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Mc Donald’s lascia la Valsugana

Chiude il fast food sorto due anni fa a Pergine: non era abbastanza redditizio.

Alberto Piccioni

Mc Donald’s abbandona la Valsugana. Due anni or
sono aveva suscitato scalpore, dubbi e perplessità l’apertura di un ristorante dentro il centro commerciale di Pergine Valsugana. Nella valle della natura, dei monti e delle mucche che vanno in ferie nelle malghe in quota, cos’era venuto a fare il sig. Mac con i suoi panini "sintetici"? Complice la crisi mondiale della multinazionale, il 30 dicembre 2002 arriva puntuale la chiusura. L’americano batte in silenziosa ritirata, con il suo polistirolo e il Ronald piangente per le perdite in borsa (-50% da giugno), 175 fast food in meno e il taglio di 600 posti di lavoro. "Yankee go home!".

Qualcuno dei no-global trentini ha esultato di fronte alla disfatta di Mac. Meno esultanti i lavoratori del ristorante. Che fine faranno? Non si sa. Non erano iscritti al sindacato. I loro colleghi nel vicino Mac della più globalizzata Trento, rispondono per monosillabi e dicono di non conoscere la sorte degli sfortunati perginesi.

Dalla McDonald’s Italia, sede di Milano, arriva un comunicato stampa in data 2 gennaio, a firma di Alfredo Pratolongo, responsabile della comunicazione:"Il piano di sviluppo 2002-2005 comprende alcuni adeguamenti fisiologici, che, nel caso di Pergine, sono sostanziati dall’andamento del centro commerciale nel quale è inserito il ristorante. Per McDonald’s Italia la tutela dei dipendenti è una priorità e l’azienda s’impegna a tutelare i livelli occupazionali dei dipendenti coinvolti dalla chiusura del ristorante, usando le stesse condizioni contrattuali praticate nel sistema McDonald’s e nel rispetto delle professionalità acquisite dai lavoratori."

Tutto va a gonfie vele, secondo il communicator milanese. Il problema era del centro commerciale. Il "piano di sviluppo" prevede tagli e chiusure (curiosa accezione del termine "sviluppo"). Ma Pratolongo non vuole dire dove siano finiti i poveri lavoratori.

Erano circa dieci i dipendenti del ristorante Mac della Valsugana. "Sono lavoratori facilmente manipolabili dall’azienda. Nel caso di Pergine ancora di più, essendo una piccola realtà. Nessuno di loro era iscritto al nostro sindacato. Abbiamo fatto qualche tentativo per aiutarli, ma erano difficilmente contattabili. Se ci avessero interpellato, avremmo potuto fare qualcosa per gestire la vertenza con l’azienda, ma nessuno ha chiesto il nostro intervento. Non sappiamo dove siano finiti ora, abbiamo letto il comunicato stampa della Mac che garantisce il loro reintegro" - spiega Roland Caramella, responsabile della Filcams Cgil di Trento.

Incertezza del posto di lavoro, part time e gerarchizzazione dei ruoli inducono i lavoratori a lasciare il posto da Mac, non appena acquisiscono un minimo di professionalità o trovano qualcosa di meglio. "Proprio per la filosofia dell’azienda sono lavoratori che durano poco e facilmente ricattabili. C’è un turn over molto accentuato. Spesso il personale viene da altre regioni, a volte sono studenti, sradicati dal tessuto sociale e quindi più deboli. Nel ristorante di Trento alcuni lavoratori sono iscritti alla Cgil e hanno chiesto più volte il nostro aiuto, per migliorare le loro condizioni, ma per Pergine non abbiamo potuto fare nulla" - prosegue Caramella.

In ogni caso il microscopico panino con i semi di sesamo non ha vinto su polenta e lucanica trentine. La globalizzazione non passa in Valsugana.

