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Quelli che barano sulle riforme

La campagna de L'Adige a favore delle riforme istituzionali. E le pretestuose critiche di coloro che vogliono - di nascosto - sabotarle.

L'"Appello per la riforma del Trentino " de L'Adige, a parecchi a sinistra è andato di traverso, e proprio ai riformisti più coerenti. Cosa siamo, alle solite divisioni tra gente che invece dovrebbe lavorare concordemente? La realtà è un po' più complessa.

L'appello dell'Adige si articola su dieci punti, ma il nucleo vero sono le riforme istituzionali, il resto è vago contorno (chi non può essere d'accordo con obiettivi, troppo giusti e troppo vaghi, come " efficienza e giustizia nella sanità e nell'assistenza" o come "difesa ambientale e sviluppo compatibile del turismo"?

Dunque le riforme istituzionali, cioè la regione federale, il sistema elettorale maggioritario, l'elezione diretta del presidente della giunta (ci sarebbe anche l'altra eterna querelle, il liquidamento dei comprensori, ma - forse non a caso - la proposta viene molto annacquata). In buona sostanza l'oggetto del contendere tra riformatori e conservatori nella passata legislatura; e ancor prima, l'oggetto di un analogo appello e analoga campagna stampa sempre de L'Adige. Per cui, prima di iniziare da capo, sarebbe logico trarre un bilancio delle passate iniziative: perché gli sforzi riformatori sono andati a vuoto? Che influenza ha avuto il precedente appello? Siamo sicuri che questi mezzi sono efficaci, oppure bisogna in qualche maniera aggiustare il tiro?

C'è poi chi (in particolare i consiglieri diessini Chiodi, Bondi e Alessandrini, che più si sono battuti per le riforme) addirittura paventa che questa iniziativa sortisca l'effetto opposto alle pur buone intenzioni dei promotori: finisca con il concedere la patente di riformatore a chi lo è solo nei giorni delle elezioni, e negli anni successivi invece rema contro. Ma come - dicono i consiglieri - basta che un tramacione come Tarcisio Grandi, subdolo affossa-riforme, firmi l'appello, e subito si ritrova vergine? Insomma, perché invece di dare tanto peso alle promesse elettorali, non si traccia un bilancio delle realizzazioni? Perché invece di focalizzarsi sui comodi "io farò..." dei politici, non si giudica in base al "tu hai fatto"?

La protesta dei consiglieri dei Ds ha evidentemente solidissime ragioni. E rimanda a un punto essenziale in democrazia: la capacità di giudizio dell'opinione pubblica; e, ancora più a monte, la trasparenza dei processi decisionali (perché i tramacioni tendono a mimetizzarsi) e il ruolo, le capacità della stampa.

Se però spingiamo il ragionamento dei consiglieri fino alle logiche conseguenze, vediamo che qualcosa non torna. Infatti, cosa dovrebbe fare un giornale che si vuole riformista come L'Adige (Non parliamo dell'Alto Adige, che come è noto, con la direzione Barbieri e la linea "il Trentino ha bisogno di ben altro", le riforme le ha scientemente sabotate)? Dovrebbe, per coerenza fare una esplicita campagna contro Grandi; contro Dellai che lo ospita in lista; contro Tretter, altro grande affossatore; contro il Patt. Ma anche, all'interno della lista dei DS, contro Parolari, che ha in toto sposato la linea antiriformista dell'Alto Adige; e, all'interno della sinistra, contro tutti quelli che sostengono "le riforme hanno stufato, non portano voti" e preferiscono parlare d'altro.

Tutto questo si può fare, e QT infatti lo fa, perché per sua natura è un giornale che - come recitava il nostro slogan di diciotto anni fa - è "un giornale che dice quello che gli altri non dicono". Ma è pensabile che lo possa fare L'Adige, senza sbilanciarsi troppo, senza apparire troppo schierato?

Riteniamo di no. E la risposta deriva da un'ulteriore convinzione: nel Trentino oggi non esiste una diffusa, radicata consapevolezza della necessità delle riforme. Altrimenti l'Alto Adige non si sarebbe potuto permettere la sua campagna anti-riforme; non sarebbe montata, anche a sinistra, la ridicola (e talora interessata) moda "nuovista", per cui non occorre cambiare le regole di una democrazia asfittica, basta mettere uomini "nuovi", i Parolari, i Dellai ecc.

Proprio per questo allora, la campagna de L'Adige assume un significato positivo. Perché torna ad agitare un tema - le riforme - su cui in troppi si erano addormentati; torna a ricordare, al Trentino e ai partiti, anche a quelli che si vorrebbero riformatori, quali sono i problemi e le priorità odierne; e riempie di contenuti veri una campagna elettorale, altrimenti polarizzata attorno a priorità fasulle tipo PiRuBi.

Certo, rimane il problema della coerenza dei politici, e della sua verifica da parte della pubblica opinione; della capacità di non limitarsi ad agitare un tema per un mese e poi lasciarlo dormire per tre anni. Insomma rimane il problema della formazione di una pubblica opinione matura; dato (anzi, risorsa) oggi indispensabile, quando, allo svuotamento delle parrocchie e delle sezioni di partito, non fa ancora contrappeso una corrispondente crescita delle autonome capacità di giudizio del singolo cittadino. Si tratta di sostituire i consigli del parroco o gli ordini di partito; ma non con le suggestioni di un avventuriere come Bossi o con le sottili corruzioni dei dorotei come Grandi; bensì con le capacità che derivano da maggior cultura e migliore informazione. E a questo è chiamata (anche) la stampa.