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QT n. 17, 30 settembre 2000 Servizi

Ma non toglieteci la specialità

Un convegno delle Regioni a Statuto speciale per difendere la loro “diversità” nella futura Italia federale. Un boomerang?

Quando, col federalismo, tutte le Regioni italiane saranno autonome, che fine faranno le attuali Regioni a Statuto speciale? Scompariranno, uniformandosi a tutte le altre, o saranno ancora una volta "più uguali delle altre"? E cosa giustificherebbe oggi un diverso trattamento delle Regioni speciali?

Attorno a queste domande si arrovellano da tempo le cinque Regioni autonome italiane: Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Sicilia e Sardegna. Un’angoscia difficilmente comprensibile rimanendo soltanto agli aspetti di facciata. Per quale motivo, infatti, le attuali Regioni autonome dovrebbero temere l’estensione dell’autonomia a tutte le Regioni? Cos’è, il federalismo, se non la definitiva messa in sicurezza dell’autonomia, così faticosamente conquistata e difesa a denti stretti per mezzo secolo? Che senso ha, in Trentino, parlare oggi di autonomia in pericolo (per esempio quando si tratta di riformare la Regione), nel momento in cui l’autonomia sta per essere riconosciuta a tutti? Da chi sarebbe messa in pericolo l’autonomia trentina?

In realtà, dietro alla difesa della specialità, si cela il disperato tentativo di mantenere una posizione di privilegio economico ormai indifendibile. Ed ogni giorno aumentano coloro che, per questo privilegio, gridano allo scandalo: da Formigoni (che ne fa un’occasione per attaccare l’unica Regione del Nord non governata dal centro-destra) fino alla Confindustria, attraverso le innumerevoli inchieste che compaiono sulle colonne del Sole 24 Ore.

Eppure non v’è traccia, né negli Statuti speciali, né in alcuna legge dello Stato, del fatto che le Regioni autonome debbano essere più ricche delle altre. Al contrario, il vantaggio economico deriva, paradossalmente, dal mancato rispetto degli Statuti. Per mezzo secolo si è stabilita una sorta di perversa alleanza tra Stato e Regioni autonome: a queste ultime, sulla base degli Statuti, sono state assicurate le risorse necessarie per gestire le maggiori competenze derivanti appunto dal loro status autonomistico, ma l’effettivo decentramento delle competenze non è mai avvenuto o è avvenuto solo in parte. In pratica lo Stato ha pagato due volte gli stessi servizi (scaricando il tutto sul debito pubblico), mantenendo però centralizzato il potere, mentre le Regioni autonome hanno smesso di rivendicare le competenze dallo Stato proprio perché la loro ricchezza era legata al mancato decentramento dei poteri.

Una cosa che ricorda molto quel periodo in cui lo Stato chiudeva un occhio, anzi due, di fronte all’evasione fiscale dei lavoratori autonomi e dei commercianti, oppure mandava in pensione i dipendenti pubblici ad un’età nella quale i laureati non hanno ancora trovato il primo impiego. E siccome a nessuno piace sentirsi dire di essere un privilegiato, col tempo finisce che si convince di aver diritto a quel privilegio.

È un po’ questa la condizione nella quale sembrano trovarsi oggi le Regioni speciali.

Una riprova la si è avuta al recente convegno svoltosi in Sardegna, dove le cinque Regioni a Statuto speciale, più le due Province autonome di Trento e di Bolzano, si sono date appuntamento per dire la loro sul federalismo e per difendere quello che esse ritengono sia il loro diritto ad essere "più uguali delle altre" nella futura Italia federale.

Se in politica anche l’immagine ha un peso, la difesa della specialità non poteva avvenire in un modo peggiore. L’appuntamento era a Villasimius, uno dei luoghi più suggestivi della Sardegna, sabato 16 settembre. Quasi tutti i convegnisti, per motivi logistici, avevano raggiunto la località già il giorno prima. Una buona occasione per godersi l’ultimo scampolo d’estate in uno dei mari più belli del Mediterraneo, magari prolungando la permanenza fino alla domenica. In fondo ne valeva la pena. Già, perché il convegno non si teneva in una qualsiasi sala pubblica, ma nella sala congressi di un albergo da mille e una notte, di quelli dove il bagno della camera è grande come un miniappartamento e al buffet, aperto a tutte le ore, si può fare indigestione delle più ricercate prelibatezze.

