Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 9, settembre 2019 Seconda cover

Esami di riparazione: ritorno al futuro

Per tutta l’estate, sulla scuola trentina si è acceso il dibattito sulla reintroduzione degli esami a settembre nella scuola superiore. Grosse novità sono attese per l’anno scolastico 2020-21.

Tutto ha inizio lo scorso giugno: Giovanni Ceschi, docente del Liceo Classico “Prati” di Trento e presidente del Consiglio del Sistema Educativo Provinciale, sulla sua pagina Facebook propone il ripristino degli esami di riparazione a settembre nella scuola trentina. Secondo Ceschi uno studente che ha fino a tre insufficienze arriva senza problemi alla classe successiva “e la verifica a settembre è una formalità che non incide sul suo destino, anche se non studia nulla per tutta l’estate. Un meccanismo perverso e iniquo”.

Il post viene riportato sulle pagine dell’Adige e qualche giorno dopo l’Assessore provinciale all’Istruzione Mirko Bisesti della Lega in un’intervista allo stesso giornale stronca il sistema delle carenze formative attualmente in vigore in Trentino e dice di voler avviare un processo di rinnovamento, che parta da un confronto con le parti in campo e preveda la reintroduzione degli esami di riparazione.

È l’inizio di un dibattito sulla scuola che per tutta l’estate coinvolgerà giornalisti, politici, dirigenti scolastici e ovviamente insegnanti.

I due sistemi in vigore

Nel 1994, il Ministro dell’Istruzione del governo Berlusconi, Francesco D’Onofrio, elimina gli esami di riparazione a settembre e li sostituisce con il sistema del debito formativo e recupero nel corso dell’anno successivo. In pratica chi ha meno di quattro insufficienze viene promosso all’anno successivo, ma deve saldare il debito dell’anno precedente in orario extrascolastico, mediante corsi di recupero appositamente organizzati dalla scuola.

Nel 2007 il ministro Fioroni (DS) giudica inefficace il sistema del debito formativo e ripristina gli esami di riparazione in tutta Italia. Unica eccezione è il Trentino: la Giunta Dellai non recepisce la normativa di Roma e grazie all’autonomia sulle competenze in materia di Istruzione, mantiene nella sostanza il sistema dei debiti formativi, cambiandogli il nome in carenze.

Le posizioni in campo

A favore della proposta di Bisesti, 222 docenti depositano in Assessorato una lettera di appoggio all’iniziativa, capitanati dalla prof. Laura Rubagotti, anch’essa docente al liceo “Prati”, che ha concesso l’intervista che trovate fra queste pagine. Le firme sono state raccolte in poco più di sei giorni, e sono poi aumentate nei giorni successivi. Nella lettera si dice che “il titolo di promozione a giugno rende ininfluente la verifica condotta sul superamento delle lacune. Ciò determina un percorso formativo che non consente di affrontare le difficoltà e di superarle”.

Poi ci sono le voci contrarie, tra cui l’ex Presidente della Provincia Ugo Rossi, che aveva invece dato continuità al sistema attualmente in vigore, istituito da Dellai nel 2007.

Il prof. Paolo Pendenza, presidente dei dirigenti scolastici della Provincia, pur favorevole ad un processo di miglioramento della scuola trentina, non vede di buon occhio il ritorno al passato. “Il sistema in vigore nel resto d’Italia è un sistema opaco”. Secondo Pendenza, gli esami a settembre nelle altre Regioni “si concludono quasi sempre con una promozione. Tra le due situazioni, meglio la nostra”.

Il mondo della scuola trentina appare polarizzato attorno a questedue posizioni. C’è chi sostiene il ripristino degli esami di riparazione e vuole inviare ai ragazzi un messaggio educativo forte, secondo il quale per poter ottenere risultati ci vuole impegno e la disponibilità a seguire le indicazioni dell’insegnante.

Dall’altra parte c’è chi invece associa al mantenimento del sistema delle carenze l’esplorazione di nuove modalità didattiche, tra cui la personalizzazione dei percorsi educativi e delle valutazioni, l’abolizione della lezione frontale e l’introduzione più convinta delle nuove tecnologie. Si tratta di due visioni opposte, che comunque concordano su un obiettivo: elevare la qualità del servizio scolastico rendendolo più inclusivo.

I risultati dell’Invalsi degli ultimi anni evidenziano una buona performance della scuola trentina in termini di competenze acquisite: stiamo parlando di un sistema scolastico che già di suo ha un elevato livello di standard qualitativo, e che ha dimostrato buoni risultati a livello di trasmissione di conoscenze e competenze. Però, come si può leggere nelle interviste che seguono, ci sono ancora molti aspetti che occorre migliorare.

