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QT n. 9, settembre 2023 Servizi

Olimpiadi in affanno

Sul bellunese si abbatte la tempesta Zaia: cemento e asfalto

L’appuntamento internazionale delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 è in grave sofferenza. Nonostante gli inconcepibili diffusi commissariamenti che snaturano ogni passaggio democratico e partecipativo, favoriscono clientele e offuscano la trasparenza, si è certi che 59 opere delle 73 previste non saranno realizzate entro il 2026. Eppure nella Fondazione Milano-Cortina 2026 non si vive preoccupazione su un dato tanto clamoroso. Il decreto Draghi 26 settembre 2022 aveva messo le mani avanti. Le opere, per lo più stradali (parcheggi, aeroporti, ferrovie) potranno essere concluse anche molti anni dopo, addirittura potranno essere rifinanziate, visto il progressivo proliferare dei costi.

Le famose Olimpiadi a costo zero del 2019 oggi costano ai contribuenti oltre 5 miliardi, di cui solo 500 milioni vengono coperti dal CIO, il Comitato Olimpico Internazionale.

Nonostante la preoccupante situazione, Giovanni Malagò e il suo amico ministro Andrea Abodi stanno studiando una revisione dello Statuto del CONI per permettere al capo incontrastato dello sport italiano di mantenere in perpetuo il suo regno. Uno scettro per la vita. Regista dell’operazione? L’ex dirigente sindacalista della CISL nazionale Sergio Antonio D’Antoni, oggi presidente del CONI Sicilia. Su questo si lavora alacremente.

Ovviamente la stampa non ne parla. C’è l’ordine del silenzio, fatta eccezione meritevole per il Fatto Quotidiano. Anche i partiti si sono adeguati a questa genuflessione.

Avete mai assistito in Trentino alla presentazione pubblica di un solo progetto? No di certo, solo qualche spot pubblicitario della Fondazione, nessun dibattito. Immaginate quindi quanto succede in Veneto o in Lombardia, due regioni che ingoieranno oltre un miliardo e mezzo ciascuna degli investimenti previsti.

C’è affanno anche per i tempi di realizzazione delle opere definite irrinunciabili. Già la pista di pattinaggio di velocità da Baselga di Pinè è emigrata al palazzo delle Fiere di Milano a Rho, causa i costi eccessivi si dice.

La vecchia pista di bob di Cortina, chiusa da 15 anni

Le responsabilità di costi tanto elevati sono tutte addebitabili al CIO, che impone infrastrutture insostenibili per località di montagna: tribune esagerate, posti auto, palazzi coperti. Confermando così il fallimento della sostenibilità della sua pur recente Agenda olimpica 2020.

Lombardia e Veneto: ovunque ritardi

Potrà anche essere vero che i ritardi siano stati programmati, voluti. Non ci sono prove su una simile follia. Certamente è vero che i tempi per troppe opere sono ridotti ai minimi termini. Partendo dalla Lombardia, lo stadio dell’inaugurazione, San Siro, non sarà rinnovato. Lo si voleva abbattere e rifarne uno nuovo, ma è stato dichiarato monumento di rilevanza storico-culturale dalla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio. Il secondo anello presenta molti elementi di rilevanza architettonica imperdibili. Uno schiaffo al Sindaco di Milano Giuseppe Sala e all’operazione da lui sostenuta, proposta dalle immobiliari delle due squadre milanesi, Milan e Inter, ora irrealizzabile. Come previsto dai diversi comitati locali milanesi, il mosaico San Siro è fallito.

Fallisce anche l’operazione Palasharp di Lampugnano. Il palazzo doveva ospitare le gare di hockey femminile, che saranno anch'esse spostate a Fiera Milano-Rho, una struttura temporanea. Palasharp rimarrà un rudere, al massimo utilizzato come base logistica per i volontari; 46 milioni il costo dell’intervento parziale, a fronte dei previsti 18 iniziali, costo che doveva essere sostenuto da TicketOne.

In Lombardia viene accantonata un’altra opera ritenuta essenziale, la tangenziale di Bormio, un tracciato di nuova viabilità che non avrebbe risolto alcun problema di mobilità verso Bormio, l’alta Valtellina e il passo dello Stelvio, ma avrebbe comportato la distruzione di un’area di pregio agricola della piana bormiense, accanto al torrente Alute. A fine agosto l’intera piana è stata alluvionata, come prevedevano le documentazioni che gli ambientalisti si ostinavano a portare in Comune. La così definita “bretellina” è stata stoppata dall’opposizione severa di una combattiva cittadinanza.

Passando nell’efficiente Sudtirolo, i lavori al centro del biathlon di Anterselva, dovevano costare due milioni di euro nel 2019 e sono lievitati a 40 milioni, poi sono stati bloccati al Consiglio di Stato da una sentenza che vedeva in contrasto due ditte: il consorzio Ploner-Gasser e la UnionBau. Rimarranno tempi utili per la costruzione del doppio poligono di tiro?

