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QT n. 1, gennaio 2019 Servizi

Carcere di Spini: cos’è successo?

Il suicidio di Sabri, la rivolta, i problemi mai affrontati

La notte tra il 21 ed il 22 dicembre un altro detenuto si è suicidato nel carcere di Spini di Gardolo.

Si chiamava Sabri El Abidi e aveva 32 anni. Alcuni docenti impegnati in carcere lo hanno descritto con delicatezza in un testo pubblicato sul proprio blog dalla candidata presidente per Liberi e Uguali alle scorse elezioni provinciali Antonella Valer: “Venerdì era l’ultimo giorno di scuola e avevamo organizzato un saluto natalizio. Appena l’ho visto mi ha detto: ‘Come sto con la barba? A mia figlia piacerà la barba, speriamo…’”.

Ma sì, Sabri, dirà che bel papà!”.

Si è scusato per le assenze, non aveva la testa… Gli ho detto: “Vieni a scuola, almeno stai con noi e non in cella da solo”. Poi mi ha chiesto di andare in cucina a vedere cosa avevano preparato con la classe seconda alberghiero. Con il permesso di un agente e dello chef mi ha mostrato i dolci, come un esperto del mestiere. Poi ha cominciato a dirmi: Non ce la faccio più, voglio vedere mia figlia, non mi fanno sapere niente”.

Era in attesa della concessione della liberazione anticipata, che se fosse arrivata, gli avrebbe permesso di uscire libero”.

Dal Tribunale di Sorveglianza questa concessione, però, non è arrivata. “Sabri aveva slanci di affetto e di fiducia e qualche volta cadeva nella disperazione. Tante volte ci ha fatto preoccupare perché sfogava le sue delusioni sul suo corpo. Sabri faceva tante cose di testa sua. Talvolta invece si lasciava accompagnare. Voleva rivedere sua figlia, assolutamente, prima di Natale”.

La notizia del suicidio ha fatto scoppiare una violenta rivolta, nel corso della quale centinaia di detenuti si sono barricati in alcune sezioni del carcere e hanno dato alle fiamme sedie, tavoli e altri oggetti, rendendo inagibili ampie zone della struttura.

Il “Dolomiti” ha riportato che tra i principali problemi lamentati dai detenuti in rivolta ci sono il servizio sanitario e le richieste di permesso alla magistratura di sorveglianza (come già segnalato dal nostro servizio apparso sul numero di QT di aprile 2017). La testata on-line riporta anche le parole del prefetto di Trento Sandro Lombardi, che li ha definiti “problemi risolvibili”; affermazione che desta qualche dubbio, dato che non si tratta di questioni estemporanee, né improvvise.

Anche la direttrice del carcere Francesca Gioieni ha lamentato la mancanza di educatori, psicologi e medici, ma ha subìto a sua volta critiche da parte del SiNAPPe, che ha parlato di un’escalation verificatasi negli ultimi tre mesi a fronte di un clima definito troppo permissivo.

Le forze politiche della sinistra trentina hanno preso posizione sull’accaduto. Liberi e Uguali ha inviato alla stampa un comunicato che sottolinea alcuni aspetti già segnalati dal nostro servizio: l’utilizzo eccessivo della custodia cautelare, il rapporto difficoltoso dei detenuti col Tribunale di Sorveglianza, le carenze strutturali dei servizi di supporto, l’assenza di una rete di protezione psicologica e sociale, il sovraffollamento e la sproporzione tra popolazione carceraria e personale penitenziario.

Il consigliere provinciale di Futura 2018 Paolo Ghezzi, che il 22 dicembre si è recato in carcere per esercitare il proprio potere ispettivo, ha presentato insieme alla collega Lucia Coppola un’interrogazione che riprende quanto rilevato dalla garante per i detenuti Antonia Menghini e chiede al presidente Fugatti “che cosa intenda fare la giunta provinciale, per quanto di propria competenza, per ripristinare una situazione di vivibilità nella casa circondariale di Spini di Gardolo” e “se, in particolare, intende promuovere una risoluzione del problema della mancata copertura sanitaria 24 ore su 24 (oggi la presenza sanitaria è garantita dalle 7 alle 21), con attenzione particolare alle problematiche psichiche dei detenuti tossicodipendenti” e ancora “se, in generale, il presidente della Provincia intenda inserire tra le priorità della giunta provinciale, in coordinamento con gli organismi statali competenti, una efficace revisione del sistema di assistenza sociale nel carcere di Trento, per abbassare il rischio che si ripetano gravissimi episodi come i suicidi e la rivolta dei detenuti”.

Anche l’avvocatura, con il presidente dell’Ordine degli avvocati Andrea de Bertolini e il presidente della Camera penale Filippo Fedrizzi, ha preso nettamente posizione e non ha fatto mancare la propria presenza, come del resto già accaduto in passato.

Quello di Sabri El Abidi è il nono suicidio avvenuto nel carcere di Spini da quando è stato inaugurato nel 2010. Il segnale, lancinante e inaccettabile, di qualcosa che non va.

Sovraffollamento, personale sottodimensionato sia per quanto riguarda gli agenti di polizia che gli educatori, servizi di assistenza medica e psicologica carenti. Problemi annosi ai quali non si è ancora voluto cercare una soluzione che non fosse un tampone.

La rivolta, intanto, ha lasciato sul campo macerie, trenta detenuti denunciati per violenza contro pubblico ufficiale pluriaggravata, incendio, danneggiamento aggravato, lesioni e sequestro di persona e cento detenuti trasferiti in altre strutture carcerarie in attesa di ripristinare la struttura di Spini, gravemente danneggiata. Oltre a un doloroso senso di ingiustizia.

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Commenti (1)

per la precisione nerone

di trasferimenti ne sono stati fatti meno della meta di quanto si dice nell'articolo,la struttura praticamente e come era il 22 dicembre, devastata,l'illuminazione offerta della fotovoltaiche dei Signiori VIGILI DEL FUOCO,i processi sono ancora tutti da concretizzare, e ancora nessuno ha spiegato cosa collega il dramma personale di un uomo con la devastazione messa in atto dagli altri a scapito soprattutto di loro stessi , devastato le aule scolastiche devastate le cabine telefoniche , devastate i locali lavanderia; e come si gli operai della ThyssenKrupp AG dopo la morte sul lavoro dei colleghi avressero distrutto la fabbrica;il tittuo per la precisione grazie
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