In occasione dell’apertura del ristorante di Trento, la Rete Lilliput (nata da padre Alex Zanotelli) aveva organizzato una contro-conferenza. In quell’occasione uno dei relatori fu Giuseppe Pallante, medico e direttore del Centro studi zooantropologici di Trento. Alla notizia della chiusura ha commentato riassumendo i motivi della sua avversione al modello di alimentazione proposto da Mac: "Il successo di McDonald’s è basato su alcuni fattori. Innanzitutto la trasgressione di tipo adolescenziale: si mangia con le mani, in piedi, ascoltando musica e gustando cose saporite e unte altrimenti vietate. In nessun altro locale sarebbero tollerati questi comportamenti e tanto meno permessi in casa. A livello psicologico, c’è una regressione infantile. Il simbolo stesso della McDonald’s ricorda il seno materno, procura un senso di protezione e fornisce fiducia. Gli stessi genitori ci portano volentieri i figli per le garanzie offerte ed un misto di complicità reciproca. Anche la forma dei panini richiama il seno materno: è esclusivamente tonda e al contatto si dimostra morbida, di un sapore dolciastro e non provoca assolutamente briciole. Ci sono degli studi approfonditi sull’argomento: ad esempio quello di P. Aries "Figli di McDonald’s", oppure dell’italiano Ottavio Cavalcanti, "Cibo dei vivi, cibo dei morti, cibo di Dio"".

Ma che tipo di prodotto fornisce la catena McDonald’s?

"Da un punto di vista igienico–sanitario i prodotti sono inattaccabili. La McDonald’s comunque utilizza sempre materie prime locali, anche se detta legge sulle modalità di produzione. L’utilizzo del quarto taglio (interiora, stomaco e altro) dei bovini per produrre gli hamburger non deve trarre in inganno: se fossero prodotti con sola polpa risulterebbero troppo secchi e poco gustosi. Vengono utilizzati degli stratagemmi per indurre il consumatore a comprare di più. Ad esempio le bibite sono sempre ghiacciate ed ipergasate: questo anestetizza le papille gustative, induce un senso di non sazietà e spinge il consumatore ad acquistare altri prodotti per sfamarsi. In ogni caso non li si può attaccare per ciò che vendono, ma per il tipo di cultura alimentare".

Senza ricorrere ad un antiamericanismo preconcetto,
questi sono i fatti. Un’azienda che esporta non solo i suoi panini, ma uno stile di lavoro singolare, con la facciata di impresa d’avanguardia a gestione manageriale. E a Trento è ancora presente.

Ma c’è di più, proprio a riguardo del tentativo di esportare una cultura dell’alimentazione.

Potrebbero nascere una serie di considerazioni sulla fiducia che diamo ancora a certi stili di vita e modelli importati dagli States, che, oltre a starci stretti, sono lontani anni luce dai valori e conquiste della cultura europea (non ultima quella sul lavoro).

In tema di produttività anzitutto: Jim Cantalupo, novello amministratore delegato Mac, taglia i rami secchi e allora via i meno redditizi. Nulla interessa dei lavoratori, del contesto in cui era il ristorante, della perdita per i commercianti vicini e soprattutto nessuno spazio alla discussione.

Dispiace però per tutti i ragazzi della Valsugana. Quelli che, quando andavano da Mac, si sentivano "cittadini", in uno spazio di mondo aperto, globalizzato, un posto uguale a Pergine come a Roma e a Parigi. Lontani dal loro piccolo paese, dove alle cinque di sera, in inverno, non c’è più un cane che gira. Sapere che c’era significava sentirsi uguali agli altri.

Con i miti che abbiamo creato per loro e lo stile alimentare della "merendina" il Mac era una valida alternativa al solito bar. Almeno non andavano a bere alcolici, ma a mangiarsi panini e patatine, ascoltando musica. A loro di sicuro mancherà.

Meno a tutti gli antiamericani, per i quali il Mac in Valsugana era un’eresia, un attentato alla cultura trentina del cibo, una bomba sulla genuinità. Quel panino che ricorda il seno materno, di sapore vagamente dolciastro e senza briciole non mancherà a tutti i cultori di polenta e lucanica, innaffiata, troppo spesso, da buon vino locale.