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Credibilità e contenuti

Credibilità e contenuti della Giunta Provinciale dopo il referendum sull'aeroporto.

Silvano Grisenti, assessore ai lavori pubblici e massimo sostenitore del nuovo aeroporto, ha dichiarato che al referendum non sarebbe andato a votare; Lorenzo Dellai, padrino dell’operazione, non ha dichiarato niente, ma quella domenica se ne è andato a Imola ai box Ferrari; Alberto Pacher, teoricamente il sindaco di Trento, ma che spesso pensa di essere ancora il vice-sindaco, a votare invece c’è andato, ma si è rifiutato di rivelare se aveva messo la croce sul Sì oppure sul No.

In questa commediola c’è il senso della questione aeroporto, ma c’è anche altro.

Sull’aeroporto il non raggiungimento del quorum ha rallegrato i sostenitori dell’ampliamento, acquattati nei giorni precedenti, ben attenti a non innescare polemiche che attirassero attenzione sulla consultazione.

Ma è stata un’allegria di breve durata. Non essendo un referendum abrogativo, non avendo quindi alcun effetto legale, ma solo consultivo, il concetto di quorum è assolutamente evanescente: un tale referendum è un sondaggio, e come tale ha dato risultati inequivoci: i cittadini che hanno considerato la questione, all’80% sono contrari. A questo punto l’opera è delegittimata, tentare di arruolare i non-votanti allo sparuto 20% dei favorevoli è un’operazione disperata; e difatti ci hanno provato solo i leghisti.

Ma il discorso vero va ben oltre l’aeroporto. Quale leadership può esercitare, quale credibilità nell’azione di governo può avere, un personale ai vertici della politica trentina che pretende di decidere senza avere il coraggio di confrontarsi con la pubblica opinione? Li abbiamo visti in questi giorni, i (pochi) sostenitori di terza fila dell’aeroporto, mandati allo sbaraglio a sostenere l’insostenibile, senza dati, senza argomenti, sbeffeggiati da antagonisti increduli ("questo non è un dibattito, questo è un massacro" si commentava durante l’unico dibattito televisivo). E i fautori veri, i massimi vertici che dribblavano ogni occasione di confronto, sperando che il non-voto li salvasse dall’impasse. Forse non rendendosi conto di aprire un problema non solo di democrazia; ma anche di leadership. Che autorevolezza può mai pensare di avere, chi ritiene i propri stessi progetti impresentabili in pubblico?

Il caso aeroporto viene all’indomani del caso Jumela (ed entrambi avranno ulteriori puntate). E viene in un momento più generale di grave impasse della presidenza Dellai.

Impasse politico e programmatico. Sul fronte della politica Dellai era decollato sull’onda del fortunato slogan "facciamo come se...": come se ci fosse il maggioritario, il bipolarismo, un regolamento consiliare adeguato all’oggi; nel senso che la governabilità, non garantita da regole, può però essere conquistata grazie alla forza del carisma e dell’idealità. La realtà è stata molto più triste: la produzione legislativa è tendente a zero, alle elezioni comunali l’Ulivo è defunto e il centro-sinistra frantumato, le riforme sono ferme.

Sul fronte del programma è esplosa la seconda contraddizione, quella tra il "Trentino che volta pagina" della campagna elettorale, e la pratica di governo, fatta di collusioni con l’affarismo, di decisioni smaccatamente clientelari, di anomale concentrazioni di potere nelle mani di uomini di fiducia. E così la stampa è passata dagli osanna all’ostilità, la struttura provinciale si sente demotivata quando non delegittimata, l’elettore disilluso.

La Margherita tace, ancora nessuna voce osa dissentire dal grande capo: ma, non tenuta più insieme da un progetto di speranza, è scossa da fibrillazioni, da tensioni personalistiche, che si manifestano in varie scaramucce di periferia.