Cosa fare

Si supponga uno studente con una o più carenze (massimo tre) negli scrutini di giugno di un determinato anno scolastico. Il sistema in vigore prevede che la sua pagella riporti un voto pari a 6 sulle materie insufficienti, con indicazione delle carenze da saldare, e l’iscrizione alla classe successiva.

Nessuna sospensione del giudizio, quindi: lo studente è già promosso. Nel corso del nuovo anno scolastico, la scuola predispone corsi di recupero prima dell’inizio della scuola e almeno due opportunità per saldare le carenze eventualmente non ancora recuperate. Se a fine anno ciò non avviene, si va all’anno successivo e così via.

Il mancato saldo delle carenze accumulate riduce il punteggio di credito formativo da presentare all’esame di maturità, ma non incide in alcun modo sulle promozioni o bocciature dello studente: l’anno si ripete solo se a giugno si riportano almeno quattro insufficienze sulle materie dell’anno in corso, le carenze non saldate non contano.

Giunto all’ultimo anno, lo studente può essere ammesso all’esame di Stato in presenza di una situazione complessivamente sufficiente (e che può quindi comprendere alcune insufficienze): è possibile in pratica ottenere il diploma riportando ogni anno fino a tre carenze formative.

Appare evidente che il metodo del recupero del debito formativo/carenza è fin troppo accondiscendente nei confronti di chi non vuole spendere troppe energie nello studio.

Ben venga, quindi, l’iniziativa di reintrodurre gli esami a settembre, per due fondamentali ragioni.

La prima è che con gli esami di riparazione si promuove alla classe successiva chi dimostra di essere in possesso delle competenze minime richieste per poter frequentare la classe successiva. Le competenze minime, già oggi, vengono definite dal Consiglio di Classe e vengono esplicitate ad inizio anno, per garantire trasparenza e uniformità della valutazione: si tratta di concedere la promozione solo a chi dimostra di possedere queste competenze minime, e di non istituire a priori automatismi del tipo “con una materia non si boccia”: la decisione deve essere presa dal Consiglio di classe, soppesando con attenzione il percorso dello studente e le ragioni che hanno portato all’insufficienza. Beninteso: si tratta di competenze di base, tranquillamente raggiungibili con un uno sforzo medio.

La seconda ragione è che lo studio individuale nel periodo estivo consente agli studenti di concentrarsi sulle materie da recuperare, senza doversi preoccupare delle altre. Vanno inoltre organizzate adeguate attività di supporto allo studio in corso d’anno, per scongiurare l’insufficienza nel mese di giugno, e corsi estivi per preparare l’esame di riparazione. Qui però c’è il grosso nodo delle risorse aggiuntive da mettere in campo. Se l’Amministrazione provinciale si prefigge di risolvere in maniera seria il problema, allora deve concedere più risorse a disposizione della didattica. Va finanziato il recupero degli studenti in difficoltà, che è un aspetto estremamente delicato. Su questo tema l’assessore Bisesti, come si legge nell’intervista, si è ben guardato dal fare promesse esplicite, quindi la questione è tutta da discutere.

Cosa ci aspetta

Fino a questo momento, il dibattito sulla scuola si è tradotto in uno scambio di vedute tra poli opposti, favorevoli o contrari alla proposta di ripristino degli esami di riparazione.

Nella realtà, la società e il mondo del lavoro hanno bisogno di persone che escano dalla scuola con competenze ben strutturate: per rispondere a questa esigenza, al centro del ragionamento va messo il ragazzo, non l’istituzione scolastica.

Di conseguenza, quale sia il metodo scelto per promuovere o bocciare i ragazzi ha un’importanza relativa: il vero problema è la disponibilità di risorse economiche aggiuntive da destinare alla didattica. Solo così sarà possibile organizzare corsi di recupero o attività di compresenza fra diverse discipline che consentano ai ragazzi in difficoltà di recuperare in estate quelle competenze che non sono riusciti ad acquisire nel corso dell’anno scolastico.

L’impressione è che l’Amministrazione non abbia in programma di mettere mano al portafoglio per sostenere la riforma della scuola trentina.

Ma saremmo felicissimi di sbagliarci..

Laura Rubagotti: torniamo agli esami

Parliamo con Laura Rubagotti, docente di Lingua Inglese al Liceo Classico “Prati” di Trento, prima firmataria della lettera che appoggia l’iniziativa del ripristino degli esami di riparazione. Il documento, alla data del 6 settembre 2019 ha raccolto 326 firme di docenti trentini, un risultato raggiunto solo grazie ad un passaparola tra colleghi. La petizione ha indubbiamente attivato un grande sulla scuola, sulla situazione attuale della scuola e su come si può migliorare. Questo è già un gran risultato.

Quali sono le criticità del sistema attualmente in vigore per il recupero delle insufficienze?