In Trentino si opera sottobanco, in totale assenza di informazioni, nonostante le Olimpiadi richiamino opere inutili per l’evento, come la sorpresa del villaggio olimpico regalato alla Scuola di Finanza alpina di Predazzo: oltre 27 milioni di spesa, aumenti volumetrici e nuovo imponente edificio imposto sulla confluenza dei due torrenti alluvionali, l’Avisio e il Travignolo. Senza poi parlare dei costi dei trampolini, del centro di fondo, della inutile strada che dall’altopiano di Piné dovrebbe scendere in Valfloriana, o del centro del curling a Cembra.

In Veneto: uno sviluppo centrato sul cemento

Flash mob ambientalista

Quanto accade in Veneto fra tremare i polsi a qualunque persona dotata di buon senso. Su Cortina arriverà una pioggia di milioni che si trasformeranno in cemento e asfalto: tangenziale di San Vito di Cadore, tangenziale in galleria di Cortina, ben nove nuovi parcheggi, la speculazione in project financing dell’area commerciale della vecchia stazione, il rinnovo del palazzo del ghiaccio, dell’area trampolini, la nuova pista di bob, il villaggio olimpico che sarà demolito e trasformato in eliporto. Un miliardo di euro, cantieri diffusi per oltre un decennio, tutte opere commissariate e prive di controllo democratico diretto, tutte prive di una valutazione ambientale strategica o di singole VIA democratiche.

Mentre Zaia pensa in grande imponendo il modello dello sviluppo padano, alle Dolomiti arriva l’umiliazione. Ci si accorge che la funivia Faloria, quella dei vip, l’area che ha ospitato film di avventura come “Cliffhanger-Ultima Sfida” con Sylvester Stallone e molte delle scene di “Un passo dal cielo”, ha la revisione scaduta. Nessuno se ne era accorto e il ministero è stato costretto a fermare il funzionamento dell’impianto per un mese, tutto luglio, nel cuore dell’estate. Chi pagherà per aver causato un simile danno economico e d’immagine?

A seguire arriva la pugnalata, olimpica. A fine luglio l’asta dei lavori di rifacimento della pista olimpica va deserta. I tempi di realizzazione dei lavori vengono ritenuti troppo stretti. A questa caduta rimedia Simico (Società Infrastrutture Milano-Cortina 2026) grazie al suo amministratore delegato e commissario Luigi Valerio Sant’Andrea. Alla stampa si offrono comunicati tranquillizzanti: “Ce la faremo, senza problemi”. Infatti si avvia una trattativa privata tesa a gestire lavori previsti dall’appalto nell’ordine di 81 milioni.

Ad oggi nessun tempo di progettazione è stato rispettato e i costi complessivi dell’impianto, nuovo, sono lievitati dai 47 milioni del dossier di candidatura ai 124 odierni, senza IVA. I tempi per i lavori sono ormai risicati: 806 giorni per realizzare l’impianto, collaudarlo, fare le gare di sostenibilità agonistica.

Ma sul tema la Fondazione trova colpevoli esterni: l’amministrazione comunale di Innsbruck e la società Innsbruck Olympia World che gestisce la locale pista di bob e skeleton. La loro colpa? Avanzare una proposta alternativa, quella sostenuta da quattro anni dagli ambientalisti locali e nazionali. Ora, finalmente, anche da PD, Verdi e Sinistra italiana: andare a Innsbruck, da subito. Il costo? Qualcosa più di dieci milioni. Per l’Italia si tratterebbe di un risparmio di oltre 110 milioni, per Cortina un risparmio di oltre un milione di euro di gestione all’anno, e risparmierebbero anche Trento e Bolzano, visto che fin dal 2019 Fugatti e Kompatscher si sono impegnati a sostenere parte dei costi di gestione attraverso i fondi di confine.

Ma il presidente del Veneto Zaia non desiste. Sostiene che qualora Cortina perdesse la pista di bob, l’evento olimpico per il Veneto perderebbe senso. Zaia non riuscirebbe più a sostenere la validità dei progetti stradali messi in cantiere, impegni di spesa che superano il miliardo. Ironizzando, in molti ambienti veneti non si parla più della tempesta Vaia, quella olimpica viene definita tempesta Zaia. Una tempesta devastante, basata su uno sviluppo stradale ad alta intensità. Vedasi la Pedemontana Veneta, le innumerevoli circonvallazioni progettate per raggiungere da Longarone la mitica Cortina d’Ampezzo, la bretella dell’aeroporto di Venezia e quello di Verona.

Senza pista di bob l’impero di Zaia, strutturato su un clientelismo diffuso, cederebbe di schianto. Una tempesta, quella riferita al bob, che porterebbe anche conseguenze politiche nel Veneto, visto che il presidente sta cercando un passaporto nazionale per superare la stretta del vincolo di mandato. Qualora vi riuscisse arriverebbe alla quarta legislatura; e i malumori serpeggiano anche all’interno del suo partito e in Fratelli d’Italia. Ma come per Malagò, certi regni personali devono rimanere eterni.