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Cooperative: continuità o impotenza?

Il movimento cooperativo è consapevole di doversi rinnovare. Ma poi, al momento delle scelte...

Ecosì Pierluigi Angeli, l’immarcescibile boss doroteo, sarà ancora una volta presidente della Federazione delle Cooperative. A stragrande maggioranza, anzi all’unanimità. Ma questa è solo la facciata. Dietro cui ci sono i problemi, grossi e irrisolti. E che la Federazione, come tutti i colossi (ricordiamo le cifre: 100.000 soci, l’egemonia nel settore agricolo, la preminenza in quello bancario, ecc.) non riesce ad affrontare con la dovuta agilità.

Era stato un "comitato di saggi" ad essere incaricato, in vista della nomina del nuovo presidente, di sondare gli umori della base. E dal sondaggio erano emerse lamentele varie, ma soprattutto incertezze. Le lamentele sono incentrate sui compiti tecnici della Federazione: soprattutto sull’attività di consulenza (paghe, contabilità, ufficio legale, fiscale); di fatto molte cooperative utilizzano propri commercialisti o legali, perché giudicano insufficienti i servizi forniti dalla Federazione. Niente di male, è sacrosanto che le coop si cerchino sul mercato le soluzioni migliori: ma una delle funzioni della Federazione viene a svanire.

Resta il ruolo politico: quello di fare dell’insieme delle coop un "movimento", indicare finalità, prospettive, stringere alleanze, tenere i rapporti con le pubbliche amministrazioni. E qui alla gestione Angeli vengono riconosciuti i meriti; ma anche sottolineati i limiti. I meriti sono la capacità di relazioni esterne del vecchio boss, le entrature nel mondo politico che gli rimangono anche nell’era post-democristiana, l’apertura verso nuove alleanze (le Coop rosse per il consumo, le Banche di Credito Cooperativo a livello veneto, nazionale e anche internazionale...).

Pierluigi Angeli, già presidente della Giunta Provinciale, che veleggia verso una riconferma, non entusiasta, alla presidenza della Federazione delle Cooperative.

I limiti sono quelli che abbiamo sottolineato in passati servizi (che ci hanno procurato l’ostilità - anche sul versante pubblicitario - della Federazione). Il movimento cooperativo, per quanto potente, si trova in una posizione critica: nella società competitiva che si sta delineando, deve trovare una sua nuova collocazione. Pena una crisi - di prospettive, di identità - di cui si avvertono i primi preoccupanti segnali (disaffezione dei soci, vedi caso della vendita della Cassa rurale di Storo; inadeguatezza dei presidenti; debordare dal proprio ruolo dei direttori, che spesso si comportano da autentici padroni senza però rischiare soldi propri; scarsa trasparenza).

Problemi noti, su cui la Federazione ha indetto diversi convegni, con contorno di consulenze, discorsi, progetti. Il tutto finito nel nulla: i progetti nei cassetti, gli studiosi esterni liquidati con qualche milione, quelli interni emarginati in uffici pletorici, i docenti universitari organici al movimento costretti ad andarsene sbattendo la porta (di questi giorni, l’ultima uscita, quella del prof. Andrea Leonardi, teoricamente a capo di un progetto-formazione che mai vedeva la luce). Di fatto l’immobilismo più assoluto; la struttura della Federazione ha acquisito una mentalità ministeriale e blocca ogni rinnovamento.

Angeli queste cose le sa. Ma non è mai riuscito a fare alcunché, forse per la sua mentalità dorotea-clientelare, forse per scarse capacità di orientare una struttura, forse per il vizio di circondarsi di collaboratori incapaci, per essere sicuro che non gli facciano le scarpe. E così spesso urla "Bisogna cambiare tutto!"; senza mai riuscire a cambiare nulla; anzi, senza provarci davvero.

Ma sia pur perché ha provveduto a bruciarsi attorno i potenziali concorrenti, Angeli è ancora, nello stato di latente crisi, l’unico punto di riferimento. E quindi è stato ancora il vecchio boss a essere indicato per un ulteriore mandato. Ma contemporaneamente è stato posto sotto tutela: cinturato da un folto gruppo di vice-presidenti.

La cosa non è nuova: la vicepresidenza allargata c’era alcuni anni fa; e i nomi dei vice-presidenti (Fiorini del Sait, Senesi delle Casse Rurali, Schelfi di Delta Informatica e Consorzio Lavoro Ambiente) non sembrano indicare rivoluzioni: nei loro settori magari hanno ottenuto come manager buoni risultati, ma sono i soliti esponenti di cordate varie.

E così alla consapevolezza della necessità di una svolta, si affianca un vago senso di impotenza. Una situazione di stallo quindi. Ma all’esterno la realtà preme.