La criticità principale riguarda l’aspetto educativo. Oggi la scuola trasferisce allo studente il messaggio che comunque vada sarà un successo. Questo è molto diseducativo, soprattutto nel corso del biennio. Qui non si tratta di ripristinare una severità perduta: si chiede di instaurare un patto con lo studente in cui vengono segnalate le materie su cui non si è lavorato abbastanza, e per cui non si sono raggiunte le competenze. Su quelle discipline bisogna mobilitarsi in maniera diversa, recuperando tutto o parte dei contenuti.

Quindi si tratta di lavorare sulle competenze personali dello studente?

Non esattamente. La scuola deve spostare energie e risorse sul recupero di competenze degli studenti che sono più in difficoltà. Ci sono risorse che oggi vengono risucchiate da progetti di natura prettamente burocratica che andrebbero destinate alla didattica. Mi ha colpito che nel dibattito di quest’estate sia stato posto l’accento su aspetti inerenti al ritorno della severità, al rientro anticipato dei docenti a scuola, quando invece il vero problema è la scarsità di risorse per i corsi di recupero da attivarsi prima o durante l’anno scolastico.

Facciamo un esempio: un ragazzo al termine degli esami a settembre si trova con una insufficienza. Cosa dovrebbe fare il Consiglio di classe?

La proposta non entra in dettaglio su quella che è una prerogativa del Consiglio di classe. Gli insegnanti sanno come si è mosso lo studente, conoscono il suo lavoro, definiscono cosa deve essere prodotto dallo studente per compensare la sua carenza. La decisione viene soppesata attentamente. Se il ragazzo non ha fatto nulla, la bocciatura arriva.

L’assessore Bisesti, nell’intervista che ci ha rilasciato, ha detto che con una insufficienza non ha senso bocciare.

Io non mi sentirei di offrire questa garanzia, perché se diamo questa certezza, l’esame a settembre a cosa serve? Anche con una materia bisogna valutare attentamente come il ragazzo è arrivato all’esame a settembre, l’effettiva assenza delle competenze minime richieste per la sufficienza. Anche il ruolo della materia insufficiente rispetto all’indirizzo frequentato può fare la differenza: ad esempio, una insufficienza in Fisica al Liceo Scientifico, trascinata per tutti i cinque anni, produce un diploma che manca delle competenze minime in una materia fondante dell’indirizzo. Non si tratta di considerare l’esame a settembre come una prova del fisico o della mente, ma di ripristinare un coerente messaggio educativo.

Chi chiede di mantenere il sistema attuale fa riferimento ai risultati dell’Invalsi che hanno dimostrato una qualità elevata del sistema scolastico, e quindi il sistema non andrebbe cambiato. Lei che ne pensa?

Invalsi è uno strumento che a livello statistico va bene per raccogliere informazioni macro, ma non per valutare il sistema delle carenze del sistema trentino, né per paragonarlo con altre regioni, in particolare il Centro Sud, perché si trascura un gap soprattutto economico che rende le due realtà non confrontabili. Per questo non ci si deve crogiolare sui risultati, ma bisogna alzare l’asticella: ad esempio, in Trentino i risultati evidenziano territori e ambiti scolastici che hanno bisogno di maggior attenzione. Tuttavia, sia chiaro, siamo orgogliosi dei risultati ottenuti: significa che gli insegnanti lavorano bene.

Renata Attolini: non torniamo indietro

Renata Attolini, insegnante in pensione, è formatrice per la didattica sperimentale di Matematica e Scienze.

Secondo l’assessore Bisesti, la reintroduzione degli esami a settembre consente una maggior responsabilizzazione dei ragazzi rispetto al sistema attualmente in vigore. 326 insegnanti hanno firmato una petizione a sostegno della proposta di Bisesti. Il sistema attualmente in vigore sembra avere i giorni contati. Secondo lei è necessario questo ritorno al passato?

No, secondo me non è necessario e non sarà un contributo alla soluzione dei “mali” della scuola, sicuramente non gioverà alla responsabilizzazione dei ragazzi. Gli esami a settembre si inseriscono perfettamente in un’idea di scuola obsoleta, fondata su una didattica trasmissiva e dei rituali didattici (lezione frontale, libro di testo, problemino improbabile, tema di finzione…). L’alunno riceve una serie di nozioni scollate fra loro. La responsabilità dell’insuccesso è solo dell’alunno svogliato. Il sistema dei debiti e dei recuperi, invece, responsabilizza insegnanti, scuola, studenti e genitori per superare le debolezze, perché costringe a trovare delle soluzioni alle difficoltà incontrate.Bisognerebbe semmai capire perché non ha funzionato e su cosa agire per migliorare il sistema.

