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La fredda stagione dell’Ulivo

L'esaurirsi dell'ulivo trentino: causa motivi contingenti (l'infausto coordinatore Giuseppe Zorzi) e di fondo (il problema, mai affrontato, del doroteismo come prassi di governo).

E' stata impietosa la foto pubblicata dall'Alto Adige sul la Convention dell'Ulivo di domenica 11: una sala praticamente vuota. E anche se poi, un'ottantina di persone hanno in realtà presenziato, la foto è l'immagine del grande freddo caduto sull'Ulivo trentino. Né erano certo di conforto le parole di Giovanni Procacci, referente nazionale giunto da Roma, che sosteneva "voi siete più avanti... voi siete di esempio a livello nazionale": "allora stiamo freschi " commentavano in sala gli ultimi sopravvissuti dei Comitati per l'Ulivo, una grande disponibilità di gente nuova a impegnarsi nella politica, malamente lasciata estinguersi.

Come è potuto accadere? La dinamica non è stata nazionale (anche se non ha aiutato l'esaurirsi della spinta del governo Prodi, una volta raggiunto l'obiettivo Europa) è stata soprattutto locale. E indubbiamente porta innanzitutto un nome, quello dell'infausto coordinatore Giuseppe Zorzi: dimostratosi contemporaneamente ambiguo e sprovveduto, assolutamente indifferente ai contenuti dell'azione politica, costantemente contiguo alle spericolate evoluzioni dei vari partiti post-democristiani, nella speranza di ricavarne per sé uno scranne, a Roma o a piazza Dante. Quando tre anni fa andò in crisi il primo governo Andreotti, i partiti del centrosinistra delegarono a lui e all'Ulivo il compito di rappresentarli unitariamente alle trattative per la nuova giunta: fu il momento di massimo successo dell'aggregazione; malamente sprecati, e dal dilettantismo di Zorzi, e dai suoi tentativi di infilare il proprio nome nelle parallele intese per i candidati alle contemporanee elezioni nazionali.

Ovviamente le colpe di Zorzi non esauriscono il problema. Esse solo accelerarono altre due dinamiche negative.

La prima fu la resipiscenza delle segreterie dei partiti (e partitini) della coalizione: "non funziona Zorzi? Meglio, così contiamo di più noi", fu grosso modo il ragionamento dei tanti segretari, che poterono dedicarsi all'eterno giochetto delle alleanze che tanto li diverte (Si sa, le aggregazioni, il bipolarismo, comportano la fine di un ceto, di una cultura, che delle alleanze-trattative-tradimenti tra una molteplicità di soggetti, ha fatto un elaborato gioco, nella cui conoscenza consiste la propria ragion d'essere. Per questo il bipolarismo ha tante difficoltà e tanti nemici).

La seconda dinamica è stata la divaricazione tra centro e sinistra. Da una parte una consistente porzione di ex-Dc (polarizzatasi attorno ai consiglieri Valduga-Zanoni e all'alierà segretario dei popolari Renna) che ha ritenuto riesumabile il modello politico doroteo clientela, contributi, stop alle riforme e che su queste basi ha avviato propri rapporti di concorrenza collaborazione con il Patt di Tretter e gli ex-Dc di Grandi. Dall'altra parte il PDS, deluso da tale deriva dei popolari, ha dato corso a una versione locale della Cosa 2 di D'Alema, versione più nobile e seria del pasticcetto nazionale, che ha finito con l'aggregare tante anime della sinistra trentina; ma che fatalmente metteva in un angolo il progetto dell'Ulivo.

Infine le ultime dinamiche: l'emergere di Dellai come segretario dei popolari prima e come leader della Lista Civica poi, il suo accordo con l'orrido Tarcisio Grandi e con i presidenti comprensoriali (strutturalmente antiriformisti); la risposta allarmata di una parte della sinistra e subalterna nell'altra; il rifiuto di Dellai di mettere nel simbolo alcun riferimento all'Ulivo; le patetiche "primarie" dei comitati dell'Ulivo (segreto il numero dei votanti, segreti i risultati); il confluire di Zorzi nella lista non ulivista di Dellai. Si è toccato il fondo. Ora il nuovo coordinatore Angelo Giovanazzi dichiara "chiuso un ciclo, ma l'Ulivo vive ancora".

Noi riteniamo che l'Ulivo possa ancora vivere solo se riuscirà ad essere strumento per affrontare il problema cardine del Trentino: come superare il modello doroteo, con quali alleanze politiche e sociali.