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QT n. 10, ottobre 2022 L’editoriale

Sinistra, il fallimento

I motivi di una bruciante sconfitta elettorale: la perdita della base sociale, i lavoratori dalla sinistra non si sentono più rappresentati

Gli operai che, con ottime ragioni, voltano le spalle alla sinistra: questa l’immagine che emerge dall’intervista al segretario trentino dei metalmeccanici Michele Guarda, che non a caso pubblichiamo come servizio d’apertura. E’ un importante dato elettorale, senz’altro; ma è soprattutto un’indicazione strategica. La disillusione operaia, infatti, non viene da passeggeri mal di pancia, o da infatuazioni per leader telegenici (che potranno anche esserci, ma sono solo disdicevoli conseguenze). Viene da anni di politica economica e a: che, come spiega Guarda citando provvedimenti e leggi, ha scientemente operato un trasferimento di ricchezza a favore delle classi già abbienti e una parallela compressione delle tutele e della qualità della vita dei lavoratori. Le statistiche confermano.

Tutto questo poi non è avvenuto – se non altro prima del Covid e della guerra ucraina – in una situazione di generale diminuzione della ricchezza sociale, ma anzi, in un periodo di aumento grazie all’esplosione della produttività causata da Internet e informatica; né, ancora, è da leggersi come effetto perverso della globalizzazione: in tutti gli altri stati europei i salari reali sono aumentati, anche di molto, non diminuiti come in Italia.

La conclusione non può che essere drastica: la parte politica che doveva rappresentare e difendere i lavoratori, pur essendo per tanti anni al governo, ha clamorosamente fallito. Non c’è dubbio alcuno.

L’unico dubbio è se il fallimento sia dovuto a incapacità o a malafede.

Noi riteniamo che ci sia stato, e ancora ci sia, un insieme di pesanti inadeguatezze: culturali e sociali. La sinistra da tempo non ha più una cultura autonoma, subisce l’egemonia di quella dei ceti dominanti, presso i quali disperatamente cerca di essere accreditata. I partiti si sono ridotti ad organismi tesi alla promozione sociale dei propri aderenti (intesi come dirigenti, non come iscritti). Le politiche sono conseguenti.

Questa, a nostro avviso, è la lezione da trarre dalle ultime elezioni. Non certo i discorsi sulle tattiche sbagliate, sulle mancate aggregazioni elettorali, sui narcisismi di questo o quello. Se non hai un’idea forte, anzi, se hai smarrito te stesso, se ti manca il senso del tuo stesso esistere ormai ridotto alla gestione non della società, ma di alcune migliaia di poltrone, allora logicamente non hai più capacità di attrazione. Le forze centrifughe prevarranno. In poche brutali parole: non hai più utilità alcuna.

Certo, per un po’ si può galleggiare. Persi gli operai, si può cercare di rappresentare – magari con maggior convinzione – i lavoratori di fascia medio-alta, o lusingare i ceti intellettuali, insomma essere il partito delle ZTL, come dicono sarcastici i commentatori della destra. Ma non avrai un grande futuro. Anzi, peggio: non rappresenterai nemmeno un argine credibile e quindi efficace a oggi improbabili, ma prossimamente possibili, involuzioni autoritarie.

Per questi motivi registriamo con sconcerto il livello del dibattito post-elettorale a sinistra. Tutto incentrato sul politicantismo. Alla ricerca di interlocutori: che però non sono i ceti sociali, ma i Calenda o i Conte. O, quando va bene ,si parla di politiche; intese però come bonus, per questo o per quello, non come ridisegno della società, con diminuzione delle diseguaglianze e incremento della sicurezza sociale (che non è la fobia dell’immigrato ma la garanzia per una lavoratrice incinta di non venire licenziata).

Insomma, non si vuole prendere atto della regressione sociale in corso, non se ne capisce la pericolosità. Forse perché questa regressione sei stato proprio tu ad innescarla, nell’ansia di adeguarti, per non essere più quello che alla cena di gala arrivava con il vestito sbagliato.

Bisognerà cambiare anche le persone. E’ il minimo. E per ora in tal senso non ci sono segnali.

E’ questo che ci preoccupa, molto più dei giovanili trascorsi fascisti o le imbarazzanti (ora anche per lei) alleanze internazionali di Giorgia Meloni.