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Non è mai troppo tardi

Claudio Riccadonna
Alberto Manzi

Non è mai troppo tardi” recitava un noto programma degli anni Sessanta, condotto dal maestro Manzi e che in un’epoca ancora piagata dall’analfabetismo, quello primario, insegnò a leggere e a scrivere a molti concittadini, consentendo magari loro di conseguire la licenza elementare. Per tanti si aprivano, quasi d’incanto, le porte di una conoscenza autonoma e di una migliore esplorazione del mondo. Ciò significava peraltro evitare l’esclusione e consegnava nuova linfa vitale.

Oggi viviamo, in una condizione analoga, segnata da un alfabetismo funzionale, quello di nuova generazione, legato al digital divide, espressione inglese che indica la disparità di accesso a Internet, a causa anche della scarsa alfabetizzazione informatica, soprattutto degli anziani. Ecco allora la nonna disperata, ma anche il più giovane negato che non sono in grado di accendere il computer, di inviare una email o uno sms, figuriamoci allora le insormontabili difficoltà nello scaricare, ma soprattutto nell’utilizzare una specifica app (pensiamo al fare un bonifico bancario), così da limitarne poi nervosamente la capacità d’azione; la condizione impotente e disarmante di chi acquista l’ultimo trovato iper-tecnologico che poi gli risulta impossibile da usare. Giusto per fare alcuni esempi.

Tuttavia, per fortuna, vengono in soccorso i nipoti marziani e, in una dialettica completamente ribaltata, per una volta, sono i più vecchi a ricevere sostegno e supporto dai più giovani. Come non sentirsi emarginati, isolati, esclusi dalle potenzialità e opportunità del mondo digitale?

Insomma, i tempi sono cambiati ma i problemi sono gli stessi di 50-60 anni fa, in primis la necessità improrogabile di comprendere i linguaggi essenziali ma imprescindibili, quelli nuovi della comunicazione digitale, premessa indispensabile per approcciarsi a nuove realtà, per non restare tagliati fuori e abbandonati, non costretti sempre a ricorrere ai consigli dei nativi digitali.

Allora perché, nel 2020, non cominciare ad organizzare dei programmi televisivi che, ad orari prestabiliti ma ragionevoli (non alle due di notte), aiutino ad alfabetizzare, a migliorare la confidenza di una vasta platea di illetterati digitali con i nuovi strumenti. D’altra parte anche la dichiarazione dei diritti in internet del 2015, elaborata peraltro da una commissione presieduta dallo stesso ex garante per la protezione dei dati, Stefano Rodotà, definiva l’accesso alla rete come “diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale”.

Pertanto, non solo non è mai troppo tardi, ma non c’è nemmeno tempo da perdere.

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