Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 10, ottobre 2020 L’editoriale

I politologi e i cittadini

In campagna elettorale si fanno promesse e progetti, aspettiamo cinque anni per parlare di fatti concreti

Franco Ianeselli, nuovo sindaco di Trento

Politologia, brutta parola. Evoca discussioni pelose, oppure astratte, oppure tutte interne al teatrino delle mosse, contromosse, alleanze e sgambetti tra mestieranti. Il politologo ne sarebbe il narratore, il critico teatrale, talora severo ma in fondo complice, tutto interno a queste logiche, francamente un po’ perverse.

Il più delle volte è proprio così. E allora la politologia non aiuta la politica ad uscire dalle sue involuzioni, anzi. La realtà invece è un’altra cosa.

Prendiamo le ultime elezioni regionali. I commenti si sono concentrati su due punti: il consistente vantaggio dei governatori uscenti dovuto all’esposizione mediatica indotta dal Covid; le alleanze, Pd-5 Stelle-renziani, considerate sempre decisive e strategiche. Ma, di grazia, gli elettori non valutano come sono stati governati? Non è che gli interessi quello, invece dei litigi tra Emiliano e Scalfarotto?

Sull’esposizione mediatica è stato irridente Luca Zaia: “Voi pensate che i cittadini siano stupidi?” Giusto. Forse i campani e i pugliesi hanno votato De Luca ed Emiliano perché hanno preservato le loro regioni dal Covid; e i veneti di Zaia hanno apprezzato come ha gestito il contagio, che pur impazzava; e i liguri Toti perchè ha contribuito alla ricostruzione del ponte Morandi con modalità esemplari.

E forse il Pd ha perso le Marche, non perché non ha ricandidato un governatore uscente beneficiato dai passaggi in tv, ma perché lui e il suo partito avevano gestito maluccio il contagio e malissimo la ricostruzione post terremoto. E sempre il Pd ha mantenuto la Toscana perché è vero che governa attraverso un ceto un po’ frusto di notabili, ma non governa malissimo, e l’alternativa leghista è meno credibile.

Insomma, quello che conta sono le cose che fai, non quanto berci in Tv, o se riesci ad allearti con il Renzi di turno.

Lo si è visto anche a livello nazionale: il circo salviniano, di fronte al contagio, ha dovuto fare i conti con la realtà, che è stata quella di un governo che fra tanti errori ed incertezze ha saputo intercettare i sentimenti profondi della nazione e gestire la situazione meglio di tutti gli altri paesi occidentali. Ed allora è inutile gridare al migrante, o fare il filo, a mascherina abbassata, alla scombiccherata minoranza dei negazionisti, o prendersela con l’Europa che ti sta dando una robustissima e inaspettata mano.

Alla fine la politica è l’arte di governare la realtà. E quello conta.

Nel nostro piccolo abbiamo cercato di applicare questo principio alle due maggiori realtà comunali trentine.

Nelle pagine interne si possono vedere i risultati del nostro test sui comuni di Trento e Rovereto, cui hanno partecipato i 13 candidati e oltre tremila cittadini (e ringraziamo entrambi). Un test su problemi e prospettive delle due città, con un confronto tra le soluzioni approvate dai cittadini e quelle proposte dai politici. Senza qui anticipare discorsi più articolati che svolgiamo all’interno, una cosa ci sembra di poter sottolineare: i motivi della netta vittoria al primo turno di Franco Ianeselli a Trento. Che sono la sintonia, sua e della coalizione, con le attese e sensibilità dei cittadini, o almeno, di una loro sicura maggioranza. Cittadini che globalmente valutano, sui temi e sui fatti, la città ben governata, però frenata da una serie di non-decisioni – a iniziare dall’urbanistica e dal centro storico, ma anche, per esempio, dalla moschea. E da queste non-decisioni (e quindi dal suo predecessore) il candidato ora neo-sindaco ha saputo prendere cortesi ma nette distanze, riallineando quindi il centro-sinistra alle aspettative dei cittadini. E questa non è ancora la politica dei fatti, è quella dei progetti: che è quanto ci si aspetta dalla campagna elettorale di un neo-sindaco. Dei fatti si parlerà tra cinque anni.

Forse è più agevole, a livello comunale, valutare la politica in base a quanto si fa, non in base alla rappresentazione che si mette in scena. Confidiamo che questa modalità di giudizio la si sappia tradurre anche ai livelli superiori, differentemente da quanto abbiamo visto alle ultime regionali. In fin dei conti stiamo parlando di democrazia.