Il venerdì pomeriggio, mentre una buona parte del centinaio di invitati era indaffarata tra un cocktail, una nuotatina in piscina o al mare, una seduta di thalassoterapia, un frutto esotico e il sole sullo sdraio, la magica atmosfera vacanziera era rotta dal rumore di un elicottero in rapido avvicinamento. Il personale dell’albergo, sfidando rumore e vortici d’aria, correva verso il velivolo con tavolino, tovaglietta, secchio del ghiaccio, champagne e flûtes, per preparare una degna accoglienza, prima che l’elicottero si posasse a terra, al Presidente della Giunta regionale sarda. Per il quale l’auto blu doveva risultare troppo scomoda per percorrere i cinquanta chilometri che separano Cagliari da Villasimius. E il giorno seguente, nell’aprire i lavori del convegno, lo stesso Presidente della Sardegna si lanciava in una feroce invettiva contro lo Stato, reo di non trasferire abbastanza risorse economiche alle autonomie speciali. Sulla stessa linea si svolgevano poi la gran parte degli altri interventi.

Come non bastasse, la giornata di lavoro, organizzata secondo programma in due sessioni, mattutina e pomeridiana, veniva improvvisamente accorciata, facendo parlare tutti al mattino, per consentire ai "graditi ospiti" di potersi godere in santa pace la splendida giornata di sole.

Il fatto che il convegno sia stato in gran parte snobbato dalla stampa nazionale è insomma stata una vera fortuna, che ha evitato il probabile scoppio di uno scandalo. È vero che la Regione Sardegna era riuscita a strappare un prezzo di favore all’albergo e che l’elicottero era del proprietario dell’albergo stesso, uno che è anche un consigliere regionale, ma l’immagine complessiva di quell’adunata pareva essere quella di una famiglia nobile in decadenza.

A prendere le distanze da quel coro è stata proprio la delegazione del Trentino-Alto Adige. Che, pur non concordando preventivamente gli interventi, si è ritrovata tutta a sostenere le medesime tesi controcorrente, facendo indispettire le altre Regioni.

Gianfranco Cerea, cui spettava una delle due relazioni di carattere tecnico, ha messo per primo il dito nella piaga, accusando la gran parte delle Regioni autonome di essersi fatte corrompere dal centralismo statale, abbandonando ogni rivendicazione di autogoverno in cambio di soldi, spesso mal utilizzati. E come esempio da seguire ha portato il Trentino-Alto Adige, che negli ultimi anni ha fatto approvare più norme d’attuazione dello Statuto (ottenendo l’effettivo trasferimento di competenze) di tutte le altre Regioni autonome messe assieme. Cerea ha anche citato i fondi regionali per le pensioni integrative (di cui proprio lui è tra gli ideatori) quale esempio di come, con un po’ di fantasia e dinamismo, si possono sfruttare fino in fondo anche competenze apparentemente marginali per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Come dire che il primo modo per difendere l’autonomia è quello di governare al meglio le proprie competenze.

Dopo Cerea è stata Margherita Cogo a suonare la sveglia, raccontando senza mezze misure come le Regioni ordinarie vedono quelle speciali. Nello spiegare che difendere l’indifendibile è una battaglia, oltre che poco nobile, pure persa in partenza, ha consigliato di far valere l’esperienza di mezzo secolo di autogoverno per candidarsi a modello da seguire per tutte le altre Regioni. A far emergere in maniera esplicita il dissenso nei confronti del Presidente della Sardegna, e di buona parte degli interventi delle altre Regioni, è stato però Lorenzo Dellai. Del quale, una volta tanto, si poteva andare orgogliosi.

Una domanda finale: ma perché, non appena si esce dai confini del Trentino, il centro-sinistra appare così unito e Dellai così bravo?

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