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QT n. 9, settembre 2018 Monitor: Cinema

Venezia 2018 / I

Tre film: “Il primo uomo”, “Sulla mia pelle” e “A star is born”

Venezia è una festa del cinema. Ce n’è veramente tanto, ma non di tutti i tipi. Da qualche anno, o meglio, dalla direzione di Alberto Barbera, fortunatamente non ci sono più le mega produzioni commerciali americane, che esordivano alla Mostra per darsi visibilità e tono, con il beneplacito di alcuni direttori che volevano ri-attirare un interesse mediatico perduto, e poi intasavano le sale per settimane. Oggi lo sguardo è più mirato a prodotti di taglio autoriale, pur rimanendo ampio su generi e cinematografie, con una qualità indubbiamente medio/alta.

È un festival che registra anche le trasformazioni in atto in questo settore, al momento rappresentate dalla sempre maggior presenza di film prodotti da soggetti che operano sulla rete e/o per le televisioni: Rai, HBO, Sky, Netflix, Amazon, e destinati principalmente a questi canali. E ciò sottintende anche che certi film non si vedranno in sala, mentre altri sono, o possono essere, solo una parte di una futura serie. E non si parla di film minori, ma di opere in concorso di autori riconosciuti. Ed è un bene che il festival di Venezia sia aperto a queste trasformazioni, a differenza di altri che si ergono a paladini della purezza cinematografica da sala. Il cinema ha continuato a cambiare per tutta la sua esistenza e finché cambia vive. Ciò che conta è cosa si vede, non tanto dove. Anche se certamente quello della sala, almeno per la mia generazione, resta sempre il contesto più appropriato e apprezzato.

Ecco dunque alcuni film della 75a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, di prossima uscita.

“Il primo uomo”

“Il primo uomo” di Damien Chazelle è stato il primo film proposto in concorso. Dopo l’exploit di “La La Land” di due anni fa, si voleva evidentemente partire col botto: un riconosciuto talento USA che assicurasse anche attesa, curiosità e glamour. Ma il botto si è sgonfiato abbastanza presto, visto che il film non ha suscitato, a ragione, grandi entusiasmi. Il primo uomo è Neil Armostrong, l’astronauta sceso per primo sulla Luna, e il film racconta come, perché e soprattutto chi ci è andato. È l’epopea della conquista secondo lo sguardo di questo particolare astronauta, condizionato intimamente da drammatici fatti privati, e per reazione quasi autisticamente impegnato in questa impresa, anche come motivazione alla personale esistenza.

L’excursus percorre tentativi, sviluppi, fallimenti e sorprendenti progressi negli anni tra il 1961 e il 1969. La storia è interessante ed è impressionante rendersi conto della primitiva tecnologia con la quale si è realizzata una tale straordinaria impresa. Così come impressiona la quantità di morti, sacrificati ai tempi brevi e alle pressanti sollecitazioni politico/mediatiche. Ma è il personaggio che non convince, risultando un anti-eroe fin troppo insistito, cui presta scarsa espressività Ryan Gosling, che non si deve certo sforzare per eguagliare la staticità di un tombino. Belle le ricostruzioni d’epoca e lo sguardo nella proto-tecnologia, ma il film resta freddo e distante come il suo protagonista, e il tentativo di emozionare nel finale rischia di cadere nel patetico.

“Sulla mia pelle”

“Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini, in concorso per la sezione “Orizzonti”, ricostruisce cronologicamente gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, piccolo spacciatore romano massacrato dai carabinieri che l’hanno arrestato una sera dell’ottobre 2009, e deceduto pochi giorni dopo in un ospedale carcerario. Non si tratta di un film inchiesta alla ricerca dei colpevoli, che sono chiari da subito. È invece il calvario di chi si ritrova vittima debole, spaventata e ritrosa davanti alla gratuita violenza delle forze dell’ordine e agli ottusi meccanismi della giustizia italiana. Non ci sono accuse infuocate o proclami, ma il racconto fedele, in misurata soggettiva, di una storia terribile sulla quale ancora non esiste una verità giudiziaria. Livido, nelle tumefazioni di Stefano, quanto nei toni freddi della fotografia, il film è preciso, misurato nella messa in scena, quanto toccante ed angosciante nel sottinteso messaggio. Bravo e credibile Alessandro Borghi, che rende in modo impressionante la figura del protagonista, come mostra la fedeltà alla registrazione della voce originale di Cucchi nella deposizione in aula di giustizia, che passa sui titoli di coda.

“A Star is born”

Fuori concorso “A star is born”, diretto e interpretato da Bradley Cooper. Racconto d’amore in musica che vanta già tre trasposizioni cinematografiche. La storia è sempre la stessa: un famoso musicista (qui country-rock), in un momento critico della sua carriera, si innamora, ricambiato, di una talentuosa ma sconosciuta cantante-compositrice e si offre di farle da pigmalione nel mondo dello spettacolo. Le cose funzionano e lei intraprende una carriera da star, ma la relazione passionale tra i due si incrina a causa di sottili gelosie, dei diversi impegni professionali, ma anche per il modo di intendere la musica. Ed è proprio quest’ultimo elemento che dà al film un tocco decisamente personale: il contrasto sonoro/culturale che impersonano i protagonisti. Lui rocker da palco della profonda America rurale in cui sentimenti e sincerità sono la base dell’espressione sonora. Lei progressivamente sempre più popstar concentrata sull’apparenza, le coreografie, i tv show.

Nei panni dell’astro nascente, la stella del pop Lady Gaga (accreditata come Stefani Germanotta) raccoglie l’eredità di Janet Gaynor, Judy Garland e Barbra Streisand. E lo fa convincendo sia nella recitazione che nell’interpretazione musicale. È per altro curioso il suo personale percorso contrario alla protagonista del film, ovvero il fatto che qui si spoglia di tutta la sovrastruttura d’immagine che l’ha sempre caratterizzata e ha contribuito a portarla al successo, per mostrarsi al naturale, con le sue doti canore e compositive. Bravo Bradley Cooper nel doppio ruolo di regista e attore, ma anche in quello di cantante, le cui sequenze di palco sono davvero coinvolgenti. Peccato per una parte finale del film troppo romantico/drammatica.