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QT n. 12, dicembre 2017 Servizi

Magnifica Comunità di Fiemme: la controriforma

Il nuovo Statuto allontanerà ancor più i cittadini dalla partecipazione

I Vicini (capifuoco) di Fiemme hanno sostenuto, attraverso un referendum, una sostanziale modifica dello Statuto della Magnifica Comunità di Fiemme. Alle urne si sono recati solo il 29,2 per cento degli aventi diritto, 2.505 su 8.580 il 95% dei quali ha detto sì alle modifiche.

Una lettura superficiale del voto non lascerebbe dubbi sul sostegno che l’amministrazione riscuote. Ed infatti lo Scario (presidente) Giacomo Boninsegna non si sente deluso dalla scarsissima partecipazione. Afferma di aver già messo nel conto che i Vicini non si sarebbero sentiti coinvolti più di tanto, aveva previsto questa misera affluenza e a suo dire il bilancio è solo positivo.

Ma solo pochi giorni prima sul notiziario ufficiale (un bollettino a voce unica) insisteva sull’importanza della partecipazione al voto. E scriveva che se ci fosse stata disaffezione l’avrebbe ritenuta anche giustificata, “visti i comportamenti della politica in generale”. La sua esperienza politica quasi cinquantennale non viene smentita.

Lo Statuto oggetto del referendum non era “antico”, risale al 1992: allora era andato a votare il 65,2% degli aventi diritto ed era stato sostenuto dal 70% dei consensi. Tre anni fa, nel 2014, 3.326 vicini avevano risposto ad un questionario che illustrava le modifiche statutarie proposte ottenendo sui tre quesiti pareri favorevoli che variavano dal 64% al 76%. In soli tre anni è così maturata un’ulteriore diffidenza verso l’ente. Un segnale che qualunque persona dotata di giudizio troverebbe allarmante.

I regolani (capiregola) affermano che tale disaffezione è dovuta solo al fatto che da tempo i Vicini non ricevono più denaro: la responsabilità del distacco si dipenderebbe quindi dalla mancata elargizione di un tornaconto economico. Ma dai commenti della gente non si è raccolta questa impressione. Anche la Magnifica viene ormai vista come un luogo di potere, totalmente distaccato dai residenti. E questo sentire, così diffuso, si è alimentato negli anni nonostante l’ente sia chiamato a gestire 36.000 ettari di bosco e pascoli ed offra lavoro a 100 operai stagionali, oltre a diverse decine di operai fissi. Questo sentire tanto distaccato è maturato nonostante ognuno dei Vicini abbia ben presente cosa rappresenti l’ente, il valore della sua storia, il senso del termine “autonomia”.

È probabile che il nuovo Statuto sia uno strumento utile e diretto per allontanare ancora di più la gente dall’ente. Le sue fondamenta storiche erano basate sulla solidarietà, sulla comunanza d’uso del patrimonio - un bene collettivo inalienabile -, sulla democrazia diretta nelle decisioni (le assemblee elettive). Un insieme di valori che sembra essere stato totalmente perduto. Non certo, come afferma Boninsegna, per colpa della politica in generale, ma per le scelte dirette dell’ente da lui stesso governato.

Addio alla democrazia diretta

Il nuovo Statuto abolisce Il Comun Generale, cioè il parlamento della Magnifica, una assemblea che aveva il compito di controllare la gestione dell’ente, di suggerire modifiche al piano di attività annuale e del bilancio, di sollecitare attenzione sui temi del vivere nella valle. Questo Parlamento non ci sarà più e rimane attivo solo l’organismo esecutivo, il Consiglio dei Regolani, formato dal regolano vincitore in ognuna delle undici regole. Con non poca demagogia si istituiscono poi i Consigli di regola, che dovranno riunirsi almeno due volte all’anno per suggerire azioni al regolano, e dotati di potere nel presentare domande scritte al Consiglio con risposta che dovrà pervenire entro e non oltre i 60 giorni. Un evidente accentramento di potere, indubbiamente una semplificazione amministrativa. Ma la democrazia partecipata deve essere un impegno, non la si può relegare in una gabbia autocelebrativa, come sarà destinato a diventare il futuro Consiglio dei Regolani.

Un altro passaggio chiave prevede l’obbligo della residenza in valle per ottenere i diritti di vicinia dai 20 ai 25 anni (la prima proposta era incredibile: 40 anni). L’ultimo tema oggetto di modifica riguarda infine la necessità, per ottenere il diritto di vicinia, di possedere la cittadinanza italiana. Un passaggio non tanto velatamente xenofobo, di chiusura: con l’attuale legge italiana un figlio di immigrato extracomunitario, anche se nato in valle, non potrà ottenere il diritto di appartenere al corpo della Magnifica Comunità.

Il percorso della Magnifica è ormai segnato: dalla democrazia diretta che ha caratterizzato la sua nascita, si è arrivati, in nome della semplificazione, del bisogno di decidere in tempi brevi, alla banalizzazione della democrazia, all’annullamento dei più elementari diritti di partecipazione. Certo, se l’intento era quello di allontanare ancor più i residenti dall’ente, non poteva essere scelta una strada più efficace. Con grande sollievo dei regolani, che ora non troveranno più intoppi sulle loro decisioni.

Non potrà più accadere che un gruppo di consiglieri si riunisca per discutere nuove forme di partecipazione, nuovo interesse verso l’ente, come era accaduto sul finire del secolo scorso. Tutto si risolverà in due mesi di accesa campagna elettorale che radunerà liste di amici fra loro contrapposti, sempre più isolati, sempre meno capaci di innovazione e di scelte lungimiranti nella gestione di un territorio tanto strategico, e sempre meno efficaci nei confronti della politica provinciale.