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Un viaggio natalizio

C’è qualcosa di nuovo a Vienna, la Haus der Geschichte, il primo museo austriaco di storia contemporanea, inaugurato per i 100 anni della nascita della Repubblica

Volevo andare in Germania, per capire da vicino cosa sta accadendo nel Paese che decide il destino di gran parte dei paesi europei. Per varie ragioni sono andata invece a Vienna. Lasciato il tepore di Bolzano, la neve già cadeva a partire da Salisburgo, dove il treno si è fermato due ore per uno sciopero, accompagnato più volte da scuse e chiarimenti sulle ragioni dei lavoratori. Un paese moderno e civile. La ragione principale del viaggio era l’inaugurazione, avvenuta il 10 novembre, nell’ambito delle manifestazioni per i 100 anni della fondazione della Repubblica, della Haus der Geschichte Österreich, il nuovo museo di storia contemporanea, che si propone di rappresentare la storia della Repubblica austriaca in modo critico e aperto e vuole essere anche un centro di raccolta di oggetti e documenti e una piattaforma – anche in internet – di confronto fra e per tutti gli austriaci. Il percorso è cronologico, ma con “fermate” e approfondimenti che riguardano non solo i nodi più importanti della storia, ma anche quelli su cui la storiografia non ha ancora raggiunto un consenso. Su questi ultimi vengono riportate opinioni e testimonianze anche contraddittorie.

La sede è nella Neue Burg (Hofburg), negli appartamenti che furono dell’imperatrice, ed è uno dei cinque musei della Biblioteca nazionale austriaca. Heldenplatz è un luogo obbligato, - si spiega, - perché qui Hitler, il 15 marzo 1938 comunicò, tra frenetici applausi di migliaia di persone, l’annessione dell’Austria alla Germania nazista.

E fin dal principio si capisce che gli storici austriaci, europei e americani che l’hanno preparata, non vogliono che la storia qui raccontata taccia sulle scomode verità. Lo anticipa il fatto che allo spazio dedicato alle mostre speciali è stato dato il nome di Alma Rosé Plateau, una musicista che diresse l’orchestra femminile nel campo di Auschwitz-Birkenau, dove fu assassinata. Era una violinista famosa, figlia di un famoso violinista. La sua storia di musicista e di vittima della Shoah, e prima ancora della persecuzione dei propri concittadini, è narrata con bellissime fotografie e un’accurata documentazione.

Siamo abituati a pensare e vivere Vienna come la città del - anche “nostro” – imperatore, della sua lussuosa corte e della sua romanticizzata imperatrice. Molti non sanno che il suo successore, al contrario di Franz Josef, cercò di interrompere la carneficina insensata della prima guerra mondiale, portata avanti dal vecchio imperatore in nome del suo presunto onore. Fallito il tentativo di salvare la monarchia, l’erede abdicò nell’ottobre 1918. Da qui inizia il percorso della mostra, con la fine dell’impero totalitario e illiberale, rappresentato da un enorme stemma con l’aquila imperiale.

Dall’Impero multinazionale alla repubblica su base nazionale

Mentre le varie nazioni dell’impero in disgregazione si costituiscono in stati, a Vienna si inneggia alla Repubblica, la Deutsch-Österreich, l’Austria tedesca. Una repubblica che si definisce democratica e nasce su base nazionale. L’aggettivo tedesca cade però immediatamente: per concedere il trattato di pace, le potenze vincitrici impongono il nome di Republik Österreich e la decadenza dell’articolo di legge che definiva l’Austria “parte costitutiva della Repubblica tedesca”. L’Austria però non risolverà mai questa ambiguità. Negli anni seguenti, il cambiamento da impero multinazionale a piccola repubblica alpina, con una capitale di grandezza sproporzionata e migliaia di soldati di ritorno dai campi di battaglia, è difficile da governare. Il partito socialdemocratico spera di convincere tutti del progetto di uno stato che garantisca libertà e diritti sociali. Ma lo scontro con i conservatori e con chi progetta il ritorno della monarchia e del ruolo di potere della Chiesa, cui si aggiungono dal lato opposto le iniziative anche militari dei comunisti che tentano di estendere la rivoluzione realizzata in Russia, si fa duro. I sostenitori dell’ancien régime con parole d’ordine nazionaliste e antisemite e un grande potere mediatico diffondono la sfiducia e il disprezzo verso la democrazia e il suo strumento, il Parlamento. Gli anni della Vienna rossa tuttavia sono anche tempi di grandi innovazioni e riforme e di una grande fioritura delle arti e dei media, finalmente liberati dalla soffocante censura, ma non sempre compresi dal popolo.

