR dove andranno?

“La chiusura del CSSR non è affatto l’anticipazione della chiusura dell’ISR. L’Istituto Storico Italo-Germanico, ad esempio, un suo corso interno non lo ha mai avuto, e non per questo è stato mai chiuso o messo in discussione. In questo senso ribadisco con forza quanto ho scritto su L’Adige. Certo non si può nascondere che i bilanci di tutti gli enti di ricerca vedono una generalizzata diminuzione dei fondi e delle risorse provenienti dalla Provincia, tagli che riguardano però in egual misura l’area scientifica e quella umanistica. In questo senso, i numeri che voi segnalate, rappresentano un assestamento. Con l’accordo di programma la Provincia garantisce risorse che, in questo caso in accordo con FBK, vengono considerate sufficienti all’attività del centro. Dunque un certo numero di ricercatori a tempo indeterminato, determinati fondi di ricerca, strutture, biblioteche ecc. Ciò che ora viene chiesto ai singoli istituti (ISR e ISIG compresi) è di andare oltre a quella quota, partecipando a bandi, attirando ricercatori con ricerche finanziate, partecipando a iniziative di finanziamento, così da aggiungere allo zoccolo che noi garantiamo persone ed intelligenze diverse. So bene che queste categorie di finanziamenti sono molte meno e d’entità molto minore rispetto a quelle che esistono per le aree scientifiche, ma cionondiméno esistono e finanziano una parte non irrilevante della ricerca europea.”

Mattia Civico

Mattia Civico, consigliere provinciale (Pd)

Da noi sollecitato il consigliere del PD Mattia Civico, di area cattolica, fa questo ragionamento:

“Esprimo forte preoccupazione per la chiusura del CSSR: non è un passaggio positivo, ma un impoverimento culturale per tutti. E un segno di debolezza delle nostre istituzioni autonomistiche. Mentre nel resto del Paese la formazione degli insegnanti di religione é svolta da istituti di scienze religiose diocesani, Trento e Urbino avevano scelto una strada diversa, più coraggiosa. Il sistema pubblico in un rapporto concordatario con la Chiesa locale, garantiva che nella scuola entravano persone formate e preparate nella comune assunzione di responsabilità, con un approccio ampio e “laico”. Penso per esempio ai corsi di islamologia, di studi ebraici. Un approccio all’insegnamento della religione moderno e inclusivo, basato su approfondimento e conoscenza. Questo ha garantito livelli alti evidentemente a beneficio in primis degli studenti e della scuola. Chiudere il CSSR equivale alla rinuncia in questo campo alla costruzione comune e alla corresponsabilità.

Diciamo spesso che dobbiamo guardare a nord e che vogliamo ispirarci alle migliori tradizione europee. Bene: in Austria gli insegnanti di religione sono formati nelle università pubbliche nelle facoltà di teologia pubbliche e sono normalmente insegnanti anche di altre materie. È vero che noi non possiamo importare questo modello in toto, in nome di regole nazionali diverse, ma forse possiamo insistere su quella prospettiva trovando strade possibili: la diocesi di Bolzano e Bressanone ha per esempio un proprio istituto in convenzione con la facoltà teologica dell’Università di Innsbruck. Suggerisco di fermarsi, di riflettere e di verificare l’ipotesi per esempio di allargare quella convenzione al nostro territorio. Il pubblico non deve fare passi indietro. Ma promuovere corresponsabilità”.