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L’orribile McMondo

McNudo. Cento buone ragioni per stare alla larga da McDonald’s. A cura di Luther Blissett e Cyrano Autogestito. Stampa Alternativa, Roma, 2001, pp.48, £. 2.000.

Questo libretto d’una cinquantina di pagine è un frutto postumo della contrastata esperienza del Centro sociale di Rovereto, a lungo aggredita da una destra insofferente e rumorosa, e infine soffocata dalla timidezza di un’amministrazione comunale che imputava a quei ragazzi di non saper fare i poliziotti nei confronti dei loro coetanei più maleducati o irrequieti.

E’ un’opera senza nomi e cognomi di autori, come trent’anni fa - qualcuno si ricorda? - le canzoni militanti di Lotta Continua, che sul disco, accanto al titolo, recavano l’indicazione"parole e musica del proletariato". Qui, insieme col riferimento al "Cyrano autogestito", un nome c’è - Luther Blissett - ma è finto: è quel nome collettivo da anni adottato da decine (o centinaia) di giovani autori di imprese "alternative": da opuscoli "seri" come questo a falsificazioni culturali, a incursioni beffarde nel mondo dell’ufficialità mediatica. Un’opera che vuol essere di intervento sulla realtà e che ha trovato il suo naturale editore nel picaresco Marcello Baraghini, la cui "Stampa Alternativa" ha pubblicato, dagli anni ’70 ad oggi, testi nuovi e antichi i più diversi, di aspetto modesto come pure esteticamente preziosi (la collana "Fiabesca"), accomunati però dal rifiuto della banalità.

Ma entriamo in argomento.

Ogni giorno – la citazione è tratta da un’agiografica autodifesa del sistema McDonald’s - 40 milioni di persone di ogni nazione, razza e religione entrano nei 25.000 ristoranti McDonald’s sparsi in oltre 110 paesi. Il ristorante di hamburger e patatine inventato negli anni ’50 dai fratelli McDonald è diventato uno dei più grandi successi imprenditoriali di tutti i tempi". Un successo tenuto vivo da un budget di 2 miliardi di dollari all’anno spesi per una pubblicità che mira anzitutto a combattere l’idea del fast food come distributore di cibo-spazzatura e a propagandare gli hamburger e il resto come quintessenza di un modello alimentare sano ed equilibrato, oltre che economico. A scorrere, nell’opuscolo, le minuziose tabelle che riportano i singoli prodotti offerti dalla catena americana e i relativi ingredienti, l’impressione è tutt’altra: una profluvie di conservanti, addensanti, coloranti, acidificanti, ecc., senza dubbio in regola con le vigenti normative, ma lontana le mille miglia da quell’Arcadia nutrizionale che si vorrebbe far credere.

Niente di peggio - comunque - di tanti prodotti da supermercato. E difatti, se McDonald’s è diventato per tanti giovani un simbolo da combattere, è perché gli vengono addebitate ben altre responsabilità, fino a farne oggetto di boicottaggio in compagnia della Nike (sfruttamento del lavoro minorile) e della Nestlé (diffusione in Africa del latte in polvere con esiti drammatici).

Per cominciare, una questione sindacale: "McDonald’s è fortemente contraria ad ogni forma d’unione sindacale" - si legge nelle risultanze di un processo conclusosi qualche tempo fa in Inghilterra; ed anche in Italia si sono avuti recentemente - denunciati da "Striscia la notizia" - episodi significativi di "paternalismo" (diciamo così) assolutamente eccezionali nei rapporti fra datore di lavoro e dipendenti all’interno di una grande azienda qual è la McDonald’s e in un paese non del terzo mondo qual è l’Italia. "McDonald’s - rincara la dose Paul Ariès, studioso francese di questi temi - ha approfittato della disoccupazione per generalizzare la precarietà… Recluta appositamente un personale giovane e femminile. Questa politica gli permette di avere degli individui molto più fragili e instabili"; che cerca poi di placare e gratificare con puerili americanate quali l’assegnazione del titolo di "impiegato del mese"

Gli accenti più ispirati gli autori li trovano quando presentano McDonald’s come orribile paradigma degli effetti perversi della globalizzazione, come "simbolo dell’agricoltura e dell’alimentazione industriale che annulla cultura, gusto, salute e tradizioni per vendere un prodotto standardizzato, neutro, portatore solo del suo grigiore esistenziale, della sua precisione così simile a un bullone, a una vite appena uscita da una fabbrica". Non sembrino espressioni eccessive: l’hamburger McDonald’s pesa esattamente 103 grammi, misura 10 cm. di diametro e viene cotto esattamente per 35 secondi. Il pane sul quale viene adagiato è di misura volutamente ridotta, per suggerire l’idea di una sovrabbondanza che non c’è, e lo stesso si fa per il contenitore delle patatine,le quali devono traboccare dall’orlo. Una "iper-razionalizzazione che diviene una vera e propria religione della forma e della misura, col fine, unico e immacolato, del profitto".