Le dittature

La mostra illustra l’evoluzione delle masse, appena affacciate alla democrazia, verso un esito nuovamente totalitario. I gruppi ideologicamente schierati si scontrano con violenza. La libertà di espressione viene strumentalizzata da chi la vuole abolire. Le dittature di Dollfuß e Schuschnigg preparano all’annessione alla Germania nazista, con la censura e l’abolizione della libertà di stampa. I diversi, per religione, opinione, colore della pelle, sono esclusi dalla Volksgemeinschaft, la comunità di popolo. Fuori è anche chi non condivide questa visione e quindi considerato un nemico del popolo. L’antisemitismo e l’odio per i diversi era già radicato in alcune aree, specialmente nel Tirolo. Nelle elezioni del giugno 1919 in Tirolo, il tema dominante fu ovviamente la divisione del Land. Ma a Vienna fece una cattiva impressione la violenza verbale antisemita e antisocialdemocratica della Tiroler Volkspartei, che in un appello del 15 giugno denigrava i concittadini ebrei e li additava all’odio dell’elettorato.

Storia complessa, storiografia critica

Nella Haus der Geschichte si affrontano anche i temi spinosi, smontando la favola dell’Austria come prima vittima della Germania nazista, un’invenzione che ha impedito agli austriaci una riflessione sul proprio passato e l’assunzione di responsabilità, e ha finito per far assolvere gran parte dei criminali.

Nel percorso si trovano molti momenti e figure che hanno contribuito alla crescita del Paese, e un interessante discorso sull’identità. Un paese che all’inizio ha puntato sui costumi più o meno tradizionali, e però ha investito moltissimo nelle nuove tecnologie, nella cultura, nell’arte, e nell’istruzione della gioventù. La Costituzione è il costante riferimento della mostra. All’esterno del palazzo, nel centro della piazza, si trovano due nuovi edifici a pianta quadrata, sedi di servizi del Parlamento, che viene posto quindi al centro dello spazio pubblico-politico, e lungo le loro pareti scure scorrono, illuminati, gli articoli della Costituzione, che assomiglia a quella italiana, risultato di uno sforzo collettivo di superare conflitti sanguinosi e di aprire le porte a un tempo di pace e a un’Europa democratica.

Dalla ricerca della verità storica alla questione femminile

Non è possibile qui raccontare tutti i punti importanti della ricchissima documentazione esposta con uno sforzo esemplare di chiarezza e semplicità. La strada verso l’indipendenza, dopo la lunga occupazione alleata; la scelta della neutralità in un’Europa lacerata dalla guerra fredda; il lungo silenzio sul passato nazista e il bisogno delle nuove generazioni di conoscere la verità; i movimenti pacifisti, antinucleare e ambientalista degli anni ‘70 e ‘80; il cambiamento radicale dopo il 1989, quando l’Austria da paese di confine della “cortina di ferro” diventa il primo Paese che si apre verso l’Est; la riforma della Costituzione, per inserire l’impegno a garantire l’uguaglianza concreta fra uomo e donna, nel 1998. La lingua di tutta la mostra e dei materiali che la accompagnano è sessuata, sia in tedesco che in inglese. Come previsto dalla raccomandazione Onu del 2000, in Italia perfettamente ignorata.