I risultati dell’Invalsi hanno dimostrato una qualità elevata del sistema scolastico trentino. Quali sono gli aspetti che comunque possono essere migliorati per poter aumentare il livello qualitativo della nostra scuola?

Di fronte ai dati INVALSI, bisogna continuare a lavorare per il miglioramento. Va garantito il successo formativo di tutti.

La scuola deve essere impegnativa, dove si persegue il raggiungimento di competenze; non solo sapere, ma anche il saper fare. I ragazzi devono imparare ad organizzare le conoscenze e renderle funzionali. Bisognerebbe lavorare di più alla riorganizzazione delle conoscenze, piuttosto che ai contenuti in sé. La valutazione dovrebbe basarsi sul progresso personale di ognuno, piuttosto che su un metro di valutazione oggettivo.

Cosa pensa delle nuove forme di didattica che comportano l’abolizione del concetto di lezione frontale e l’introduzione delle tecnologie nella didattica?

Si tratta di un modo diverso di fare scuola, in cui l’attività laboratoriale consente all’alunno di impadronirsi degli strumenti della ricerca e di utilizzarli. Nella lezione frontale il docente non dispensa conoscenza, ma facilita il clima in classe, valorizzando la capacità di iniziativa da parte dei ragazzi. Le tecnologie diventano uno dei tanti strumenti a sua disposizione, non sostituiscono il docente. In aula di informatica l’insegnante lascia spazio alla ricerca, alla scelta, alla sperimentazione degli alunni.

Assessore Bisesti: un percorso condiviso

Fugatti con Bisesti

Assessore, a che punto è la proposta per gli esami di riparazione, a livello politico e amministrativo?

Stiamo avviando un percorso condiviso. Nel mese di settembre organizzerò un incontro con la Consulta degli Studenti, per confrontarmi e sentire la loro voce. Contemporaneamente, la nuova figura che ho istituito, la Sovrintendente Scolastica [la prof. Viviana Sbardella, n.d.r.], farà da cerniera di connessione fra la mia proposta e quella delle altre componenti del mondo della scuola. Con questa proposta non voglio dire che il sistema Italia sia il migliore, perché anche quello ha mostrato delle criticità. Vorrei arrivare, grazie all’autonomia scolastica vigente in Trentino, ad una soluzione che possa migliorare il sistema scolastico provinciale.

Quindi non si tratta di recepire in toto la normativa nazionale, ma si vuole mettere insieme una proposta comunque diversa rispetto al resto d’Italia.

Me lo auguro, perché vogliamo superare le criticità di entrambi i sistemi. Non troveremo probabilmente il sistema perfetto, ma i margini di miglioramento sono grandi. Vogliamo dare una risposta sia alle esigenze degli studenti che imparano, sia ai docenti che in confermano che il problema c’è, ed è sentito.

Secondo la sua proposta, quali margini sono concessi al Consiglio di classe, nella decisione di promozione o bocciatura, ad esempio nel caso di una sola materia insufficiente?

Con una materia non si boccia. Non sarebbe sensato bocciare una persona per una sola materia insufficiente. Il Consiglio di Classe stabilirà quante e quali carenze sono emerse. Una proposta è quella di fare l’accertamento del recupero ogni due anni, così se uno studente dovesse trovarsi in difficoltà ha tempo per organizzare lo studio. Ora è prematuro comunicare altri dettagli della proposta, dato che dobbiamo iniziare il confronto con le parti. È corretto che passi il messaggio della serietà e del sacrificio necessari ad acquisire le competenze, ma con una materia insufficiente non si può bocciare.

C’è chi sostiene, dati alla mano, che ad una maggior severità del sistema non corrisponda una maggior qualità dell’insegnamento. Lei ha altre informazioni?

Ho chiesto all’IPRASE di fare un’analisi di quanto sta avvenendo anche in Europa, per vedere se da qualche altra parte hanno trovato soluzioni di successo da poter copiare qui. Il momento è particolare per la scuola, fra trasformazioni sociali e nuove tecnologie, ed è meglio avere qualche elemento di certezza sull’innovazione che stiamo portando avanti.

A livello economico sono previste risorse economiche aggiuntive da dare agli insegnanti per sostenere lo sforzo nel recupero degli studenti? Lei aveva parlato di otto giorni da impiegare per il recupero.

Su questo vanno fatte tutte le verifiche perché c’è anche la questione sindacale da affrontare per gli insegnanti. Credo che il percorso si possa fare. Ci sono già alcuni giorni a disposizione che possono essere utilizzati, vedremo quanti ne saranno necessari.

C’è qualche soldo in più per i docenti?

Dobbiamo vedere quale può essere il piano e poi capiremo cosa si può fare. La prima cosa da fare è apportare un miglioramento per gli studenti e per la scuola in generale.