La stessa filosofia omogeneizzatrice la troviamo in una recente iniziativa, l’organizzazione di feste di compleanno riservate ai bambini: "Organizzare un compleanno è semplice e conveniente - recita la pubblicità. Voi prenotate la sala e i tavoli, al resto pensa McDonald’s… Bisogna allestire la sala? Ma no, McDonald’s pensa agli addobbi della festa… Bisogna portare la merenda? Macché. Tra Happy Meal, torte e sorprese, McDonald’s sa come stuzzicare (e soddisfare) l’appetito di tanti piccoli golosoni. Bisogna preparare i giochi? Non scherziamo. Hostess preparate (e pazienti) faranno giocare e divertire i bambini. Incredibile, vero?". E in un documento interno, il meccanismo della festa viene così articolato con maniacale precisione: "Tappa 1: preparativi. Tappa 2: accoglienza. Tappa 3: raccogliere le ordinazioni. Tappa 4: portare le cose ordinate. Tappa 5: piacere di mangiare. Tappa 6: giochi. Tappa 7 partenza". Ogni tappa, col suo preciso minutaggio.

Davvero incredibile come dice la pubblicità: quel che dovrebbe essere uno spazio sacro riservato all’iniziativa e a quel po’ di creatività infantile sopravvissuto al bombardamento promozional-mediatico, eccolo trasformato in un luogo concentrazionario, dove il cosa, il come e il quando sono regolati in base a strategie aziendali. Ci abitueremo a questo orrore? Ci siamo già abituati?

Insieme ai gusti alimentari e alle abitudini, ecco che si "normalizzano" i paesaggi urbani. McDonald’s, naturalmente, non è il solo responsabile. Dovunque, nelle grandi città e non solo, prosegue l’espansione dei punti vendita delle grandi griffes: vasti locali spesso semi-vuoti di merce a suggerire una presunta preziosità dei pochi abiti (scarpe, borse o quant’altro) esposti all’interno. Negozi uguali in ogni parte del mondo, portatori di una sedicente modernità che liquida specificità e tradizioni. Quasi che sentirsi cittadini del mondo voglia dire trovare ovunque le stesse cose e non invece essere attrezzati a comprendere ed apprezzare le differenze. Particolarmente in Italia, ricordano gli autori, i centri storici, "frutto di una stratificazione plurisecolare, portano segni del mondo romano, del primo medioevo, del medioevo cittadino fatto di botteghe e torri, del rinascimento, dei fasti barocchi e poi, via via, fino al nostro secolo. Ed ecco spuntare come funghetti colorati qua e là i McDonald’s verniciati a fresco, simboli di una non cultura distruttrice di cultura, di storia, di differenze".

E’ una protesta confortante, la loro, perché non proviene da vecchi professori in pensione, nostalgici della televisione in bianco e nero e della penna stilografica, ma da ventenni, abituati a viaggiare per il mondo e per la rete. E allora non bisognerebbe lasciarli soli a gridare contro la globalizzazione (o meglio, contro gli effetti nefasti della stessa), e poi etichettarli una volta per tutte come folkloristico e un po’ modaiolo "popolo di Seattle", per di più con le sue sbavature violente. Altrimenti il rischio è che si incarogniscano e accolgano compattamente le ragioni delle frange esasperate; che perdano la capacità di cogliere differenze e sfumature, che si cristallizzino per sempre in una ideologia manichea.

Per il momento, i ragazzi del fu Centro sociale di Rovereto credono che si possa e si debba fare qualcosa per contrastare il degrado:arma principale è "la conoscenza come banca dati, come elemento base della prevenzione, dello smascheramento: guardiamo per esempio alcune pubblicità della McDonald’s o ancora meglio il suo sito Internet: sembrerà di avere a che fare con un’associazione ambientalista o per la lotta alla tal malattia, o la raccolta fondi per questo e per quello (…) Lo stesso vale per il discorso alimentare: io, mamma, come posso sospettare che il cibo di McDonald’s non sia genuino quando McDonald’s finanzia una guida per la corretta alimentazione? Io, mamma, come posso pensare che Mc sfrutti i miei figli quando finanzia centri per l’infanzia? Mc vuol bene ai bambini!".

Da qui una serie di minute indicazioni per contrastare l’indottrinamento: dagli avvisi sulla propria cassetta delle lettere per respingere i dépliants ai programmi informatici che impediscono, quando si naviga, di caricare i martellanti avvisi pubblicitari; per poi rovesciare - su McDonald’s e sugli altri - una pubblicità uguale e contraria, con volantinaggi, adesivi e quant’altro.

Ingenuità che non potranno rovesciare le sorti di una battaglia già persa?

Forse, ma la causa è sacrosanta, e chi non dispera si dia pure da fare; con la nostra - ahimé stanca - benedizione.