Conoscere il passato e guardare verso il futuro

Visitando questo museo, non si riesce a credere che l’Austria abbia oggi un governo di destra con una forte componente di destra estrema ed elementi antisemiti e razzisti. Ha però un presidente della Repubblica liberale e ambientalista. Un paese ricco e non troppo devastato dalla speculazione edilizia, che ascolta i suoi cittadini attraverso petizioni e consultazioni; un paese dove i trasporti pubblici funzionano; attento al sociale; una capitale che difende la propria scelta di non privatizzare lo spazio pubblico, per garantire un modello di residenza che coniuga sociale, ambiente e modernità; un paese che coltiva la cultura, il sapere, l’istruzione dei giovani… perché vota per politici dal linguaggio e dai propositi razzisti e che mettono in dubbio le libertà conquistate? Qui si inneggia alla pace e all’Europa unita, si usano come criteri di giudizio dei regimi dittatoriali o democratici la demonizzazione dei nemici, e l’odio verso il femminismo; là si erigono muri e si usano parole pesanti e perfino violente.

La mostra non sfugge neppure a queste domande, e cerca di affrontarle, conscia che un’interpretazione distorta della crisi, della natura e della patria, accompagnata dal rifiuto dei diritti universali, riguarda l’Europa intera. Nella Haus der Geschichte Österreich si cerca di ricostruire una realtà complessa senza semplificare.

E il Sudtirolo?

Nel viaggio di ritorno ripenso ai pochi momenti della mostra in cui si parla di Sudtirolo. Se ne parla nell’ambito delle minoranze, sulle quali si comprende l’ambiguità dell’atteggiamento austriaco verso le proprie (sloveni, croati, immigrati da fuori Europa). Le parole sono spesso severe verso la nostra politichetta locale.

Sulla recente richiesta dei partiti di destra e del presidente della giunta provinciale del doppio passaporto: “La campagna di un partito sudtirolese ha fatto pressione sul governo austriaco, ma ha perso le proprie elezioni (novembre 2018)”.

Sulla campagna del Südtiroler Freiheit con i manifesti “Südtirol ist nicht Italien” (il Sudtirolo non è Italia): “Materiali di propaganda come questo vengono usati ancor oggi dai partiti nazionalisti in Sudtirolo”.

Terrorismo anni ‘60: “Obiettivo dei partiti sudtirolesi era la richiesta di una autonomia per la regione. Alcuni gruppi usarono la violenza. Più di 300 attentati terroristici in Austria e in Italia causarono 21 morti… Attentati terroristici ci furono anche in Austria. Anche se in questi episodi si dovettero contare sempre vittime, si minimizzavano gli effetti chiamandoli ‘attivisti sudtirolesi’”.

Brennero: “Il confine del Brennero nato nel 1918 fu a lungo ritenuto da gran parte dei tirolesi e delle tirolesi e anche dalla popolazione austriaca un confine ingiusto. Nei decenni seguenti il confine del Brennero fu spesso luogo di incontri revanscisti… Negli anni ‘60 il Brennero doveva diventare un simbolo della comprensione europea attraverso la costruzione del ponte Europa. Nello stesso tempo però in Sudtirolo scoppiarono forti conflitti fra i gruppi linguistici”.

Annessione all’Italia: “Le elezioni per la dieta tirolese nel giugno 1919 ebbero luogo nel segno della divisione del Tirolo. Nella campagna elettorale si mescolarono però anche pesanti toni antisemiti e antisocialdemocratici, e quindi il governo di Vienna non si impegnò molto per evitare l’annessione del Sudtirolo all’Italia. Pochi mesi dopo le elezioni membri della Volkspartei tirolese presero parte alla fondazione della Lega tirolese degli antisemiti”.

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