In questo quadro si iscrive la scollatura con la sinistra. Al cui interno è iniziato un dibattito che può sortire esiti fecondi. Abbiamo già descritto il ribaltamento di impostazione ai Ds con la segreteria Bondi (la sinistra è al governo per fare cose di sinistra) rispetto a quella Albergoni (Dellai è il nostro leader, il suo operato non si discute). E come questo ribaltamento di priorità (adesso importanti sono i contenuti, non la contiguità al leader) abbia trasformato le relazioni tra le forze politiche di sinistra: dalla litigiosità tra vassalli concorrenti, a una (per ora vaga) unitarietà per affermare contenuti comuni. Ritornando al dibattito sull’aeroporto, era nella forza delle cose che i vari Raffaelli dello Sdi, Rigo di Italia Nostra, Bitteleri di Rete-Ds, portassero argomentazioni che risultavano complementari, che si rafforzavano l’una con l’altra. Paradossalmente (ma neanche tanto, possiamo dire che è stato facile prevederlo) proprio l’affermazione alla segreteria dei Ds di Bondi - che esplicitamente metteva in secondo piano l’unità delle sinistre, ponendola non come risultato di confederazioni, di accordi tra stati maggiori, ma come conseguenza di una priorità dei contenuti - proprio l’affermazione di Bondi ha portatato a questa ritrovata convergenza.

In realtà la crisi di credibilità che ha investito Dellai pone problemi anche a sinistra. Che si trova a dover decidere come rapportarsi con l’alleato che, per quanto in affanno, è pur sempre socio di maggioranza.

Le posizioni che si confrontano sono sostanzialmente tre. La prima, sostenuta in parte da Pacher, naturalmente da Albergoni, e da Solidarietà (tutta?) è espressa in un comunicato della stessa Solidarietà; in soldoni: non abbiamo altro leader che Dellai, restiamo in maggioranza ("male fa Bondi a alzare i toni del confronto") dove cerchiamo di limitare i danni, perchè l’alternativa sarebbe un catastrofico governo di centro-destra. Un autoconfinamento in un angolo, nel ruolo che storicamente fu del Psdi, piccolo vassallo di sinistra della grande Dc (e quella era la Dc, non la Margherita in crisi).

La seconda opzione è opposta: con l’affarista/doroteo Dellai non ci sono nè speranze nè futuro, prepariamo la rottura facendo leva sui tanti nemici (nel Ppi, nel Patt, nella stessa Margherita) che il burbanzoso presidente si è ormai fatto, e sulla speranza di rinnovamento che lui ha prima espresso e poi tradito.

La terza opzione è mediana: non andiamo a uno scontro tutto politico della sinistra con il centro, rimaniamo in maggioranza puntando ancora sui contenuti, con rigore ma senza cercare a priori rotture, l’appuntamento è il programma generale, su turismo e mobilità, promesso entro tre mesi.

Il discorso quindi viene riportato al famoso tavolo programmatico promesso nella fatidica riunione della giunta provinciale in cui avvenne la prima rottura sulla Val Jumela.

Su questa impostazione ci sono diverse convergenze. A iniziare dai vertici dirigenziali della Provincia, che ultimamente mal sopportano gli scavalchi di Dellai da una parte, e l’arenarsi dell’attività legislativa dall’altra: e che quindi in una seria definizione programmatica vedono l’(ultima?) speranza di raddrizzare la barca.

Ma anche Dellai è portato a dare importanza a questo appuntamento. Il leit-motiv dei suoi ultimi mesi è stato la contrapposizione tra una giunta che "deve decidere" e una maggioranza, preda dei veti partitocratici, che vuole rinviare. A questo punto deve per forza arrivare alla promessa scadenza dei tre mesi con qualcosa di convincente in mano.

Solo che così il confronto si sposta ancora di più sui contenuti. E già le prime contraddizioni sono emerse: in una delle primissime riunioni il dirigente Renzo Michelini, ex-sindaco di Rovereto, doroteo doc oggi margheritino, ha presentato sulla mobilità per conto dell’assessore Grisenti un impresentabile documento indirizzato ad accogliere "tutto ciò che viene richiesto dai territori e dalle categorie" ecc ecc, scatenando l’opposizione di Pinter.

E questo è altamente positivo: il dibattito ne esce spostato - finalmente! - su cosa si intende per il futuro del Trentino, iscrivendo le singole opere in un disegno generale, e questa volta fuori dalle genericità dei programmi elettorali.

Così il confronto diventa reale, concreto, l’opinione pubblica può venire positivamente coinvolta, la maggioranza dimostra su cosa è unita e su cosa no: ma sui fatti, non su astruserie politicanti tipo "lo spirito dell’Ulivo". E il Trentino può pensare di iniziare a dibattere seriamente su se stesso.